RIUSCIRÀ SALVINI A RITROVARE LA FORTUNA POLITICA MISTERIOSAMENTE SCOMPARSA? PER NON PERDERE LA…
Luigi Ferrarella per il “Corriere della Sera”
Prima si sarebbero tenuti 11.000 euro perquisendo casa di uno spacciatore arrestato, e poi, quando hanno iniziato a temere di essere scoperti, sarebbero tornati a casa per rimetterceli, di certo entrando nel sistema informatico delle intercettazioni per cancellare due frasi che potevano comprometterli: un vice brigadiere e un appuntato scelto dei carabinieri in servizio nel 2017 a Rho sono stati posti agli arresti domiciliari con le accuse non solo di appropriazione indebita, falso ideologico e accesso abusivo a sistema informatico, ma anche di frode in processo penale e depistaggio.
Storia che sarebbe potuta emergere già nel 2018 da una colorita segnalazione, contro colleghi «tutti sporcaccioni» che avevano voluto «insabbiare», firmata da un altro militare: che però ne aveva ricavato un processo disciplinare, una denuncia alla Procura militare di Verona per insubordinazione (assolto), e un trasferimento.
Alla fine di un movimentato inseguimento a Stezzano, in provincia di Bergamo, il 18 settembre 2017 i carabinieri di Rho sequestrano 250 chili di marijuana e arrestano un cittadino marocchino in una grossa inchiesta antidroga del pm milanese Loredana Bartolucci, ma attestano di non aver trovato nulla nella perquisizione a casa, a Dalmine.
Quando la moglie dell' arrestato telefona in caserma e dice che non trova più 11.000 euro, i due carabinieri le dicono che si sbaglia di sicuro.
Ma restano spiazzati alle 21.10 del 19 settembre quando l' arrestato, chissà come con un cellulare, dal carcere telefona alla moglie intercettata e discute dei soldi spariti nella perquisizione: «Hai visto che ladri che sono?», «Adesso hai visto che hanno portato via 11». I due carabinieri inventano quindi una sopravvenuta esigenza investigativa per chiedere il 20 settembre l' ok a una nuova perquisizione, che la pm Bartolucci (pur senza poter immaginare che vogliano farla per poter rimettere in casa gli 11.000 euro) comunque nega; e allora ripiegano sul tornare lo stesso a casa, attestando d' aver reincontrato per caso la donna, di esserne stati invitati a salire a casa, e lì di averla aiutata a cercare meglio i soldi e (guarda caso) a ritrovarli.
Ma siccome resterebbe l' intercettazione, uno dei due carabinieri, che per servizio avevano legittimo accesso al sistema di intercettazione Mcr della società privata Area, alle 12.13 di quel 20 settembre modifica la trascrizione e cancella le due frasi sui soldi portati via. Cancellazioni che i file di log sono in grado di tracciare a ritroso, sempre però che ci sia un motivo di sospetto per andare a verificare.
E qui l' indagine della pm milanese Cristiana Roveda con i carabinieri di Monza ha avuto tre inneschi: l' interprete marocchino accortosi della discrepanza tra audio e trascrizione; un esposto anonimo del 12 febbraio 2019; e il ripescaggio appunto della relazione del 2018 del carabiniere tartassato.
«Sono accuse fondate solo su deduzioni», ribatte Francesca Lisbona, che difende i due militari avvalsisi della facoltà di non rispondere alla gip Alessandra Clemente, la quale in un primo tempo aveva ravvisato a Bergamo la competenza territoriale, poi radicata di nuovo a Milano dalla Cassazione. «Giuseppe Grande ha 22 anni di impeccabile servizio, Luigi Marcone addirittura 31 anni - rimarca l' avvocato -, sono carabinieri che fanno onore all' Arma e mai hanno avuto contestazioni, anzi le loro note caratteristiche sono eccellenti». Gli arresti risalgono a quasi un mese fa, tanto che nel frattempo la gip li ha sostituiti con l' obbligo di firma dopo che l' Arma ha sospeso i due dal servizio, ma né i vertici dell' Arma né quelli della Procura, entrambi solitamente non avari di comunicati, ne hanno mai dato notizia.
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