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Chiara Beria di Argentine per il “Corriere della Sera”
Caro direttore, nel complimentarmi con tutti voi per il libro dedicato dal Corriere a Walter Tobagi che mi auguro venga diffuso nelle scuole e letto da tanti giovani vorrei, se me lo consenti, aggiungere una riflessione e un ricordo.
28 maggio 1980. All' improvviso nel pomeriggio arrivò a trovarmi mio padre Adolfo. Quarant'anni fa ero a casa in congedo di maternità (il mio secondo figlio Matteo era nato il 6 maggio) dal lavoro di inviato al settimanale Panorama. Erano ore serene (per me) fino a quando non ascoltai cosa voleva dirmi e chiedermi papà. Ricordo quei momenti: fu una delle rarissime volte nella sua vita (è scomparso il 26 luglio 2000) che lo vidi piangere. Dalla tv avevo già appreso l'ennesima, tragica notizia. Questa volta la vittima era un giornalista del Corriere, Walter Tobagi.
Non sapevo però che Tobagi, presidente dell'Associazione lombarda giornalisti e Beria, neopresidente dell'Associazione nazionale magistrati e collaboratore dal 1973 del Corriere stavano lavorando a un progetto comune. Non solo si erano confrontati la sera prima dell'omicidio a un «acceso» dibattito sul segreto istruttorio al Circolo della Stampa (come ricorda Massimo Fini nel capitolo «L'ultima notte» del libro curato da Giangiacomo Schiavi, ndr) ma dovevano rivedersi per creare i comitati «Giustizia e Stampa».
Rewind al tragico 1980. Quando il 23 marzo come leader della corrente Giustizia e Costituzione accetta di assumere l' impegno di presidente dell' Anm, Beria aveva visto uccidere dai terroristi uno dopo l'altro alcuni dei suoi amici e colleghi più cari da Girolamo Tartaglione, direttore Affari Penali del ministero di Giustizia (Roma, 10 ottobre 1978); a Emilio Alessandrini (Milano, 29 gennaio 1979); a Vittorio Bachelet, vicepresidente del Csm (Roma, 12 febbraio 1980); a Girolamo Minervini direttore del Dap (Roma, 18 marzo 1980); a Guido Galli (Milano, 19 marzo 1980).
Una ondata di sangue che spazzò via uomini coraggiosi e integerrimi come testimoniato nel vostro libro sia dall'articolo che scrisse proprio Tobagi in morte di Alessandrini che dalle parole trovate da Luigi Ferrarella nel suo intervento «La solitudine dei magistrati sotto tiro».
Ecco di solitudine vorrei ora parlarvi. Seguito il feretro di Minervini che era stato ucciso dalla Br sul bus che prendeva per andare al ministero (non voleva esporre a pericoli una scorta; oggi a sentire in tv nella trasmissione di Giletti che il posto di capo del Dap «fa gola» mi vengono i crampi, ndr) Beria come disse anche al presidente Pertini credeva che uno dei terreni per dare massima operatività alla lotta al terrorismo fosse quello di costruire un dialogo tra gli operatori dei due settori («..gli pareva che l' informazione peccasse di superficialità o di sensazionalismo...» cit. Franzinelli-Poggio. Storia di un giudice italiano, Rizzoli).
Nel giovane ma già così esperto e lucido Tobagi aveva trovato più che un prezioso interlocutore. Ma i riformisti non piacciono in questo Paese. E quella sera, mi raccontò papà, al Circolo della Stampa erano volati urla e insulti. Angosciato e molto amareggiato mi chiese chi era questo e quel tal collega urlante. Posso solo immaginare la tristezza dell' ultima notte di Tobagi. Ovviamente da cronista che poi ha seguito e intervistato negli anni ben noti brigatisti (dalla Braghetti a Gallinari) so bene che chi si espose insultando quella sera Tobagi non ha nulla a che fare con chi la mattina dopo sparò.
capaci falcone moglie e ragazzi della scorta
Non solo. Sono la prima ad aver fatto nella mia lunga vita di lavoro molti errori però mi domando: possibile che anche dopo 40 anni nessuno dei giornalisti presenti e urlanti dica almeno che quella sera aveva sbagliato? Amen.
Del resto, in queste ore di anniversari noto anche che tanti togati che dentro e fuori il Csm ostacolarono Giovanni Falcone non hanno mai avuto un minimo, laico ravvedimento.
Aprile 1992. L' ultima volta che parlai con Falcone mi chiese se gli editoriali che scriveva su La Stampa erano oggetto di critica. Sempre solitudine, a un passo dalla morte. Per il resto quei «non sono samurai» sono tutti più o meno a spasso; Benedetta Tobagi ha scritto parole d' oro in questo 40° anniversario; in memoria di quella generazione di uomini - giornalisti, giudici, servitori dello Stato - dell' inchiesta sugli ex vertici dell' Associazione nazionale magistrati con relative intercettazioni mi fa male solo a parlarne.
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