DAGOREPORT – SE C’È UNO SPIATO, C’È ANCHE UNO SPIONE: IL GOVERNO MELONI SMENTISCE DI AVER MESSO…
MASSIMO CARMINATI NEGLI ANNI OTTANTA
Carlo Bonini per “la Repubblica”
Quanto pesa Massimo Carminati nelle dinamiche del Potere? Ne è uno snodo? Dove finisce il mito nero che lo precede e dove comincia la realtà? Quali informazioni privilegiate e ricatti maneggia per proteggere la sua immunità di Signore del “Mondo di Mezzo”?
Il 13 giugno 2013, al distributore Eni di Corso Francia, il suo ”ufficio all’aperto”, le cimici del Ros dei carabinieri catturano una lunga conversazione che suggerisce delle risposte. Carminati viene raggiunto da un vecchio amico e “camerata”.
Paolo Pozzessere, fino a pochi mesi prima direttore commerciale e responsabile delle commesse all’estero di Finmeccanica, travolto dall’inchiesta della Procura di Napoli per la quale, nel marzo scorso, verrà rinviato a giudizio con Valter Lavitola per corruzione internazionale (una tangente da 18 milioni di euro a Riccardo Martinelli, presidente della Repubblica di Panama).
È una conversazione che evoca ex ministri della Repubblica (Ignazio La Russa), sindaci (Alemanno), costruttori (Ligresti), direttori dei Servizi Segreti (Nicolò Pollari), i vecchi e i nuovi assetti di Finmeccanica (Borgogni, Pansa). E almeno un affare all’interno del Raccordo Anulare. La “Nuvola di Fuksas”.
UNA NUVOLA DI IMPICCI
Già, Pozzessere comincia da qui. Dalla nuvola dell’archistar Massimiliano Fuksas in costruzione all’Eur. Che sembra il motivo per il quale cerca Massimo e per il quale — dice lui — è stato sollecitato a sondarlo da «un’amica, una giornalista de La7» curiosa di capire cosa ne sappia “il Cecato” di quel cantiere infinito: 55mila metri quadri sulla Cristoforo Colombo destinati a ospitare il Nuovo Centro Congressi. Un appalto affidato nel 2007 per 272 milioni di euro e lievitato a 413.
alemanno tanto una brava persona
Carminati non è entusiasta della richiesta: «E che dovrei sape’? E poi, che io parlo co’ i giornalisti». Poi, bofonchia: «La nuvola, la nuvola... I soldi non l’ha cacciati il Comune, ma il Tesoro». L’altro allora chiede se non possa dare una mano Riccardo Mancini, che di Eur spa è stato l’ad. Carminati lo vuole tenere fuori: «Noooo. E comunque, lì hanno fatto carte false per la gara... C’erano talmente tanti impicci». La trascrizione della conversazione è interrotta da un “omissis”. Quando riprende la discussione dei due è su Finmeccanica.
UN RAGIONIERE AL COMANDO
Pozzessere è carico di disprezzo per Alessandro Pansa (in quel momento, ad): «Un ragioniere». «È un contabile. E a Finmeccanica non puoi mettere un contabile», conviene Carminati. Pozzessere insiste: «M’hanno detto che fa finta di non conoscere Lorenzo Cola». Carminati odia Cola. È stato la sua interfaccia in Finmeccanica. Fino a quando, arrestato per i fondi neri, non si è “buttato pentito”.
Lo definisce «un cesso», «un nazista ribattuto». E aggiunge: «Cola era l’antagonista di Borgogni (Lorenzo, ex capo delle relazioni istituzionali, ndr). Si soffiavano le commesse. Soltanto che Borgogni è più paraculo di Cola. E quindi le aziende che facevano capo a Cola le hanno sdraiate e invece quelle che facevano capo a Borgogni col cazzo che le hanno toccate».
ISABELLA RAUTI CON FIGLIO MANFREDI ALEMANNO
ALEMANNO E IL FIGLIO
Il rumore dell’autolavaggio disturba la cimice. Quando l’ascolto riprende, i due discutono di Alemanno, sconfitto alle comunali. Carminati è severo. «Ha raccolto quello che ha seminato. Non ha fatto un cazzo. E si è circondato di una banda di cialtroni». Pozzessere osserva: «Io e te non semo comunisti, ma va detto che a destra non ci sono manager». Carminati evoca la Destra forchettona: «Non c’è cultura. Quando arrivano lì fanno “Guarda... ‘Anvedi”. Come quelli che c’hanno una fame atavica ».
Pozzessere lo eccita: «E non parliamo di quello che ha combinato il figlio (Manfredi, ndr)». Carminati si fa feroce. «Che famiglia... È un mezzo scemo. Sta co’ Casa Pound e ha fatto danni mica solo a Porto Ercole dove se va l’ammazzano » (il riferimento è a una sanguinosa rissa in discoteca cui Manfredi ha partecipato, ndr). «Ha fatto danni a Ponte Milvio». Pozzessere lo interrompe: «Lui e l’amici suoi pischelli. Tutti pompati e pippati».
IL “MALATO” LA RUSSA E LIGRESTI
La conversazione vira su Ignazio La Russa. «Un giorno — dice Pozzessere — stavo nell’ufficio di Ignazio, quando era ministro della Difesa». Carminati lo interrompe: «Sì, che lui doveva anda’ all’Interno per pareggia’ i conti di Ligresti. Che poi lui è stato sempre socio della figlia. Fa il capo bene, lui. Me lo ricordo quando da ragazzino andavo a Milano. L’Msi erano lui e il padre.
COPERTINA DE IL MONDO CON SALVATORE LIGRESTI
Gli rompevano il cazzo e dicevano che era mafioso perché era amico di Ligresti. E lui: “È Ligresti che viene da me. No io da lui”. Però Ignazio deve sta’ attento alla “sorca”. È malato. E s’attacca pure... una cosa terribile. È sempre stato così».
Pozzessere ricorda di quando si tirava dietro la modella colombiana Debbie Castaneda negli incontri con La Russa. «Sai gli appalti... Ti avrebbe firmato qualunque cosa». E Pozzessere: «Me la portavo apposta».
L’AISI E POLLARI UNICO CAPO
Nel congedarsi i due fanno riferimento all’Aisi, il nostro Servizio segreto interno. Carminati — che, come documentano le carte dell’inchiesta, gode delle informazioni di almeno quattro poliziotti, due carabinieri e di un “mago” degli strumenti di intercettazione, che presenta come “Federico” e che immagina “dei Servizi” — chiede a Pozzessere notizie di un uomo il cui nome risulta “incomprensibile” a chi trascrive l’ascolto: «È sempre “chiuso” all’Aisi?».
Pozzessere glielo conferma e quindi parla di Nicolò Pollari, ex direttore dell’Aise travolto dal caso Abu Omar. I due convengono che «è stato l’unico vero capo dei Servizi». «L’hanno massacrato proprio per quello», ride Carminati. Che quindi, riferendosi al caso Abu Omar, chiosa: «Qui stanno in piedi tutti quelli che hanno lanciato la freccia. Qui c’entra Prodi, c’entra Berlusconi, c’entrano tutti».
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