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Francesca De Martino per “il Messaggero”
fabio palotti operaio morto alla farnesina 6
Non era formato per quel tipo di intervento. È questo il motivo che avrebbe portato all'errore fatale Fabio Palotti, l'operaio 39enne morto il 28 aprile scorso intrappolato nel vano dell'ascensore sul quale stava lavorando, negli uffici del Ministero degli Esteri.
Ad appena due mesi dalla tragedia c'è una prima misura cautelare: il gip del Tribunale di Roma ha emesso una misura interdittiva della durata di sei mesi a carico del titolare della ditta per la quale il 39enne lavorava da oltre dieci anni, responsabile anche di aver presentato ai magistrati un presunto falso certificato di abilitazione alla manutenzione. L'amministratore unico della società è indagato per omicidio colposo. L'azienda, ora nel mirino degli inquirenti, era incaricata in regime di subappalto della manutenzione degli ascensori all'interno della Farnesina.
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OPERAIO INESPERTO
Le indagini dei carabinieri della Compagnia Roma Trionfale, coordinate dal procuratore aggiunto Giovanni Conzo e dal sostituto procuratore Antonino Di Maio, hanno fatto emergere le responsabilità del datore di lavoro di Palotti. Per i pm, il manager avrebbe agito con «negligenza, imprudenza e imperizia» perché avrebbe incaricato il giovane di occuparsi della manutenzione dell'ascensore, mentre era invece specializzato in tutt' altro settore: quello del servizio di presidio tecnologico.
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L'operaio era quindi «privo dei requisiti tecnici-professionali e non adeguatamente formato e addestrato per la specifica attività di intervento e manutenzione, cui di fatto era stato delegato». E quel giorno di aprile il 39enne, forse, avrebbe dimenticato di azionare il freno di emergenza.
FATALE IL CELLULARE
Secondo quanto è venuto fuori dalle prime ricostruzioni, l'ascensorista non avrebbe inserito «la leva di blocco dell'ascensore sulla posizione ispezione». Così qualcuno ha chiamato l'impianto di sollevamento, mentre l'operaio si trovava sul tetto, forse per recuperare il suo telefonino.
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Lui ha urlato aiuto, ma nessuno ha sentito il suo grido disperato. E poco dopo è rimasto incastrato tra la cabina e la parete del vano corsa, un'intercapedine di poco più di venti centimetri. Proprio in quello spazio asfissiante, Palotti aveva provato a rifugiarsi per tentare di schivare il mezzo e riuscire, inutilmente, a salvarsi. E non è tutto, dietro la morte dell'operaio ci sarebbero proprio anche delle lacune riguardo alla formazione. Il 39enne, una moglie e due figli a carico, non era stato informato su tutti i rischi per la sicurezza e la salute durante l'attività lavorativa «con particolare riferimento alle fasi e alle procedure di intervento di manutenzione e installazione degli elevatori - scrivono i militari in una nota - e la mancata adozione di un idoneo piano operativo di sicurezza, in riferimento al singolo cantiere interessato». E ancora, non era stato nemmeno sottoposto alla prescritta sorveglianza sanitaria periodica. L'ultimo certificato di idoneità specifico alla mansione era scaduto il 10 febbraio del 2020.
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