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1 - CARCERE BECCARIA, IL RAGAZZINO TORTURATO E VIOLENTATO SAREBBE DOVUTO STARE IN CELLA DA SOLO
Luigi Ferrarella per www.corriere.it
carcere minorile cesare beccaria 1
Chi vuol continuare a far finta di non vedere quanto il sovraffollamento e l’inadeguatezza di personale e condizioni logistiche possano indirettamente determinare spaventose violazioni dei diritti umani delle persone detenute può farsene invece una idea dal caso del ragazzino ferocemente abusato in una cella del carcere minorile Beccaria la notte del 7 agosto, ad opera di tre altri minori detenuti tra i quali un giovane (che era appena maggiorenne da quattro giorni) arrestato mesi fa quale «gregario violento nella banda di trapper facenti capo a Simba la Rue e Baby Gang», nonché già condannato a 1 anno e 4 mesi per rapina, tentata estorsione e minaccia.
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ll ragazzino abusato — 16enne, egiziano con una esperienza pesante già in un «campo» libico, finito al Beccaria con l’accusa di avere palpeggiato una donna in metropolitana — fin dal suo ingresso nell’istituto aveva mostrato quelle che gli educatori chiamano «difficoltà di adattamento all’ambiente penitenziario e di inserimento tra gli altri ragazzi detenuti», sicché proprio «a fini di sua tutela» era stato «collocato nel reparto infermeria».
Ma proprio il giorno prima di essere aggredito, 6 agosto, «è stato necessario spostarlo presso il secondo gruppo di orientamento (dove il 7 accadrà la violenza, ndr) per ragioni organizzative urgenti e non fronteggiabili in altro modo», e cioè per il fatto che l’infermeria fosse divenuta inagibile dopo che un altro detenuto l‘aveva sfasciata. E siccome (tra varie ristrutturazioni in corso e sovraffollamento) non esisteva nemmeno un altro posto dove tenere da solo il ragazzo, ecco che era stato messo in quella cella insieme a quei tre compagni che poi lo hanno aggredito, e che peraltro già all’ingresso del ragazzo avevano «preteso di sapere quale fosse il titolo di custodia cautelare a suo carico», con ciò tradendo il pretesto e la propensione a «una “rappresaglia punitiva”».
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Sul punto il gip Guido Salvini ritiene di osservare che «nemmeno possono invocarsi a “giustificazione” culturale e ambientale di quanto commesso» dagli aggressori «alcuni comportamenti “punitivi” frequenti purtroppo in carcere nei confronti degli autori di alcuni reati, in particolare i violentatori di bambini e di familiari. Infatti il reato per il quale» il ragazzo abusato «era detenuto non era di particolare gravità e non era certamente un reato infamante».
Secondo le indagini della pm Rosaria Stagnaro con la Squadra Mobile e la Polizia penitenziaria, «approfittando del cambio di turno degli agenti» i tre compagni di cella sorpresero nel sonno il ragazzo, lo legarono con i polsi alla finestra del bagno fuori visuale, lo violentarono con oggetti, gli spensero una sigaretta in faccia e sul braccio, lo presero a calci inginocchiato, e gli gettarono addosso acqua bollente: «Una elevata crudeltà nel procurare atroci sofferenze, con una determinazione e per un lasso di tempo tali da comportare anche la contestazione del reato di tortura».
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Con una conclusione incredibile in quella notte di violenze rievocata dal ragazzo abusato, oggi assistito dall’avvocato Daniela Frigione: infatti l’aggressore neomaggiorenne, quasi non percependo l’orrore della tortura inflittagli, «gli chiese scusa, gli offrì patatine, Coca Cola e sigarette, e gli propose di contraccambiare la violenza subìta con uno schiaffo a ciascun aguzzino, come se in tal modo potessero essere pari e riappacificarsi».
