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Fabrizio Peronaci per “www.corriere.it”
Dalle rapine in appartamento all’ultimo dei delitti eccellenti sulla piazza romana, quello del «Giuda», al secolo Angelo Angelotti, l’uomo che nel 1990 tradì il boss dei boss, «Renatino» De Pedis, e che nell’aprile di quattro anni fa cadde sotto una pioggia di proiettili a Spinaceto, nel corso di una rapina da subito considerata anomala.
L’arresto di Manlio Vitale detto «er Gnappa», 67 anni, capo riconosciuto della gang di 24 elementi ritenuta responsabile di una decina di agguati casalinghi avvenuti negli ultimi due anni, si sta rivelando un pozzo di San Patrizio per i carabinieri impegnati nelle indagini.
Oltre al filone-rapine (che ancora non viene considerato chiuso e vede impegnata anche la Squadra mobile), la Procura, nelle ultime ore, ha infatti esteso gli accertamenti alla morte di Angelotti, che di Vitale era amico da una vita, ma «con la gente di mala non si può mai dire, basta uno sgarro e pure i legami più profondi saltano», fa presente un investigatore.
Conflitto a fuoco «in diretta»
Dunque, a sorpresa, la vecchia Roma criminale, quella dei sopravvissuti ai pentiti, alle retate e ai regolamenti di conti della banda della Magliana, torna d’attualità. Il legame tra nuovi fatti e lontane mattanze è diretto.
Martedì 22 marzo sono previsti interrogatori a Palazzo di Giustizia e nulla trapela dal muro di riserbo alzato dal pubblico ministero Barbara Zuin. E’ possibile, tuttavia, ricostruire lo scenario con una certa precisione, proprio a partire dalla rapina che costò la vita al «Giuda». Erano le 4,30 di mattina del 28 aprile 2012.
ARRESTO ER GNAPPA PERQUISIZIONE
Una macchina con due fratelli, Luca e Andrea Polimadei, titolari di un «Compro Oro», uscì da un complesso residenziale di largo Buzzelli dopo l’apertura del cancello automatico: era ancora buio, ma le immagini sono nitide. I due erano diretti a Monaco per una fiera orafa e avevano appena posato sul sedile di dietro una valigetta con preziosi per 75 mila euro. Il filmato delle telecamere di sorveglianza mostra l’azione.
Sono 55 secondi sconvolgenti: il furgone bianco sperona la Smart, dal portellone salta fuori una coppia di banditi che si dirige verso l’auto dei gioiellieri, ma questi ultimi sono i più rapidi, pistola in pugno sparano a ripetizione, e il bersaglio grosso è proprio Angelotti, colpito a morte. Entrambi i complici, Giulio Valente e Stefano Pompili, restano feriti non gravemente. E il malloppo è salvo....
Caso riaperto
All’inizio poteva sembrare una rapina tragicamente uguale a tante altre, insomma, sventata grazie alla prontezza di riflessi delle vittime, in possesso di regolare porto d’armi. È nell’ottobre 2014, al processo d’appello, che arriva il colpo di scena: il caso, dopo la requisitoria del pg Otello Lupacchini, che lascia intravedere molto più di una legittima difesa, viene infatti riaperto.
Partono una nuova ricostruzione, il riesame delle perizie balistiche, la ricerca di complici... E arriviamo così al «Gnappa», agli ultimi sviluppi: l’amico fraterno di Angelotti, cresciuto assieme a lui a Tor Marancia, compagno fisso al ristorante di piazza Lotto e alla bisca poco distante, conosce forse qualche retroscena? Il dubbio era già emerso quando si era scoperto che Vitale, giorni prima, aveva accompagnato «il Giuda» a Spinaceto, si era pensato per indicargli il luogo dell’azione e, chi lo sa, fargli vedere da lontano i due fratelli. Come sodale, insomma.
DIVERSO SCENARIO
Alcune stranezze, a partire dalla dinamica del conflitto a fuoco, adesso sembrano però orientare gli inquirenti verso uno scenario differente: che in realtà Angelotti fosse stato portato in zona (da Vitale o altri) per essere «messo in mostra», per renderlo riconoscibile come obiettivo.
E, a complicare il giallo, ecco altri due elementi. Il primo è che «er Gnappa» ai Polimadei doveva dei soldi, il conto di una collana e di un orologio di valore. Il secondo è che Angelotti, in quella primavera 2012, era tornato libero da poco, appena uscito dalla lunga reclusione legata ai gravi reati compiuti, in primis l’abbraccio «infame» a De Pedis quel 2 febbraio 1990, usato come segnale per i killer in via del Pellegrino.
Amicizie, tradimenti, antichi rancori. Angelotti esce e, nel giro di pochi giorni, si ritrova «a bocca sotto» sull’asfalto. Fu un caso fortuito oppure un regolamento di conti a scoppio ritardato? La vecchia mala è ancora viva, feroce? Sono domande che inquietano, e non solo a Palazzo di Giustizia, dove i cancellieri tornano a scrollar via la polvere da fascicoli grondanti storie di sangue, che si credevano archiviate per sempre. (fperonaci@rcs.it)
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