liste d'attesa sanità

LA SANITA’ SEMPRE PIU’ VICINA AL COLLASSO! BOOM DI VISITE MEDICHE PRIVATE, ORA LE LISTE DI ATTESA SONO SEMPRE PIÙ LUNGHE METTENDO PER DI PIÙ IN CRISI ANCHE FONDI E CASSE SANITARIE INTEGRATIVE - LA DENUNCIA DI WELFARE&SALUTE: DALLE DICHIARAZIONI DEI REDDITI EMERGE UN AUMENTO DEL 13,7% DEI COSTI IN 4 ANNI – COLPITI ANCHE I GIORNALISTI: LA CASAGIT HA ANNUNCIATO FRANCHIGIE IN RIALZO E AUMENTO DEI CONTRIBUTI IN GENERALE

Paolo Russo per la Stampa - Estratti

liste d'attesa sanità

«Sono stata ricoverata per un versamento pleurico dovuto a insufficienza cardiaca. A 92 anni, al momento di dimettermi mi hanno raccomandato di eseguire controlli periodici al cuore senza però sapermi indicare una sola struttura pubblica che potesse prendermi in carico qui a Roma. Allora ancora una volta mi sono rivolta al cardiologo di un grande ospedale pubblico che mi segue per 200 euro a visita.

 

Ma mi sono sentita rispondere che anche la sua agenda privata era piena e che avrebbe visto se inserirmi più in là, magari la sera».

 

Maria Carmela Silvestri racconta una storia che sta diventando comune a molti pazienti, «perché le liste di attesa sempre più lunghe nel pubblico stanno allungando i tempi anche nel privato, mettendo per di più in crisi fondi e casse sanitarie integrative», spiega Ivano Russo, presidente dell’Osservatorio Welfare&Salute, che monitora il terzo settore della nostra sanità sempre più vicina al collasso, e non più solo nel pubblico.

 

 

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Secondo i dati dell’Osservatorio, infatti, nell’ultimo anno e mezzo la percentuale di richieste di rimborso rispetto a premi e contributi versati a fondi e mutue è salita dal 50 al 65%, «costringendo molte realtà del terzo settore a programmare aumento dei contributi da un lato e tagli alle prestazioni dall’altro», spiega sempre Russo.

 

Per 115 mila lavoratori del settore editoria e carta iscritti al fondo SaluteSempre scatterà a breve un aumento delle franchigie sull’alta specializzazione, sugli accertamenti diagnostici e sulle visite specialistiche. Peggio ancora va ai giornalisti ma anche a chi, pur non appartenendo alla categoria, si è iscritto alla Casagit. Con una mail, la cassa ha annunciato franchigie in rialzo e aumento dei contributi in generale. Questo perché, viene specificato, «l’allungamento delle liste d’attesa e l’aumento delle spese sanitarie private per visite specialistiche, indagini diagnostiche e ricoveri hanno avuto ripercussioni significative sulla nostra realtà».

 

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«Questo - assicura il presidente dell’Osservatorio Welfare&Salute - accadrà in molte realtà del terzo settore». Anche perché a mandare in debito d’ossigeno sanità privata e mutue è la fuga sempre più massiccia dal pubblico generata dalle liste di attesa e da un’assistenza territoriale che non riesce a prendersi carico dei sempre più numerosi anziani cronici.

 

Per capire meglio basta vedere i dati raccolti dai Caf delle Acli. L’analisi dei “730” presentati quest’anno evidenzia infatti il peso crescente di costi sostenuti privatamente dalle famiglie per la salute, che salgono del 13,7% rispetto alle dichiarazioni del 2020, con una punta del 24,7% per le spese specialistiche.

 

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Che si tratti di orfani della sanità pubblica lo dice un altro dato, quello delle ricevute per il rimborso dei ticket, in calo del 3,5%, mentre la somma media portata in detrazione per le spese sanitarie sostenute dai contribuenti è arrivata oramai a 1.244 euro, al netto della franchigia di 129 euro. Ma se le medie le andiamo a calcolare per fasce di reddito vediamo che il ricorso al privato genera sempre più discriminazioni sociali, perché sotto i 75 mila euro di reddito l’importo medio detratto è di 1.061 euro, mentre i più ricchi portano in detrazione quasi il doppio: 1.922 euro. Come a dire che per aggirare le liste di attesa chi può paga, chi non può salta visite e accertamenti.

 

Colpa dei tagli inferti alla sanità per 15 anni e delle carenze di personale, ma anche di una scarsa produttività. I dati di Agenas (Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali) dicono infatti che nel primo semestre dello scorso anno sono state eseguite 100 milioni di visite e prestazioni di radio diagnostica, 10 milioni in meno dell’analogo periodo del 2019, «nonostante siano stati nel frattempo inseriti nel Servizio sanitario nazionale 40 mila dipendenti in più»

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