2 - VIOLENTATO A 17 ANNI DAI COMPAGNI DI CELLA "UNA PUNIZIONE PER I SUOI REATI SESSUALI"
Andrea Siravo per “la Stampa”
Non pensava di rivivere i maltrattamenti subiti nei campi libici durante il viaggio per arrivare in Italia. E invece in una cella dell'istituto penitenziario minorile «Cesare Beccaria» di Milano, Mohamed (nome di fantasia, ndr) una sera dello scorso agosto ha passato un inferno peggiore. È stato vittima di abusi sessuali, botte e altre sevizie tremende. I suoi aguzzini - secondo l'inchiesta della procura milanese - sono stati i suoi tre compagni di stanza coetanei. Tra loro anche il neo maggiorenne Gnagne Lath, ritenuto il «gregario violento» della banda dei trapper di Simba La Rue e Baby Gang fiaccata dai recenti arresti in seguito alle indagini di almeno tre procure lombarde.
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A «Nesco», soprannome del giovane ivoriano arrivato con la madre in Italia a dodici anni, l'altro ieri è stata notificata nel carcere di Pavia un'ordinanza di custodia cautelare in carcere firmata dal gip Guido Salvini. Violenza sessuale di gruppo, lesioni e addirittura tortura le accuse mosse dal pm Rosaria Stagnaro sulla base degli esiti dell'indagine congiunta della Squadra mobile e della polizia penitenziaria.
Un reato, l'ultimo, già scoperto nelle carceri ma finora per le violenze degli agenti sui detenuti. Mai per quelle reciproche tra detenuti. Al Beccaria Mohamed, diciassettenne egiziano, era entrato ai primi di maggio dopo aver palpeggiato una ragazza sulla banchina della fermata Duomo della linea gialla della metropolitana. L'arresto in flagranza era coinciso anche con la prima identificazione del minore sul territorio italiano.
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Per una difficoltà di adattamento all'ambiente carcerario e di inserimento tra gli altri ragazzi, Mohamed era stato collocato nel reparto infermeria. Poi però il 6 agosto un altro giovane detenuto aveva danneggiato e reso inagibile l'area. Un contingenza imprevedibile in una realtà già in difficoltà dai soliti problemi di sovraffollamento, di organici sottodimensionati e carenze strutturali.
Mohamed è stato quindi trasferito nella cella numero 306. Appena entrato «Nesco» e gli altri due avrebbero preteso di sapere per quale motivo il diciassettenne fosse finito dentro. E sarebbe stata la scoperta di essere accusato di reati a sfondo sessuale a far decidere ai tre di organizzare una «rappresaglia punitiva».
Un piano messo in atto la sera successiva: «Dopo che mi sono addormentato sono arrivati e hanno fatto così perché se fossi stato sveglio avrei potuto chiamare e chiedere aiuto», ha raccontato agli educatori e poi agli inquirenti. Mentre in due gli avrebbero legato i polsi con i lacci delle scarpe alla finestra del bagno, il terzo avrebbe fatto da palo rimanendo sulla porta. Per poi scambiarsi i ruoli durante quelli che il gip ha descritto nell'ordinanza come «atti sessuali brutali», prima di passare a «violenze fisiche gravissime e umiliazioni di ogni tipo» come botte, morsi, bruciature di sigaretta e ustioni con l'acqua bollente della doccia.
Dopo circa due ore i soprusi sarebbero cessati. Quando gli aguzzini avrebbero visto il sangue e le altre ferite sul corpo di Mohammed. «A questo punto hanno cambiato atteggiamento - ha spiegato la vittima -. Nesco mi ha chiesto scusa per quello che mi avevano fatto e per farsi perdonare mi ha detto di tirare uno schiaffo a ognuno di loro così da essere pari». E ancora, gli avrebbero regalato una Coca Cola, patatine e sigarette. Per il giudice, però il diciottenne della Costa d'Avorio «ha dimostrato una elevata crudeltà nell'usare violenza e nel procurare atroci sofferenze con una determinazione e per un lasso di tempo tali da comportare anche la contestazione del reato di tortura». E le scuse non sono altro che una «mancanza di qualsiasi percezione del disvalore» delle proprie azioni. Solo martedì Mohamed, assistito dall'avvocato Daniela Frigione, ha lasciato il Beccaria per passare in una comunità per minori.
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