DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Paolo Russo per la Stampa - Estratti
«Sono stata ricoverata per un versamento pleurico dovuto a insufficienza cardiaca. A 92 anni, al momento di dimettermi mi hanno raccomandato di eseguire controlli periodici al cuore senza però sapermi indicare una sola struttura pubblica che potesse prendermi in carico qui a Roma. Allora ancora una volta mi sono rivolta al cardiologo di un grande ospedale pubblico che mi segue per 200 euro a visita.
Ma mi sono sentita rispondere che anche la sua agenda privata era piena e che avrebbe visto se inserirmi più in là, magari la sera».
Maria Carmela Silvestri racconta una storia che sta diventando comune a molti pazienti, «perché le liste di attesa sempre più lunghe nel pubblico stanno allungando i tempi anche nel privato, mettendo per di più in crisi fondi e casse sanitarie integrative», spiega Ivano Russo, presidente dell’Osservatorio Welfare&Salute, che monitora il terzo settore della nostra sanità sempre più vicina al collasso, e non più solo nel pubblico.
Secondo i dati dell’Osservatorio, infatti, nell’ultimo anno e mezzo la percentuale di richieste di rimborso rispetto a premi e contributi versati a fondi e mutue è salita dal 50 al 65%, «costringendo molte realtà del terzo settore a programmare aumento dei contributi da un lato e tagli alle prestazioni dall’altro», spiega sempre Russo.
Per 115 mila lavoratori del settore editoria e carta iscritti al fondo SaluteSempre scatterà a breve un aumento delle franchigie sull’alta specializzazione, sugli accertamenti diagnostici e sulle visite specialistiche. Peggio ancora va ai giornalisti ma anche a chi, pur non appartenendo alla categoria, si è iscritto alla Casagit. Con una mail, la cassa ha annunciato franchigie in rialzo e aumento dei contributi in generale. Questo perché, viene specificato, «l’allungamento delle liste d’attesa e l’aumento delle spese sanitarie private per visite specialistiche, indagini diagnostiche e ricoveri hanno avuto ripercussioni significative sulla nostra realtà».
«Questo - assicura il presidente dell’Osservatorio Welfare&Salute - accadrà in molte realtà del terzo settore». Anche perché a mandare in debito d’ossigeno sanità privata e mutue è la fuga sempre più massiccia dal pubblico generata dalle liste di attesa e da un’assistenza territoriale che non riesce a prendersi carico dei sempre più numerosi anziani cronici.
Per capire meglio basta vedere i dati raccolti dai Caf delle Acli. L’analisi dei “730” presentati quest’anno evidenzia infatti il peso crescente di costi sostenuti privatamente dalle famiglie per la salute, che salgono del 13,7% rispetto alle dichiarazioni del 2020, con una punta del 24,7% per le spese specialistiche.
Che si tratti di orfani della sanità pubblica lo dice un altro dato, quello delle ricevute per il rimborso dei ticket, in calo del 3,5%, mentre la somma media portata in detrazione per le spese sanitarie sostenute dai contribuenti è arrivata oramai a 1.244 euro, al netto della franchigia di 129 euro. Ma se le medie le andiamo a calcolare per fasce di reddito vediamo che il ricorso al privato genera sempre più discriminazioni sociali, perché sotto i 75 mila euro di reddito l’importo medio detratto è di 1.061 euro, mentre i più ricchi portano in detrazione quasi il doppio: 1.922 euro. Come a dire che per aggirare le liste di attesa chi può paga, chi non può salta visite e accertamenti.
Colpa dei tagli inferti alla sanità per 15 anni e delle carenze di personale, ma anche di una scarsa produttività. I dati di Agenas (Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali) dicono infatti che nel primo semestre dello scorso anno sono state eseguite 100 milioni di visite e prestazioni di radio diagnostica, 10 milioni in meno dell’analogo periodo del 2019, «nonostante siano stati nel frattempo inseriti nel Servizio sanitario nazionale 40 mila dipendenti in più»
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