DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Jessica D'Ercole per “la Verità”
Nella cultura popolare ancora oggi esistono parecchie superstizioni legate agli animali, in gran parte tramandate da tempi antichissimi. In Italia, Stati Uniti e Spagna, ad esempio, vedere un gatto nero che attraversa la strada è segno di sventura. Una leggenda che risale al Medioevo, quando di notte i loro occhi gialli spaventavano i cavalli. Considerati creature sataniche (c' era anche chi pensava che fossero la reincarnazione delle streghe) i gatti neri furono persino oggetto di persecuzioni: nel 1233, ad esempio, papa Gregorio IX diede disposizione di sterminarli tutti.
Gufi e civette, poi, hanno fama di uccelli del malaugurio. Nell' antica Roma e nell' Europa medioevale, si diceva che di notte le streghe si trasformassero in gufi. Il loro richiamo era un presagio di sventura: vuole la leggenda che la morte di Giulio Cesare e di Augusto fosse stata annunciata da questi animali. Per allontanare il male, i romani inchiodavano un gufo morto alla porta: una credenza sopravvissuta fino al XIX secolo. Anche il grido della civetta costituiva un terribile presagio.
Un tempo si credeva addirittura che se avesse cantato vicino alle finestre della camera di un malato, il poveretto sarebbe campato poco. Ma non era certo l' ammalato ad attirare i pennuti: la candela lasciata accesa tutta notte sul davanzale per assisterlo attirava le falene. E quegli insetti, per i volatili, rappresentavano un sontuoso pasto.
La brutta reputazione del corvo inizia invece nel libro della Genesi: mandato in esplorazione da Noé, ne approfittò per nutrirsi delle carcasse che galleggiavano sull' acqua, mentre la colomba tornava reggendo il famoso ramo d' ulivo. Con le loro scure penne lucide, gli occhi come perle nere e l' abitudine di nutrirsi di carogne, i corvi sono stati da sempre associati alla stregoneria e all' oscurità.
Anche il picchio era considerato un uccello funesto, per via del lugubre «tam tam» prodotto dal suo becco contro i rami. Mentre l' upupa, per Ugo Foscolo «l' uccello immondo dal luttuoso singulto», fu riabilitata da Eugenio Montale che la definì «uccello calunniato dai poeti». Anche le farfalle avevano il loro linguaggio esoterico. Ad esempio la «testa di morto», così chiamata per il disegno a forma di teschio che ha sul torace, era senz' altro considerata portatrice di iella.
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