DAGOREPORT - SUL PIÙ TURBOLENTO CAMBIO D'EPOCA CHE SI POSSA IMMAGINARE, NEL MOMENTO IN CUI CRISI…
Tommaso Montesano per “Libero Quotidiano”
Non c'è destra senza la rissa. Di spintoni, bagarre e lanci di sedie è piena la storia dei congressi del Movimento sociale prima e di Alleanza nazionale poi. Poteva fare eccezione, otto anni dopo lo scioglimento di An, la mostra dedicata ai settant'anni della nascita della Fiamma tricolore? No. Così anche l'inaugurazione della rassegna che ricostruisce la storia del partito della destra italiana - «Nostalgia dell'avvenire», fino al 10 febbraio a via della Scrofa - finisce, almeno in parte, nel caos.
A provocare il fuori programma, però, non è stata una zuffa tra ex colonnelli, ma l'irruzione, nella sala dove era in corso la proiezione di un filmato sulla storia del Msi, della signora Maria Antonietta Cannizzaro, presidente di un partito che si chiama proprio «Movimento sociale italiano-Destra nazionale». Con tanto di Fiamma nel simbolo. Simbolo di cui Cannizzaro reclama l'uso esclusivo. Da qui la sortita nella sala al piano terra di via della Scrofa, la stessa che nel 1988 ospitò la camera ardente di Giorgio Almirante e Pino Romualdi.
Quando la signora, con urla e strilli, oscura la proiezione, inizia il parapiglia che dura qualche minuto. Cannizzaro, accompagnata da mezza dozzina di militanti armati di bandiere, accusa gli organizzatori della rassegna di non averle chiesto il permesso di usare il simbolo: «Voi qui siete degli abusivi, la corte d'appello di Firenze mi ha riconosciuto la piena proprietà del simbolo!». Segue l'annuncio di una prossima denuncia ai danni di Fratelli d'Italia, accusati di utilizzare a sproposito il logo con la Fiamma.
GIANFRANCO FINI E MARIA ANTONIETTA CANNIZZARO
La platea reagisce con veemenza: «Chi sei? A nome di chi parli? Noi siamo morti per la Fiamma!». Ci vuole tutta la diplomazia dei curatori della mostra - il presidente del comitato scientifico della fondazione An, Marcello Veneziani, la curatrice del catalogo Simonetta Bartolini - per riportare la situazione sotto controllo. In sala, Maurizio Gasparri se la cava con una battuta: «Spazzatura. È un problema dell'Ama».
Ama, l'azienda dei rifiuti del Comune di Roma. Non tutti la prendono con filosofia, però. In prima fila c'è Gianfranco Fini, l'ultimo segretario del Msi e l'unico presidente di An. L'ex presidente della Camera, al ritorno tra i suoi ex colonnelli dopo il celebre «che fai, mi cacci?», appena capisce che aria tira si alza e si infila nella porta che porta ai locali dedicati alla mostra. «Pensava che le contestazioni fossero per lui...», sghignazza qualcuno. In realtà, sarà lo stesso Fini, poco dopo, a convincere Cannizzaro a lasciare la sala senza ulteriori conseguenze.
«Mi ha trattato veramente bene. Ha mandato via tutti e abbiamo parlato. È un signore». In sala, l'ex presidente della Camera ritrova (quasi) tutti gli ex colonnelli. C'è Ignazio La Russa, che lo saluta velocemente - «ciao Gianfranco, come stai?» -; c'è Gasparri, c'è Italo Bocchino, adesso direttore del Secolo d'Italia; c'è Gianni Alemanno; c'è Adolfo Urso; c'è Domenico Gramazio. Mancano Giorgia Meloni e Altero Matteoli.
GIANFRANCO FINI ALLA MOSTRA SUL MOVIMENTO SOCIALE
La rimpatriata non genera entusiasmi, ma neanche occhiate in cagnesco. Ed è già un passo avanti rispetto a chi profetizzava chissà quali imbarazzi. Fini arriva alla chetichella, quando la sala è quasi piena. Assiste la taglio del nastro dell'inaugurazione, sulle note dell'Inno a Roma, da lontano. Taglio per il quale sono La Russa e Alemanno a prendersi le luci dei riflettori.
Accanto a Fini staziona la storica segretaria, Rita Marino, e Giuseppe Scopelliti, l'ex presidente della Regione Calabria. Le strette di mano con gli ex camerati sono fredde. L'ex presidente della Camera si fa fotografare davanti a una storica bandiera del Msi. Poi si accomoda in prima fila. Dove, poco più tardi, accompagnata da La Russa, arriva anche Assunta Almirante. L'applauso corale scatta solo per lei.
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