DELIRI DA OSCAR – DOPO AVER AMMAZZATO LA SUA FIDANZATA PISTORIUS PER LA PRIMA VOLTA IN AULA: ‘NON VOLEVO UCCIDERLA, È STATO UN ERRORE, HO SPARATO PER DIFENDERE REEVA’ – ‘VOLEVO SCRIVERE UNA LETTERA ALLA FAMIGLIA DELLA RAGAZZA MA NON TROVAVO LE PAROLE’

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Emanuela Audisio per ‘La Repubblica'

È un altro. E' sfinito: vuole impietosire e commuovere. Ma per la prima volta ha chiesto scusa. L'avevano visto in mutande, tutto imbrattato di sangue, nelle foto (segnaletiche) di quella notte. E poi in tribunale, vomitare in un secchio, davanti alle immagini di quello che restava del corpo di Reeva. C'è qualcosa di meno onorevole che venire uccisi mentre si è aggrappati a una tazza del bagno? Ieri l'hanno visto per la prima volta testimoniare, ma non in tv. Piangere, singhiozzare, scusarsi.

Un lamento continuo, le frasi smozzicate: più una seduta psicanalitica, che giudiziaria. Pistorius ha dato le spalle al giudice, ha parlato alla famiglia, guardando June Steenkamp, la madre di Reeva, che però è rimasta impassibile. «Non dormo più, ho paura della notte, prendo sonniferi e antidepressivi, non ho fame. Ho incubi terribili: sento l'odore del sangue, mi sveglio terrorizzato. Voglio che sappiate: non prenderò più un'arma in mano.
Vostra figlia quella notte è andata a letto sapendosi amata, io volevo solo proteggerla. Quando mi sveglio ogni mattina siete le prime persone a cui penso, le prime per cui prego. Ho provato a scrivervi una lettera, ma la parole non sono uscite. Non riesco nemmeno ad immaginare il dolore e il vuoto che ho causato alla vostra famiglia».

Il ragazzo che con le protesi sfidava il mondo non c'è più. L'eroe coraggioso che non voleva impietosire con la sue disgrazie fisiche, ma anzi mostrare che anche senza gambe si può correre avanti, è scomparso. Al suo posto un uomo sconvolto, anzi un bimbo di 27 anni col moccio, che chiede pietà per la sua sciagurata distrazione. Ha ucciso per sbaglio la donna che amava, quattro colpi, non si è chiesto chi ci fosse dietro la porta del bagno. Ora è dimagrito, prova rimorso, balbetta scuse. Non piange solo lui, ma anche Carl, il fratello, Aimée, la sorella, e tutta la famiglia. In quello che dramma della gelosia è diventato il dramma di un paese, straziato dalla violenza, e di un'esistenza amputata.

Quello che affascinava di Oscar era che non si lamentava mai di come la vita con lui fosse stata carogna. E quando citava la madre, morta (per un errore medico), era solo per sottolineare la sua forza: «Ci svegliava dicendo a mio fratello di mettersi le scarpe e a me le gambe». Nessuna retorica, mai darla vinta a chi ti considera una vittima. Oscar guardava sempre avanti, verso traguardi che sembravano impossibili, come correre alle Olimpiadi. Insieme agli altri campioni. Perché lui con le protesi di carbonio lo meritava, questione di tempi e di cronometro, non di solidarietà che si deve agli sciancati.

Ma ieri era un altro Pistorius, molto diverso, che puntava tutto sulla sua anormalità. Ha voluto commuovere, suscitare commiserazione: povero zoppo, amputato a due anni, condannato alla disabilità. «Ho perso mamma, Sheila, che avevo 15 anni, papà se n'è andato, i miei hanno divorziato, la notte era difficile, il nostro quartiere non era protetto. Mia madre aveva paura, si attaccava spesso al telefono chiedendo aiuto, era ossessionata dai furti e dalla violenza che c'è da noi in Sudafrica, tanto che dormiva con un'arma, avvolta in un panno, sotto il cuscino.

Papà è stato aggredito due volte in macchina, come mio fratello, a me una volta hanno sparato in autostrada, un uomo mi è entrato nel giardino, nel 2005 sono stata vittima di una furto. Nel mio paese siamo tutti prede della criminalità ». Insomma, non un ragazzo che si è lasciato dietro la sfortuna, ma uno che ci si tuffa ogni giorno. L'infanzia di Oscar, raccontata in tribunale, così diversa da quella forte, energica e olimpica, che lui ricostruiva in pista. «Ero timido, fragile, incerto. Quando mamma è deceduta ho perfino dubitato di Dio, mi sono lasciato andare e per la prima volta ho fumato uno spinello. Una cosa che mi piaceva di Reeva era la sua fede cristiana, la sera pregavamo insieme ».

Una coppia perfetta, che si amava, nessun Otello in mezzo a loro. Scuse a ripetizione e lacrime per il terribile sbaglio. Peccato che poco prima avesse parlato il medico legale Jean Botha per confermare che i colpi sparati da Pistorius erano stati quattro e con questa sequenza: prima all'anca, poi alla spalla, alle braccia (mentre cercava di proteggersi) e infine quello micidiale alla testa.

Reeva avrebbe avuto il tempo di urlare, prima di morire, e Oscar di accorgersi che la voce era della sua fidanzata. Oggi riprende il processo e la testimonianza di Oscar, rinviata perché Pistorius era troppo distrutto. «Basta che non capiti così tutti i giorni», ha replicato il procuratore Gerrie Nel. E la giudice Thokozile Masipa: «Ha l'aria veramente esausta ». Già, sfinito. Come non lo era in pista, sul giro dei quattrocento metri. Allora era proprio quella la sua colpa: non accumulare acido lattico. Perché la fibra di carbonio non soffre la fatica. Ma il cuore, anche sbagliato, sì.

 

PISTORIUS LA MAMMA DELLA FIDANZATA DI PISTORIUS PISTORIUS IN LACRIME PISTORIUS IN LACRIME PISTORIUS IN LACRIME