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Carlo Picozza per ''la Repubblica''
san camillo roma pronto soccorso
Pazienti in barella, che aspettano un letto in reparto anche da otto giorni, malati psichiatrici legati che urlano disperati da una settimana, una settantina di persone, anche loro in lettiga, ammassate in uno stanzone a pochi centimetri l’una dall’altra. Non è un ospedale in una zona di guerra ma il Pronto soccorso del San Camillo, il più grande della capitale. E ora spuntano anche foto di pazienti sui materassi in terra.
san camillo ospedale roma pronto soccorso
Ma i dirigenti di Regione e ospedale smentiscono: «Quelle immagini sono state create ad arte per drammatizzare una situazione già complicata». Complicata. Un eufemismo per descrivere la crisi annosa ed endemica delle cure in urgenza in quel l’ospedale. Lo dicono i numeri: ieri, alle 18, nel Pronto soccorso erano 105 i pazienti in attesa di essere visitati o spostati nella divisione giusta; 34 in codice rosso (a rischio di morte) e in quello giallo (gravi).
La settantina restante, in codice verde (meno gravi) è ammassata in quello che il gergo ospedaliero ha ribattezzato “Open space”, dove non c’è modo neanche di starnutire senza il rischio di invadere con il corpo, oltre che con i bacilli, il vicino di barella. Tre file allineate e compatte di lettighe. «Spesso», confida un medico, «fatichiamo a raggiungere i pazienti in fondo alla sala». L’altra mattina uno di loro è stato trovato senza vita.
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Qualche anno fa, al San Camillo ci fu un taglio supplementare di decine di posti letto immolati o sull’altare di un Piano anti-deficit sanitario, per il quale i cittadini del Lazio sono diventati i contribuenti più tartassati d’Italia. Ora, a farne le spese, anche in termini di assistenza, sono i pazienti.
«Nessuno è mai stato curato in terra», scandisce Alessio D’Amato, coordinatore della cabina di regia per la sanità regionale. Ma è un infermiere che, davanti a D’Amato e ai dirigenti dell’ospedale, racconta come sono andate davvero le cose: «I materassi sul pavimento li abbiamo messi noi, in previsione di un afflusso ulteriore di pazienti e vista la mancanza di letti e di barelle».
Disservizi e non solo, manca anche la pietà verso i pazienti. Sotto le feste, una donna di 96 anni uscita da un edema polmonare, avrebbe avuto bisogno di una flebo con sali minerali.
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«Dopo cinque ore in Pronto soccorso», raccontano i familiari, «ci siamo avvicinati a lei: non le avevano somministrato niente, anzi, alla sua richiesta di essere accompagnata in bagno, un’infermiera le aveva risposto che poteva anche farsela addosso. L’abbiamo portata via di notte e fatta ricoverare in una clinica». Due giorni fa l’anziana si è spenta. «Non c’è carenza di personale o posti letto - commentano i parenti dell’anziana che possa giustificare comportamenti così disumani».
( ha collaborato Valentina Lupia)
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