vladimir putin soldati esercito russia

“HANNO BUTTATO I SOLDATI RUSSI IN UN BAGNO DI SANGUE SOLO PER OBBEDIRE A ORDINI DEMENZIALI” – IL RACCONTO DI UN UFFICIALE 25ENNE CHE HA DISERTATO DOPO SEI MESI AL FRONTE IN UCRAINA ED È FUGGITO IN KAZAKHSTAN: “HO SENTITO IL COMANDANTE DELLA MIA UNITÀ PARLARE AL TELEFONO CON I GENERALI E DIRE: ‘IO NON LI PORTO I MIEI LAGGIÙ, NON LI MANDO A FARSI MACELLARE’. MA A VOLTE VENIVAMO SPINTI AVANTI A TUTTI I COSTI”–  “NON HO VISTO QUANDO VENIVANO UCCISI I CIVILI. MA HO VISTO I LORO CORPI GETTATI PER STRADA E HO SENTITO IL SUONO DEI COLPI DELLE ESECUZIONI

Estratto dell’articolo di Federico Fubini per www.corriere.it

 

vladimir putin con i soldati russi

Alexander è un ufficiale di carriera russo, ha 25 anni, è laureato all'accademia dell’esercito come ingegnere del genio militare. È entrato in Ucraina all’alba del 24 febbraio 2024. Ci è rimasto per sei mesi, rischiando più volte la vita, dopo è diventato un disertore. Come migliaia, forse decine di migliaia di disertori russi (si stima siano tra diecimila e trentamila) Sasha è fuggito in Kazakhstan – protetto dalla rete di dissidenti in esilio «Point of No Return» - ma non si sente al sicuro: su di lui il governo di Mosca ha spiccato un mandato di cattura internazionale.

 

Per questo accetta di parlare al «Corriere» solo in forma anonima. Ma quel che racconta è una finestra sui crimini di guerra e contro l’umanità sui quali indaga il Tribunale penale internazionale dell’Aia. E’ una finestra, soprattutto, su quella che Hannah Arendt chiamava “la banalità del male” osservata trovandovisi in mezzo.

 

soldati russi al fronte in ucraina

Sasha, com’è iniziata la sua esperienza in Ucraina?

«Ero stato mandato in Crimea per delle esercitazioni militari. Come ufficiale di carriera non potevo rifiutarmi, anche se ci ho provato».

 

Si è reso conto subito che c’era l’intenzione di scatenare un’invasione totale?

«All’inizio non c’erano evidenti segni di una guerra imminente, ma intorno al 18 o 20 febbraio ho iniziato a pensare che stava per succedere qualcosa di grave. Alla nostra unità arrivavano dall’alto ordini di preparare i mezzi per utilizzarli in ambienti urbani. Non aveva senso in un’esercitazione, perché di solito si sta su strade di campagna, in campi aperti o nella foresta» […]

 

campagna di arruolamento in russia

Cos’ha pensato quando si è reso conto che stavate per attaccare?

«Non ci potevo credere. Mi sono rifiutato di crederci fino al 24 febbraio. Fino al momento dell’annuncio di Vladimir Putin alla televisione. Ma mi ero accorto che avevamo visite sempre più frequenti di generali che controllavano i materiali, i mezzi, l’equipaggiamento. Pensavamo tutti che magari non era proprio un’esercitazione, ma al massimo volevamo mostrare un po’ i muscoli all’Ucraina. Che avremmo fatto un po’ di scena al confine e poi sarebbe finito tutto, come altre volte. Lo pensavamo tutti. Non ci ho creduto fino all’inizio dell’invasione».

 

[…]

 

soldato russo

E’ vero che il vostro esercito era disorganizzato e saccheggiava le case e i negozi?

«Abbiamo guidato per 200 chilometri verso Melitopol, la prima grande città sulla nostra strada. Eravamo completamente disorganizzati. Nessuno sapeva dove stavamo andando e cosa dovevamo fare. I comandanti erano sempre al telefono per cercare di capire. Ricevevano ordini strada facendo, non c’era un piano prestabilito. Eravamo come un grande serpente lungo dieci chilometri di mezzi militari, che procedeva lentamente. Il primo giorno viaggiammo fino a tarda sera, ma non riuscimmo neanche ad arrivare a Melitopol».

 

MADRI E MOGLI DEI SOLDATI RUSSI

Quando si è trovato nella prima battaglia?

