DOMANDE SPARSE SUL CASO ALMASRI – CON QUALE AUTORIZZAZIONE IL TORTURATORE LIBICO VIAGGIAVA…
Estratto dell’articolo di Grazia Longo per "la Stampa"
C'è il sovraffollamento, con 9 mila detenuti in più di quelli previsti (i presenti nelle nostre carceri al 30 aprile erano 56.674) e un tasso medio del 119% tanto che peggio di noi in Europa ci sono solo Cipro e la Romania. C'è l'emergenza suicidi, con 23 casi dall'inizio dell'anno e 85 nel 2022. C'è la questione igienico-sanitaria, con celle senza bagni e senza acqua calda.
Ma soprattutto c'è l'allarme violenze e torture. Non a caso l'ultimo rapporto di Antigone, associazione per i diritti e le garanzie nel sistema penale che ogni anno fotografa la situazione nelle prigioni, si intitola «È vietata la tortura». Lo certificano i 13 procedimenti a carico di poliziotti penitenziari per violenze e torture, tra quelli attualmente in corso, in cui l'associazione si è costituita parte civile. […]
In metà delle carceri italiane non c'è neanche l'acqua calda, in alcuni istituti non funziona nemmeno il riscaldamento. Innanzitutto ci sono strutture dove nelle celle i detenuti vivono con meno di 3 metri quadrati calpestabili a testa. Non è un caso che nel 2022 siano state 4.514 le condanne inflitte allo Stato dai tribunali per condizioni di detenzione inumane e degradanti, legate soprattutto all'assenza di spazio vitale.
Per quanto concerne il sovraffollamento la maglia nera spetta alla Lombardia dov'è al 151,8%, seguita dalla Puglia (145,7%) e dal Friuli-Venezia Giulia (135,9%). A livello di istituti, il carcere più affollato è Tolmezzo (190%), seguito da Milano San Vittore (185,4%), da Varese (179,2%) e da Bergamo (178,8%). In prigione, inoltre, manca il lavoro e soprattutto quello qualificato.
Lavora, a tempo parziale o ridotto, il 35,2% dei detenuti (19.817), percentuale in cui vengono conteggiati anche coloro che, con turni a rotazione, sono impegnati poche ore al mese. Circa due detenuti su tre non hanno accesso ad alcuna forma di lavoro. La stragrande maggioranza, ovvero l'86,8%, lavora alle dipendenze dell'amministrazione penitenziaria, impegnata in piccole attività interne poco spendibili nel mondo lavorativo.
Solo il 4,6% della popolazione detenuta lavora alle dipendenze di datori di lavoro esterni. In aumento è il disagio psichico e tra il personale in servizio c'è carenza soprattutto di educatori: in media ognuno di loro deve occuparsi di 71 reclusi, ma di 330 se è in servizio a Roma, a Regina Coeli. […]
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