FLASH! - LA SCESA IN CAMPO DEL PARTITO DI VANNACCI E' UNA PESSINA NOTIZIA NON SOLO PER SALVINI, CHE…
Estratto dell’articolo di Cenzio Di Zanni per “la Repubblica”
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I lavoratori sulla graticola sono 118.310. Come gli abitanti di Pescara. O quelli di Trento. Persone con un posto di lavoro in bilico, se non già perso, e un futuro in buona parte legato all’esito dei tavoli di crisi aperti al ministero delle Imprese e del Made in Italy. Numeri in aumento, sostiene la Cgil nel suo dossier di fine anno: dai 58.026 lavoratori appesi al destino delle vertenze sul tavolo del ministero nel 2023 si è passati a quota 105.974. Ai quali vanno aggiunti i 12.336 addetti delle piccole e medie imprese che, secondo il sindacato più grande d’Italia, «hanno perso il lavoro per vertenze che non sono neppure arrivate alle istituzioni». Ecco quota 118 mila.
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Dietro quel dato ci persone, famiglie, vite. Come i quasi duemila dipendenti di Beko, brand degli elettrodomestici che fa capo ai turchi di Arçelik, il gruppo quotato a Istanbul che ha annunciato 1.935 esuberi e tre stabilimenti da chiudere: Siena, Comunanza (Ascoli) e gli impianti della linea del freddo a Cassinetta di Biandronno (Varese). Come gli 8.000 dipendenti di Eni Versalis, leader tricolore nella chimica di base, senza contare i 24 mila addetti dell’indotto.
All’elenco si sono poi aggiunte Bellco (biomedicale), 500 addetti; Meta System (metalmeccanica, indotto auto), 700 addetti; Giano, gruppo Fedrigoni (cartiera), 300 persone fra diretti e indotto; Almaviva Contact (telecomunicazioni), 494 licenziamenti al 31 dicembre. Anche quando le crisi si chiudono positivamente, con gli accordi raggiunti ai tavoli romani – avverte ancora il sindacato – il saldo occupazionale è negativo. […]
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Pino Gesmundo – segretario confederale Cgil a capo dell’area Politiche industriali attacca Palazzo Chigi: «Le mancate politiche industriali del governo Meloni, al di là degli annunci propagandistici di questo o quel ministro, dimostrano la distanza dal Paese reale e il totale disimpegno dell’esecutivo sul tema della crisi dell’industria italiana, che ormai è al palo da quasi due anni. Il nostro tessuto industriale è stato via via impoverito e oggi – ragiona Gesmundo – è più che mai impreparato alle sfide globali imposte dalla situazione geopolitica. È impreparato anche alla necessaria transizione ambientale e produttiva che, senza scelte diverse delle imprese e dei governi, rischia di essere pagata solo dalle lavoratrici e dai lavoratori». […]
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