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Giordano Tedoldi per Libero Quotidiano
Churchill e gli alieni. Sembra lo spunto di un romanzo fantascientifico tra H.G. Wells e Philip K. Dick.
Invece è tutto vero. Winston Churchill, l' uomo di cui ancora oggi si ripete il segno della vittoria con indice e medio, il leader che promise alla Gran Bretagna, prostrata dai bombardamenti di Hitler, lacrime e sangue, e la condusse alla vittoria, credeva agli extraterrestri. E lo scriveva chiaramente, a poche settimane dallo scoppio del conflitto.
Il dattiloscritto, inedito, è stato riassunto sulla rivista Nature dall' astrofisico Mario Livio, che l' ha ricevuto dal direttore del National Churchill Museum di Fulton, nel Missouri. Intitolato «Are We Alone In Space?», Siamo soli nello spazio?, poi aggiornato nella terminologia in una revisione degli anni '50 come «Are We Alone in the Universe?», Churchill mette sul tappeto tutte le ipotesi pro e contro la vita su altri pianeti, e si mostra decisamente possibilista.
giovane wiston churchill nel 1895
«Non sono sufficientemente arrogante da credere che il mio sole sia l' unico dotato di una famiglia di pianeti». Come sappiamo oggi, la sua umiltà aveva visto giusto. Ma a sessant' anni dalla scoperta del primo esopianeta - i pianeti esterni al sistema solare - avvenuta nel 1992, la previsione era audace.
Non deve stupire che Churchill fosse in grado di scrivere, senza strafalcioni, un articolo sulla vita nell' universo: folgorato in età giovanile dalla lettura dell' Origine delle specie di Darwin, e da manuali di fisica, ebbe per tutta la vita la passione per la scienza, e pubblicò articoli di divulgazione scientifica probabilmente con la consulenza del fisico Frederick Lindemann, che nominò consulente scientifico del suo gabinetto di guerra.
Lindemann, tra parentesi, odiava Hitler e contribuì considerevolmente al suo annientamento tecnologico; si riteneva un genio che poteva risolvere qualunque problema, e giudicava dotate di cervello solo tre persone: Lord Birkenhead, Churchill e lui stesso. Che l' articolo sia farina del sacco di Churchill o di Lindemann poco conta, è abbastanza strabiliante che un capo di Stato si interessi alle possibilità di vita aliena (una cosa del genere, avvenne anni dopo solo con Bill Clinton che intrattenne la stampa sulla decretazione dei segreti dell'«aliena Area 51») : in genere gli basta tiranneggiare i terrestri.
L' argomentazione dell' articolo si ispira al cosiddetto principio copernicano, dal nome del celebre astronomo polacco che scalzò la Terra dal suo trono centrale, con il Sole e gli altri pianeti a ruotarle attorno. Visto che la Terra non ha nulla di speciale, perché non dovrebbero esistere altri sistemi solari, con altri pianeti come la terra?
Churchill scrive così della «zona abitabile», di cui parlano anche gli odierni cosmologi, cioè quella zona né troppo fredda né troppo calda in cui è possibile la formazione di acqua liquida, necessaria alla vita. E individua, come abitabili, nel nostro sistema solare, gli stessi pianeti che, con sonde, robot, satelliti, stiamo esplorando alla ricerca di tracce di vita: Marte e Venere.
Ipotizza anche che possano esistere pianeti di altri sistemi stellari posizionati nella provvidenziale zona abitabile. Interessante notare che Churchill scrisse l' articolo un anno dopo lo scoppio della mania dei marziani, dovuta alla storica trasmissione radiofonica, che Orson Welles diresse e recitò, di un adattamento della Guerra dei mondi di H.G. Wells.
Quando andò in onda, nell' ottobre del 1938, in occasione di Halloween, annunciata, col tipico gusto wellesiano di mischiare vero e falso, in forma di reportage giornalistico, scatenò paura e panico negli ascoltatori. Di certo i minacciosi atti e proclami della Germania nazista avevano sensibilizzato il pubblico americano e inglese, e la sua angoscia si riversò sulla fobia (ma in qualche caso, fascinazione) per l' invasore dallo spazio.
Può darsi che Churchill, per esorcizzare queste paure, abbia deciso di affrontare la mania marziana dal punto di vista scientifico, con razionalismo e, come abbiamo visto, ottimismo. Ci scommetteva: non siamo soli nell' universo, anche se si rendeva conto benissimo che, date le immense distanze, forse potremmo non incontrarci mai con i nostri coinquilini cosmici.
Il pianeta Terra, sull' orlo della catastrofe, doveva andargli stretto: «Un giorno, forse in un futuro non troppo lontano, sarà possibile andare sulla Luna, su Marte o Venere». E l' ultima stoccata è per quella civiltà, di cui viene considerato un salvatore: «Non sono così impressionato dal successo della nostra civiltà, per pensare che siamo l' unico punto, in questo immenso universo, che ospiti creature intelligenti, né che noi rappresentiamo il tipo più alto di sviluppo fisico e mentale che sia mai apparso in ogni luogo e tempo».
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