«La prima scaramuccia è stata quando ci siamo avvicinati a Melitopol. E si è creato subito il caos. Chi combatteva, chi fuggiva nel bosco con i mezzi corazzati, chi si buttava nei supermercati a saccheggiare. Abbiamo avuto le prime istruzioni precise su cosa fare due ore dopo il primo scontro a fuoco. Prima eravamo persi, nessuno sapeva cosa fare. Ci hanno detto, di nuovo, di disporci in lunghe file e cambiare direzione».

 

VLADIMIR PUTIN CON I SOLDATI RUSSI

Cosa stava pensando in quel momento?

«All’inizio non capisci nulla. Sei sotto choc, non riesci a renderti conto che sei in una guerra vera e tu stai prendendo parte a quella guerra. Prima di allora la guerra nella mia testa era qualcosa di virtuale, non riuscivo a immaginare una situazione in cui mi ci sarei trovato dentro. Ma quando poi ci sei, non sai cosa fare. Non sai se devi combattere o ti devi nascondere. Non hai l’abitudine, ti senti del tutto impreparato e incerto».

 

[…]

 

MADRI E MOGLI DEI SOLDATI RUSSI

Ha assistito ad atrocità e uccisioni di civili?

«Non ho visto con i miei occhi quando venivano uccisi. Ma ho visto i corpi gettati per strada e ho sentito il suono dei colpi delle esecuzioni di civili, sì».

 

Può raccontare meglio?

«Un giorno stavamo viaggiando lungo una strada di campagna e abbiamo visto un’auto che veniva nella nostra direzione, dentro c’erano dei civili. Tre giovani. Le forze speciali hanno fermato l’auto. Li hanno messi a faccia in giù a terra, li hanno spogliati a torso nudo per controllare se avessero dei tatuaggi. Hanno chiesto via al comando cosa dovevano farne. Dal comando ci hanno risposto semplicemente di ucciderli e bruciare l’auto. Ho sentito i tre colpi dietro di me, perché ero già andato avanti; poi ho visto il fumo che si alzava dall’auto in fiamme».

 

VLADIMIR PUTIN CON I SOLDATI RUSSI

Non era solo disorganizzazione: l’esercito era sotto ordini precisi di uccidere i civili?

«Era il quarto giorno dell’invasione. A quel punto c’era un po’ più di organizzazione, tutti chiedevano ordini chiari ed eravamo tutti un po’ più abituati alle condizioni di guerra. C’era più struttura».

 

Dunque c’è stata una decisione da parte dei comandi militari di uccidere i civili?

«Sì».

 

Per quanto tempo è andata avanti così?

«Non succedeva sempre. Magari i nostri comandanti pensavano che i civili fossero in realtà dei combattenti che si dissimulavano. In ogni caso io non era d’accordo, non sono mai stato d’accordo».

 

soldati russi a mosca

Ha assistito a altri episodi che potevano costituire dei crimini di guerra?

«Personalmente no, non sono stato un testimone oculare. Ma ho sentito i racconti. Un commilitone una volta a tavola, mentre mangiavamo tutti insieme, era ubriaco e mi ha detto che avevano torturato delle persone in uno dei centri abitati lì intorno. Verso i primi di marzo gli ucraini avevano colpito un nostro posto di comando, era rimasta uccisa molta gente. I nostri erano furiosi. Erano andati a cercare qualcuno che facesse una soffiata, ci desse le coordinate giuste. Hanno raccolto tutti i civili in una stanza, hanno iniziato a interrogarli uno a uno e hanno controllato i loro telefoni».

 

soldati russi 4

Come li interrogavano?

«Con l’uso della forza. Li picchiavano. Quel collega ubriaco mi ha detto che a uno dei prigionieri aveva tagliato un dito. Mi ha spiegato come aveva fatto. Da quel giorno ho evitato di sedermi a tavola con quell’uomo».

 

All’epoca lei pensava che l’invasione fosse una buona idea o pensava già che ci fosse qualcosa di sbagliato?

«Mi sono sentito in totale disaccordo dall’inizio e ne ho anche parlato ad alcuni dei miei superiori. Temevo che l’invasione avrebbe prodotto conseguenze negative per la Russia, oltre che per l’Ucraina: forse una guerra più vasta o qualcosa di molto brutto».

 

E i suoi superiori cosa le rispondevano?

«Uno di loro mi ha detto: aspetta dieci giorni e sarà tutto finito. Questa storia non dura, mi ha detto. Il giorno dopo era morto».

 

soldati russi 6

Ma davvero era così facile esprimere dei dubbi? Lei si fidava a condividere liberamente opinioni con i suoi commilitoni?

«Ne potevo parlare con i miei amici più vicini, quelli della mia cerchia ristretta. La pensavano tutti come me. Di sicuro non ne parlavo con altri, ma è nella cultura russa non parlare di certe cose se non con le persone che conosci molto bene».

