raffaele sollecito

CHIAMATE FREUD! LE CONFESSIONI DI RAFFAELE SOLLECITO, ASSOLTO DOPO 4 ANNI DI CARCERE PER L’OMICIDIO MEREDITH KIRCHNER - “IL MIO DESIDERIO DI INFANZIA? STARE DENTRO I CAPELLI DI MIA MADRE. LEI MI HA PETTINATO FINO AI TREDICI ANNI. PRIMI GIOCATTOLI? LE BARBIE DI MIA SORELLA. LE VESTIVO, LE LAVAVO. NELLE MIE STORIE ERA SEMPRE KEN A MORIRE – LA NOTTE IN CUI FU UCCISA MEREDITH, IL RAPPORTO CON AMANDA KNOX, L'ISOLAMENTO IN CARCERE (“NON LO REGGEVO, NON DISTINGUEVO GLI OGGETTI. NON RICONOSCEVO SE ERO VESTITO O NUDO”) – DIETRO LE SBARRE HO FATTO AMICIZIA CON I VERI ESCLUSI, I PEDOFILI. PER ME NON RAPPRESENTAVANO UN PERICOLO”

Teresa Ciabatti per “Sette – Corriere della Sera” - Estratti

 

RAFFAELE SOLLECITO

Nel 2007 Raffaele Sollecito ha 23 anni, è studente di Informatica, vive a Perugia lontano da Giovinazzo dove è nato e cresciuto. Da una settimana frequenta una ragazza, Amanda Knox, anche lei studentessa, in Italia per il progetto Erasmus. Raffaele pensa al futuro, ha grandi progetti, laurearsi, un'esperienza lavorativa all'estero, Londra, New York.

 

Poi arriva il primo novembre. Nella ricostruzione di Sollecito ci sono lui e Amanda che rientrando a casa trovano una finestra rotta, e la porta aperta. Ci sono loro che chiamano i carabinieri sospettando un furto. Ci sono i carabinieri che sfondano la porta chiusa di camera di Meredith e scoprono il cadavere della ragazza.

 

Quel che accade dopo è cronaca. Ancora oggi Raffaele non si capacita di come sia potuto finire in questa storia, lui che Meredith l'aveva vista due volte, e stava con Amanda da pochi giorni. A distanza di diciotto anni, quattro anni di carcere, laurea, assoluzione definitiva in appello per non aver commesso il fatto, Raffaele Sollecito racconta chi è diventato.

 

Raffaele Sollecito uscito dal carcere?

raffaele sollecito amanda knox meredith kirchner

«Ho dovuto ricostruire da zero lavoro e immagine, non volevo che quelle cause fossero la mia vita. Io non sono quello».

 

Non bastava l'assoluzione?

«Le faccio un esempio: tempo fa ero a Corso Como con degli amici, vedo una ragazza carina, le dico ciao. Lei mi riconosce, e scoppia a piangere».

 

(...)

Chi è?

«Nasco e cresco a Giovinazzo, provincia di Bari. Papà urologo, mamma casalinga. I miei si separano negli anni Novanta, io ho otto anni. La loro separazione in paese suscita scalpore. C'è un giudizio molto pesante nei confronti della mia famiglia, giudizio che riemergerà proprio col caso di Meredith».

 

Nel senso?

«Durante la fase d'indagine il magistrato manda un poliziotto a Giovinazzo per ascoltare la gente del luogo. Vuole ricostruire la mia psicologia, forse trovare elementi di fragilità nel passato, la dimostrazione di un trauma che potesse aver generato rabbia».

 

Quindi?

«Molte persone parlano, tuttavia si rifiutano di fornire testimonianza diretta, rimangono anonimi».

 

raffaele sollecito

Cosa dicono?

«Raccontano del divorzio dei miei, arrivano a ipotizzare che mia madre si sia suicidata (nella realtà è morta d'infarto)».

 

Torniamo all'infanzia. I rapporti con suo padre?

«Da bambino mi portava con lui nelle visite a domicilio. Io aspettavo in macchina, o nei tinelli delle case. Se le visite non erano troppo invasive, mi faceva entrare dai pazienti. Io ascoltavo, m'interessava la diagnosi, ero affascinato dalla scienza».

 

La scienza a quel tempo?

«Smontavo televisori e radio per vedere cosa c'era dentro».

 

Che c'era?

«Un dispositivo per far andare il suono, intuivo».

 

Primo computer?

«Lo riceve in regalo mio padre da una ditta farmaceutica. Lui non riesce a farlo funzionare. Lo prendo io. Accendo, capisco che coi comandi puoi fare ogni cosa, studio le istruzioni di notte».

