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PORTANO IN OSPEDALE IL FIGLIO DEPRESSO I MEDICI LO LASCIANO SOLO E SI UCCIDE - E’ SUCCESSO AL POLICLINICO “UMBERTO I” DI ROMA - PER LA PROCURA E’ UN CASO DI MALASANITÀ E I PM CONTESTANO IL REATO DI OMICIDIO COLPOSTO - ECCO LA STORIA
Giuseppe Scarpa per “la Repubblica - Roma”
"Sottovalutato il rischio del suicidio del ventottenne" Così i magistrati hanno indagato il camice bianco del policlinico Umberto I Un suicidio in ospedale che si poteva evitare. Un ragazzo che si butta dalla tromba dalle scale dentro l'Umberto I e muore sotto gli occhi scioccati dei genitori.
Per la procura si tratta di un nuovo caso di malasanità. Omicidio colposo. È questa l'accusa che il pubblico ministero Pietro Pollidori contesta a un camice bianco del policlinico. Al medico è stata notificata, nei giorni scorsi, la chiusura delle indagini. Si tratta dell' atto che prelude alla richiesta di rinvio a giudizio.
È il 4 aprile del 2017. È il giorno in cui muore Paolo, 28 anni ( il nome è di fantasia). Il ragazzo è depresso da anni. Tende ad avere comportamenti autolesionistici.Quel giorno però il ventottenne è più cupo del solito. I genitori lo vedono. E alla fine, preoccupati, lo convincono ad andare al policlinico Umberto I. Loro stessi l' accompagnano.
Accade però che il medico di guardia sottovaluta il quadro. Non condivide i timori espressi dal padre e dalla madre. I due però insistono. Il ventottenne ha delle allucinazioni. Il camice banco - c' è una direttiva del ministero della salute, la numero 4 del 2008 - dovrebbe a questo punto disporre una misura di vigilanza. Non lo fa.
Gli prescrive alcuni esami di laboratorio: Delle semplici analisi che dovrà fare in giornata all' Umberto I. Passa il tempo senza che al ragazzo venga fatto niente. Tre ore per l' esattezza. A un certo punto il ventottenne si sgancia dai genitori va verso le scale e si lancia nel vuoto.
Il padre e la madre sono impietriti.
Da tempo temevano che il figlio potesse compiere il gesto estremo. Mai, però, avrebbero pensato che il loro figlio potesse suicidarsi in ospedale. In una struttura in cui erano andati per cercare di evitare tutto ciò. Dopo il lutto, per la scomparsa di Paolo, decidono di denunciare tutto.
La procura accoglie la tesi dei familiari. Per questo motivo la vicenda non può archiviarsi come un semplice suicidio. La responsabilità ( il procuratore aggiunto è Nunzia D' Elia) è in capo al medico che ha espletato la pratica con troppa superficialità: « Con sottovalutazione del rischio del suicidio», scrivono i magistrati.
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