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COSA STA SUCCEDENDO IN CORSICA? - SPARATORIA VICINO ALL’AEROPORTO DI BASTIA, UN MORTO E 2 FERITI. KILLER IN FUGA – IL VENTO NAZIONALISTA SULL’ISOLA: AUTONOMISTI E SEPARATISTI SONO ANDATI AL GOVERNO E POLITICAMENTE SONO MOLTO PIÙ FORTI OGGI DI QUANDO METTEVANO LE BOMBE

bastia spari

Biagio Chiariello per www.fanpage.it

 

È di un morto e due feriti, di cui uno grave, il bilancio della sparatoria avvenuta oggi, 5 dicembre, in tarda mattinata nel parcheggio dell'aeroporto di Poretta-Bastia, in Corsica, in Francia.  I fatti si sono verificati sul comune di Lucciana, nel dipartimento di Haute-Corse. Secondo le prime informazioni la persona deceduta è stata uccisa con un colpo d'arma da fuoco alla testa; una seconda, 40enne, è ferita gravemente e una terza, di 35 anni, è stata ferita in modo lieve. La polizia sta dando la caccia a una vettura scura che potrebbe trasportare il presunto assalitore.

manifestazioni corsica

 

Non è chiaro se a bordo ci siano una o più persone, così come la natura e il motivo dell'attacco. L'aeroporto non è stato evacuato. Gli eventi si sono verificati poco prima delle 11:30. Secondo i primi elementi raccolti dai media transalpini, è scoppiata una sparatoria vicino alla stazione dei taxi. La vittima sarebbe deceduta sul posto. I feriti sono tratti in salvo dai vigili del fuoco intervenuti e poi subito trasferiti nel centro ospedaliero di Bastia. La persona avrebbe aperto il fuoco direttamente dall'interno dell'auto, anche se questo elemento non è confermato. Il veicolo, descritto come di colore scuro, è ancora ricercato. Il procuratore della Repubblica di Bastia, Caroline Tharot, si trova sul posto.

 

VENTO NAZIONALISTA IN CORSICA

Aldo Cazzullo per il “Corriere della Sera”

 

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C' è un' isola, a un braccio di mare dalla Sardegna e dalla Liguria, che si prepara a diventare l' ennesima mina vagante nell' Europa che perde i pezzi. In Corsica il clima è molto diverso da quello catalano. Non ci sono cortei contrapposti, tensioni, manganelli, arresti.

Anzi, gli indipendentisti hanno deposto le armi. E sono andati al governo.

 

La lista «Pè a Corsica», per la Corsica, che mette insieme gli autonomisti di Gilles Simeoni e i separatisti di Jean-Guy Talamoni, ha colto una netta vittoria al primo turno delle elezioni locali: 45,4% dei voti. Nel dicembre 2015 i «nazionalisti corsi» (così si definiscono) si erano presentati divisi, ottenendo rispettivamente il 17,6% e il 7,7, per poi vincere uniti al secondo turno. Stavolta hanno umiliato sia l' uomo di Macron, Jean-Charles Orsucci, sia la candidata della destra repubblicana, Valérie Bozzi. Un' altra lista separatista, U Rinnovu, ha preso il 6,7%, e sarà all' opposizione perché considera i vincitori troppo moderati. Non pervenuta la sinistra.

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È difficile pensare una Corsica indipendente, per una ragione prosaica: i secessionisti sono quasi sempre i ricchi, come baschi e catalani in Spagna; i 300 mila corsi sono più poveri della media dei francesi, e da Parigi hanno avuto molto, compreso uno statuto speciale che ha infranto il tabù centralista. Ma in Europa si è messa in movimento una forza centrifuga che rende tutto possibile, o almeno ipotizzabile.

 

La Corsica ha un' antica e fiera tradizione isolana: quando la comprarono da Genova, i francesi ne presero il controllo con le armi; il sogno indipendentista di Pasquale Paoli partorì la Costituzione più avanzata d' Europa, che già a metà del Settecento prevedeva il voto alle donne. Ma nel secolo scorso la Corsica era stata all' apparenza conquistata alla causa francese. Diecimila corsi morirono per la Francia nella Grande Guerra. Era corso Charles Pasqua, Monsieur Sécurité, storico ministro dell' Interno che a lungo si è presentato come simbolo dello Stato francese e della sua integrità. Il terrorismo è stato sconfitto o assorbito dal sistema. Ma autonomisti e separatisti sono politicamente molto più forti - e più pericolosi per i fautori dell' unità nazionale in un' Europa inclusiva - oggi di quando mettevano le bombe.

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La causa catalana è in stallo.

 

Le attesissime elezioni del 21 dicembre rischiano di rivelarsi non risolutive: il fronte unionista e quello separatista si equivalgono, e Madrid ha già dimostrato di essere pronta a usare la forza dei tribunali e della Guardia Civil pur di impedire non solo la secessione, ma pure un referendum che la proponga. I catalanisti hanno commesso una serie di errori, a cominciare dal più grave: considerare l' assenza di un governo stabile a Madrid come l' occasione per uno strappo.

 

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È accaduto il contrario: Rajoy, che guida un esecutivo di minoranza, esce finora rafforzato dalla prova. Si presenta come il garante dell' unità spagnola, con il pieno appoggio della monarchia e financo dell' opposizione socialista. La Germania, che pure ha i suoi guai, gli ha dato una mano premiandolo della lunga fedeltà alla Merkel, confermata dall' appoggio ad Amsterdam contro Milano nella corsa all' Agenzia del farmaco. Ma non è certo un' Europa in salute quella che vede moltiplicarsi i fronti di crisi, compresa la faglia che si è aperta in Irlanda, dove il confine tra l' Ulster leale alla corona e la Repubblica irlandese è tornato con la Brexit a essere una linea di frattura.

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L' Italia non può stare tranquilla. Troppo incerto l' esito delle prossime elezioni. Troppo alto il pericolo che un periodo di «vacatio» e di instabilità dia voce a istanze ambiguamente in bilico tra federalismo e secessione. Il Veneto ha votato in massa per l' autonomia. Ma le bandiere con il Leone di San Marco che a oltre un mese dal referendum continuano a sventolare da Venezia al Piave, da Verona al Grappa, indicano una tensione separatista che è forse ancora minoritaria, ma esiste; e sarebbe ipocrita negarla. Zaia assicura che non intende agitare gli animi. Ogni piccola patria (definizione forse riduttiva per le Venezie, che furono uno Stato per mille anni) fa storia a sé.

 

Ma una tendenza comune si può individuare: la crisi non è solo dei partiti tradizionali, è della rappresentanza politica, della democrazia rappresentativa; alla debolezza dell' Europa non corrisponde un rafforzamento degli Stati; quando si vota per i Parlamenti nazionali vincono l' astensione e la frammentazione, ma quando si vota per i campanili vincono le forze localistiche, i dialetti, i territori, le identità, gli interessi particolari.

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