 

E?

«Comincio a giocare ai videogiochi: Prince of Persia, Street fighter 2. Lì per me il mondo s'ingigantisce, non è più Giovinazzo. Posso andare ovunque».

RAFFAELE SOLLECITO BAMBINO IN BRACCIO ALLA MADRE

 

Sua madre nell'infanzia?

«Mi attaccavo ai suoi capelli, se mi chiede quale fosse il mio desiderio: stare dentro i capelli di mia madre».

 

Simbolicamente?

«Tra noi c'era una specie di comunicazione attraverso i capelli. Lei mi pettinava.

Mi ha pettinato fino ai tredici anni».

 

Primi giocattoli?

«Le Barbie di mia sorella. Le vestivo, le lavavo. Nelle mie storie era sempre Ken a morire. Non aveva skill, soccombeva colpito da qualsiasi supereroe».

 

RAFFAELE SOLLECITO BAMBINO

Finito il liceo?

«Ho il desiderio di andare via dal paese».

 

Allora?

«Tramite l'Enpam (Ente nazionale di previdenza e assistenza medici) ho la possibilità di fare l'università a Perugia. M'iscrivo».

 

2005.

«Un giorno chiama il mio patrigno per dire di scendere in Puglia perché mamma ha problemi al cuore».

 

Lei?

«Parto subito. Quando arrivo in paese, sul portone di casa vedo affisso il manifesto mortuario col nome di mia madre».

 

Qui finisce la prima parte della sua vita?

«La mia vita felice».

 

Eppure il peggio deve ancora arrivare. Novembre 2007.

«Succede tutto velocemente. La scoperta del cadavere di Meredith, Amanda che venie convocata in questura come persona informata sui fatti, io che mi presento spontaneamente».

raffaele sollecito a gubbio fotografato da amanda knox

 

In questura?

«Ci tengono quindici ore, non possiamo muoverci, nessuno ci parla. D'un tratto Amanda fa una ruota e una spaccata».

 

Perché?

«Per sgranchirsi le gambe, immagino. Lei faceva yoga, era una ginnasta».

 

Ma?

«Siamo ripresi dalle telecamere, e quel frammento video viene reso pubblico, passa in tv».

A che scopo?

«Probabilmente per dimostrare l'indifferenza di Amanda. La superficialità. Fanno vedere il video senza spiegare il contesto, le ore di attesa, niente».

 

Ciò che l'ha fatta più arrabbiare del racconto mediatico e non?

«Le inesattezze, le forzature, le ricostruzioni fantasiose».

 

amanda knox a gubbio fotografata da raffaele sollecito

Tipo?

«Secondo il giudice Massei quella notte Rudy Guede suona alla porta di Meredith per andare in bagno. Intanto — sempre secondo Massei — io e Amanda siamo chiusi nella camera di Amanda. Uscito dal bagno, Guede “viene impossessato dalle vibrazioni sessuali che si stagliavano nel corridoio”. Va da Meredith e tenta un approccio. Al rifiuto la uccide con l'aiuto mio e di Amanda».

 

Il vostro aiuto?

«Anche per noi, secondo Massei, quel rifiuto era inaccettabile».

 

Un'altra ricostruzione a suo avviso fantasiosa?

«Secondo il giudice Nencini, Amanda e Meredith non andavano d'accordo in quanto Amanda non rispettava i turni di pulizia. Perciò Amanda aiuta Guede nell'omicidio mossa dall'astio personale per le pulizie di casa».

 

Il giudice Mignini, colui che in primo grado ha condannato lei e Amanda, oggi intrattiene un rapporto epistolare con Amanda. La sua opinione a riguardo?

«Preferisco non rispondere».

 

Lei viene condannato a quattro anni di carcere. Il carcere?

«I primi sei mesi sono stato in isolamento per essere protetto dagli altri carcerati».

 

In seguito?

amanda knox e raffaele sollecito dopo l omicidio meredith.

«Mi spostano in un carcere di massima sicurezza, non reggevo l'isolamento.

Problemi di tiroide, e problemi cognitivi».

 

Nello specifico?

«Una specie di deprivazione sensoriale: non distinguevo gli oggetti. Non riconoscevo se ero vestito o nudo».

 

La curano?

«Mi propongono psicofarmaci che io rifiuto. Temo che la mia mente possa essere compromessa, voglio rimanere lucido per studiare».

 

Come ha resistito?

