alessandro albertoni martina rossi

UNA STORIA ITALIANA – IL CONI AVEVA DECISO DI PREMIARE PER MERITI SPORTIVI UNO DEI DUE CONDANNATI PER IL TENTATO STUPRO DI GRUPPO AI DANNI DI MARTINA ROSSI, LA STUDENTESSA CHE IL 3 AGOSTO 2011 PRECIPITÒ DA UN HOTEL DI PALMA DI MAIORCA – DOPO LE PROTESTE DEI GENITORI DELLA RAGAZZA È ARRIVATO IL DIETROFRONT: NIENTE BENEMERENZA PER ALESSANDRO ALBERTONI, 30ENNE, CAMPIONE ITALIANO DI MOTOCROSS – MA PERCHÉ IL GIOVANOTTO NON È AI SERVIZI SOCIALI?

Salvatore Mannino per il “Corriere Fiorentino”

 

MARTINA ROSSI

Il Coni ha disposto la revoca della benemerenza per meriti sportivi ad Alessandro Albertoni, uno dei due condannati in via definitiva a 3 anni di reclusione per tentato stupro di gruppo nell’ambito dell’inchiesta sulla morte della studentessa genovese Martina Rossi.

 

Lo fa sapere il comitato olimpico nazionale, che appresa con stupore la notizia, ha immediatamente revocato il premio che, frutto comunque di un automatismo per tutti i vincitori dei campionati italiani (Albertoni ha conquistato il titolo nel motocross), non verrà pertanto attribuito nella cerimonia prevista il prossimo 10 settembre ad Arezzo.

 

alessandro albertoni

Albertoni avrebbe dovuto essere almeno ai servizi sociali dopo la condanna definitiva per tentato stupro di gruppo che gli era stata inflitta quasi un anno fa dalla Cassazione e invece sabato prossimo ha rischiato di essere premiato dal Coni in una cerimonia per i benemeriti dello sport nella Sala dei Grandi della Provincia, uno degli scenari più solenni di Arezzo.

 

IL PADRE DI MARTINA ROSSI

Lui è Alessandro Albertoni, trentenne, campione italiano di motocross, ma soprattutto protagonista della storia di Martina Rossi, la studentessa genovese che il 3 agosto 2011 precipitò in circostanze mai del tutto chiarite dal sesto piano di un grande albergo di Palma di Maiorca e avvenuto, secondo la ricostruzione del verdetto, per sfuggire alla violenza sessuale dello stesso Albertoni e dell’amico Luca Vanneschi, coetaneo, entrambi di Castiglion Fibocchi, alle porte di Arezzo.

 

Il premio (per «meriti pregressi», aveva specificato il Coni) e la mancata punizione di legge hanno scatenato la reazione furibonda dei genitori di Martina, Bruno Rossi e Franca Murialdo, protagonisti di una lunga battaglia giudiziaria per ristabilire una verità di legge.

 

alessandro albertoni

«Siamo indignati e increduli – avevano detto, poco dopo aver saputo della notizia – speriamo ancora che sia tutto un equivoco. Non possiamo nemmeno immaginare che Albertoni, al posto dei servizi sociali in cui dovrebbe stare per evitare la galera – venga segnalato come un benemerito dello sport. Il Coni farebbe bene a chiarire». Da quanto spiegato dal Coni provinciale il riconoscimento era stato attribuito nel 2020 mentre la cerimonia è slittata poi a oggi in seguito alla pandemia.

 

Questa vicenda un po’ paradossale è ancora una volta il risultato della giustizia- lumaca, ovvero dei ritardi burocratici nella fase di esecuzione della pena che segue a una condanna definitiva. In teoria è tutto semplice: la Cassazione invia un fonogramma alla corte d’appello di Firenze, che aveva prodotto il verdetto confermato dai giudici del Palazzaccio lo scorso 7 ottobre, e si procede offrendo ai condannati, data l’esiguità della pena, sotto i tre anni, di scontarla ai servizi sociali invece che in carcere.

 

MARTINA ROSSI

 Possibilità della quale sia Albertoni che Vanneschi si sono già avvalsi per tramite dei loro avvocati. Solo che la realtà è quella di una montagna di richieste che si accumulano sui tavoli del giudice di sorveglianza di Firenze, con l’effetto che molti mesi dopo non c’è stato ancora il tempo di rispondere alla domanda e di procedere con l’affido in prova.

 

La storia di Martina è stato uno dei casi giudiziari più clamorosi degli ultimi anni. Prima il tragico volo all’alba, dal terrazzo della stanza 609 occupata da Albertoni e Vanneschi, dove la ragazza si era rifugiata mentre le amiche erano con i compagni dei due castiglionesi, poi la frettolosa archiviazione della polizia spagnola per la quale era solo un suicidio.

 

alessandro albertoni

La battaglia dei genitori per avere giustizia è durata dieci anni, con la riapertura del caso in Italia, la prima condanna dei due da parte del tribunale di Arezzo e la successiva clamorosa assoluzione in appello a Firenze. Verdetto altrettanto clamorosamente annullato dalla Cassazione. A seguire il nuovo verdetto, stavolta di condanna, dei giudici d’appello fiorentino, infine confermato dalla suprema corte.

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