 

Lei in guerra ha avuto paura?

«Certo, in certi momenti ha pensato che fosse finita. Se sei una persona normale, in guerra hai paura. Se non ne hai, sei un idiota o uno che non ha mai visto la guerra e non sa cos’è. Oppure hai un’enorme esperienza. E io non rientravo in nessuno di questi casi».

 

[…]

 

soldati russi 5

È i comandanti vi mandavano all’attacco restando completamente indifferenti al vostro destino? Oppure cercavano in qualche modo di proteggervi?

«Ho avuto esperienze di entrambe le situazioni. In una situazione i comandanti erano molto attenti alle loro truppe, in altre gli ufficiali buttavano le gente in un bagno di sangue giusto per raggiungere degli obiettivi indicati dai comandi superiori».

 

Può spiegare meglio?

«C’erano momenti in cui arrivavano ordini assolutamente demenziali di entrare in zone molto popolate e tenerle a tutti i costi. Non c’erano nessuno scrupolo per la fine che avremmo fatto noi soldati. Ho sentito con le mie orecchie il comandante della mia unità parlare al telefono con i suoi superiori, dei generali. Gli diceva: ‘Io non li porto i miei laggiù, è come andare a suicidarsi. Non mando i soldati a farsi macellare’. Ma a volte venivano spinti avanti a tutti i costi. Dipendeva dalle situazioni».

VLADIMIR PUTIN

 

Per esempio?

«All’inizio andavamo a tutta forza, nessuno contava. Non è che non risparmiavano la gente, non risparmiavano nulla: né le munizioni, né i materiali, né le persone. Poi quando sono iniziate le grandi perdite i comandanti hanno iniziato a trattare il personale con un po’ più di attenzione».

 

Quando ha iniziato a pensare alla fuga?

«Sono stato in Ucraina per sei mesi e per sei mesi ho cercato una via di uscita. Varie volte ho cercato di rompermi un braccio. Quando nessuno mi vedeva, mettevo un braccio su una barricata di cemento e cercavo di romperlo con una pietra. Per fortuna dopo sei mesi mi hanno dato dei giorni di congedo e sono potuto rientrare in Russia».

 

soldati russi 8

Come le è venuta l’idea di disertare?

«Ho iniziato a pensarci quando mi sono reso conto che non c’era altra via di fuga. Dopo diversi tentativi di farmi congedare, ho avuto finalmente due settimane libere subito prima della mobilitazione del settembre 2022. A quel punto ho capito che non avevo altra soluzione se non diventare un disertore».

 

Dunque quale è stato il piano?

«Nella mia unità mi hanno formato i documenti del congedo, dunque ho potuto visitare la mia famiglia e raccontare quello che avevo visto. Non avevo un piano molto chiaro. Ma subito prima della mobilitazione il mio superiore diretto mi ha telefonato e mi ha chiesto di tornare in Ucraina in anticipo. Gli detto che non l’avrei fatto. Ha insistito, diceva che la mobilitazione stava per scattare. Allora ho comprato un biglietto aereo per il Kazakhstan, perché lì si può entrare dalla Russia anche senza passaporto».

 

parata della vittoria a mosca 9 maggio 2024 15

E le hanno permesso di volare verso il Kazakhstan, pur essendo sotto le armi?

«In Russia non c’è una banca dati comune dell’esercito. Sapevo che avrei potuto far perdere le mie tracce per due giorni prima che iniziassero a cercarmi e segnalassero il mio nome nei terminali dei posti di frontiera. Contavo che al 95% non avrei avuto problemi in aeroporto, se fossi partito entro 48 ore».

 

[…]

 

Come vede il suo futuro? Qual è il suo piano?

«Adesso sono uno dei disertori bloccati in Kazakhstan. Non abbiamo passaporti, dunque non possiamo avere visti per altri Paesi, anche se vorremmo tutti andarcene da qui perché stare in Kazakhstan non è sicuro. Alcuni di noi sono stati i arrestati. In un caso uno è stato arrestato e consegnato alla Russia. Il Kazakhstan ha un accordo di estradizione con la Russia per gente come me, ma nel complesso ci lasciano tranquilli perché il governo cerca di sembrare neutrale. Sto chiedendo permessi umanitari in Francia, in Germania o negli Stati Uniti».

VLADIMIR PUTIN

 

Come vive?

«Cerco di cavarmela facendo il rider o altri lavoretti, sempre in nero. Ho chiesto asilo qui, ma me l’hanno negato».

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