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1.CHI È DON MARCO, IL PRETE CHE HA PORTATO IL PAPA IN STUDIO ALLA RAI: LA FISSA DI “DON SPRITZ” PER LAURA PAUSINI E LE BENEDIZIONI ALLE COPPIE GAY
Estratto da www.open.online - 28 maggio 2023
PAPA FRANCESCO DON MARCO POZZA
Negli ultimi anni si è guadagnato diversi soprannomi: «Don Spritz», il «prete amico del Papa», il «parroco anticonformista». Ora, tra i vari gesti per cui verrà ricordato don Marco Pozza, parroco del carcere Due Palazzi di Padova, c’è anche l’impresa di essere riuscito a convincere Papa Francesco ad andare negli studi Rai di Saxa Rubra per un’intervista televisiva.
Il primo incontro di don Marco con il Pontefice risale al 2016, dopo la via Crucis realizzata con i detenuti del carcere di Padova di cui è cappellano. Da allora, Francesco non si separa mai da don Marco Pozza, che vive più in Vaticano che nel comune veneto. Don Marco è un prete atipico: classe 1979, veste sempre in jeans e in sneakers ed è molto attivo sia sui social – è lui a gestire la pagina Facebook «Sulla strada di Emmaus» – che in tv.
Ormai è diventato il vero filtro per contattare il Papa, il regista di tutte le sue interviste tv e scritte. Se don Marco è d’accordo il Papa le fa, altrimenti no. E quando lui dice sì, fa impazzire la comunicazione ufficiale vaticana che apprende le uscite del Pontefice solo una volta pubblicate o trasmesse. [...]
Il suo primo soprannome – «Don Spritz» – risale ai primi anni Duemila, quando andava a predicare all’ora dell’aperitivo nelle piazze di Padova. Lo scorso anno, don Marco fa ancora parlare di sé. Quando apprende la notizia delle nozze tra il conduttore Alberto Matano e il compagno Riccardo Mannino, scrive un post di congratulazioni su Facebook. Risultato: viene travolto dagli insulti di chi lo accusa di non essere un vero cristiano per aver «benedetto» un’unione gay.
«Questi hanno una rabbia dentro che sono incapaci di gioire se uno è felice, solo perché non è felice rispettando i loro canoni di felicità. Peggio dell’ateismo c’è solo un cristianesimo triste, vestito a festa con le pellicce di visone o i cinquanta euro sbandierati prima di metterli nel cestino delle offerte», replica don Marco agli haters. Alla lunga lista di curiosità e aneddoti che costellano la sua carriera con la tunica, don Marco ora può aggiungere anche l’impresa di essere riuscito a portare il Papa negli studi Rai. [...]
2.DON MARCO POZZA A CESENA: “SONO IL PARROCO DI CAINO”
Estratto dell’articolo di Matteo Venturi per www.corrierecesenate.it
Don Marco Pozza, classe 1979, vicentino, è prete dal 2004. Sempre in borghese e con le sneaker bianche ai piedi, anche a Cesena ha portato il suo carisma e la sua capacità di tenere incollato chi lo ascolta. Dal 2011 è cappellano del carcere di Padova. Dal 2016 conosce di persona ed è in rapporto di amicizia con papa Francesco, intervistandolo più volte in tv.
“Sono un prete peccatore”, ha premesso don Pozza raccontando come un giorno, in un momento di difficoltà, ha ricevuto a sorpresa la telefonata di Bergoglio. “Ci siamo incontrati. Gli ho raccontato la mia storia. Mi ha abbracciato e mi ha detto che Dio mio voleva bene. Poi mi ha invitato a tornare in carcere e fare altrettanto: ascoltare e perdonare. È come se fossi stato ordinato sacerdote una seconda volta”.
Sul servizio in carcere, “ci sono 750 uomini, di cui più di cento sono condannati all’ergastolo. Ci sono persone che hanno commesso stragi mafiose e gente che ha violentato bambini di pochi mesi. Mi sento il parroco di Caino. Ogni mattina quando incontro Caino gli chiedo: “dov’è tuo fratello Abele?” e gli ricordo: “tu, agli occhi di Dio, sei più grande di quello che hai commesso”.
Don Pozza ha raccontato che in carcere “ci sono tantissime persone divise su tutto, a partire dalla nazionalità, ma ogni uomo che ha sbagliato è una scommessa che si può vincere”. Per il sacerdote il carcere è diventato il suo mondo. “Fuori non sono più capace di celebrare Messa – dice -. Mi sento un prete fortunatissimo. Tocco con mano la Parola di Dio: Zaccheo, la Maddalena e Caino sono tutti lì. Non sono il migliore prete del mondo ma cerco di essere il miglior prete possibile”.
L’incontro di sabato si è svolto in occasione dell’ottava Giornata mondiale dei poveri. “Il povero – ha detto don Pozza – non è quello che ci chiede l’elemosina. I poveri sono quelle persone che da sole non ce la fanno a leggere quello che hanno dentro”. Da qui un aneddoto: “Antonio, il mio chierichetto, semi-analfabeta e con 31 anni da scontare, un giorno, dopo la Messa, mi ha chiesto cosa fosse quella “roba bianca” di fronte alla quale anche i boss mafiosi si inginocchiavano.
Quando gli ho detto che era il corpo di Cristo si è fidato e poi ha voluto ricordarmi che quando celebro la Messa tengo in mano Dio. Mi sono venute in mente le parole di mia nonna, “Non si gioca con il pane”, e quelle di Archimede imparate a scuola, “Datemi un punto d’appoggio e vi solleverò la terra”. In carcere bisogna ascoltare, che è diverso da sentire, perché serve il cuore”. [...]
Si è parlato anche di abusi, in vista della quarta Giornata nazionale di preghiera per le vittime e i sopravvissuti (18 novembre). “È più grave – si è chiesto il sacerdote – uccidere una persona o abusare di un bambino o neonato che sconterà la morte vivendo?”. Da qui un duplice appello agli “uomini di Chiesa”: “Basta – ripetuto più volte – nascondere la testa sotto terra” e “state vicino a coloro che stanno combattendo questa piaga e sono presi in giro dalla Chiesa stessa, come don Fortunato Di Noto”. [...]
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