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Davide Gangale per www.lettera43.it
Se dalla Corte Costituzionale è arrivato un no, la responsabilità è soprattutto delle Regioni. Mercoledì 9 marzo la Consulta ha dichiarato inammissibili due ricorsi per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato avanzati da Basilicata, Puglia, Liguria, Marche, Sardegna e Veneto, sulla spinosa questione delle trivellazioni in mare. Per un motivo molto semplice: erano privi dei necessari requisiti.
SOLTANTO IL VENETO HA VOTATO. Per sollevare il conflitto, infatti, i giudici hanno stabilito che occorreva soddisfare le condizioni previste dall'articolo 75 della Costituzione, che riserva l'iniziativa referendaria ad almeno cinque Consigli regionali. Ad esprimersi, invece, è stato soltanto quello del Veneto, l'unico che ha votato per incaricare del ricorso il rappresentante delle Regioni nel comitato referendario.
La pronuncia della Corte, non a caso, non ha colto di sorpresa Roberto Ciambetti, presidente del Consiglio regionale veneto: «La Costituzione vuole che siano almeno cinque i Consigli regionali che propongono un referendum. E così avrebbero dovuto essere almeno cinque i Consigli regionali interessati a sollevare il conflitto di attribuzione. Il Consiglio regionale del Veneto aveva fatto il suo dovere, pensiamo che se avessimo raggiunto il numero dei cinque ricorrenti nella sostanza avremmo avuto ragione».
FORMA NON RISPETTATA. I due ricorsi, del resto, sono stati dichiarati inammissibili non perché la Consulta ne abbia esaminato il merito, ma per motivi formali. Che in casi del genere, com'è ovvio, non possono essere trascurati. Ecco perché parlare di autogol, da parte delle stesse Regioni che conducono la battaglia referendaria, non è un'esagerazione.
E fa un po' sorridere la giustificazione del presidente del Consiglio della Regione Basilicata, Piero Lacorazza, secondo cui il voto non c'è stato «perché mancavano tempi tecnici per le convocazioni e i passaggi nelle commissioni per tutte le Regioni». Com'è che allora il Veneto è riuscito a trovare il «tempo tecnico» necessario?
Così come appare piuttosto stonato il commento della senatrice Loredana De Petris, presidente del gruppo Misto (Sinistra Italiana - Sinistra Ecologia Libertà) a Palazzo Madama, da sempre in prima linea contro le trivellazioni: «I giudici si sono appigliati a motivazioni piuttosto pretestuose». La battaglia non è ancora persa del tutto, ma ha già una storia complicata e travagliata.
EMILIANO COL REFERENDUM TRIVELLA GLI ASCOLTI DI LILLI: “OTTO E MEZZO” PERDE QUASI 200MILA TELESPETTATORI
Finora le trivelle fanno flop in tv. Chi ne parla, costretto anche dalla par condicio, trivella innanzitutto gli ascolti. E’ successo mercoledì sera a Lilli Gruber su La7, provocando l’ennesima incazzatura di Urbano Cairo. “Otto e mezzo” aveva ospite in studio il governatore pugliese Michele Emiliano, grande oppositore della legge introdotta dal governo Renzi. I suoi pistolotti sul referendum, però, hanno fatto scappare i telespettatori. Il talk di Lilli quella sera ha fatto registrato il 4,65% di share, con 1.309.000 telespettatori. Un punto e oltre 150mila spettatori in meno rispetto al resto della settimana. Lunedì, infatti, “Otto e mezzo” aveva fatto 1.497.000 con 5,39% di share; martedì 1.477.000 con 5,66%; ieri sera, con Antonio Bassolino, 1.396.000 con il 5,27%.
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