«L'infanzia è stata la mia vera preparazione all'isolamento carcerario. Da bambino ero chiuso nel mondo dei videogiochi. Quando staccavo proseguivo nella testa la dinamica del gioco, ero sempre con loro, i supereroi».

 

L'esercizio dell'immaginazione in carcere?

«Immaginavo di uscire con gli amici, cosa avrei detto in merito a quello che stava succedendo, commenti loro, consigli. Ho immaginato partite a Final Fantasy VII Special, un nuovo episodio mai esistito di Final Fantasy».

 

Mai immaginato il ritorno a casa?

amanda knox

«Mio padre diceva: se pensi molto avanti, perdi il focus. Aveva ragione. Per questo m'impedisco di proiettarmi nel futuro».

 

Nel frattempo Amanda?

«Le scrivo qualche lettera, ma mi accorgo che le sue risposte non sono libere».

 

Cosa le scrive?

«Se lei provasse ancora qualcosa per me».

 

Risposta?

«No».

 

Perché chiederlo?

«L'idea che ci fosse qualcuno che mi amasse… Ne avevo bisogno».

Smette di pensarla?

«Impossibile, la televisione parlava di lei, di noi. Col tempo, piano piano, ho cercato di farmi bastare la famiglia e alcuni detenuti».

 

Quali?

rudy guede.

«In carcere ci sono i clan, farne parte significa essere costretti a difendere il capo, esporsi a rischi, e io non volevo guai, così ho fatto amicizia coi veri esclusi, quelli che nessuno considera e che non entrano in conflitto con nessuno».

 

Ovvero?

«I pedofili».

 

Con loro?

«Ho giocato a biliardo, ascoltato le loro storie. Ho passato molto tempo con uno psichiatra accusato ingiustamente dalla moglie di aver molestato la figlia piccola».

 

Il carcere in generale?

«Ci sono detenuti che piangono, altri che si feriscono, mutilano. Ogni notte si levano grida di dolore. Alcuni non si rendono conto di quello che hanno fatto, qualcuno è innocente, altri sanno bene ciò che hanno commesso, tutti soffrono. La sofferenza in carcere rende uguali».

 

Finalmente l'assoluzione e l'uscita.

«Incontro Amanda in ascensore, lei felice, come lo erano gli avvocati. L'unico depresso ero io».

amanda knox 1

 

Ragione?

«L'idea di affrontare il mondo fuori».

 

La paura più grande?

«Come faccio a far vedere che sono diverso da quello che hanno raccontato?».

 

(...)

«Nella Repubblica Domenicana dei ragazzi italiani m'invitano in spiaggia.

Giorni dopo trovo sui giornali la foto di me in spiaggia. Si stava per riaprire l'appello bis, i ragazzi lo avevano saputo. Hanno venduto le foto ai giornali».

 

Altro?

«Una ragazza americana conosciuta su Facebook rilascia un'intervista dicendo che io volevo sposarla, le avevo chiesto di sposarla per avere la cittadinanza americana, a detta sua».

 

Che c'era stato tra voi?

«Nemmeno un bacio».

 

Fidanzate reali?

«Sono stato tre anni con una ragazza di Oderzo. Assistente di volo, conosciuta sul volo Verona-Bari».

raffaele sollecito nel nuovo documentario sulla morte di meredith

 

Nel presente una figura di riferimento per lei è Sara Leone, sua terapista, nonché consulente di parte.

«Mi ha contattato dopo aver letto un mio post contro il maltrattamento degli animali. Mi ha scritto: “Io voglio conoscerti”. Quindi è diventata la mia terapista».

 

Il lavoro oggi?

«Sono un architetto del cloud. Lavoro come libero professionista per due aziende di Milano».

 

Esperienze precedenti?

«Uscito dal carcere per molti anni le aziende mi assumevano e subito, venute a conoscenza del mio passato, mi mandavano via».

 

Motivazione?

«Il timore di associare il loro marchio al mio nome. La paura che il marchio venisse danneggiato dall'accostamento, dicevano».

 

amanda knox raffaele sollecito

Quante volte è capitato?

«Molte, e in modi diversi. Un'azienda inglese mi fa un'offerta che ritira la settimana successiva, spiegazione: poiché i loro uffici sono vicini alla casa dei genitori di Meredith, temono che nella loro azienda possano esserci parenti o amici della famiglia Kercher che non gradirebbero la mia presenza».

 

Progetti futuri?

«Riprendere un'app di mia invenzione».

 

(...)

 

Lei per chi userebbe l'app?

«Per mia madre. Come prima cosa le farei cambiare la foto sulla lapide, troppo imbronciata».

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