RIUSCIRÀ SALVINI A RITROVARE LA FORTUNA POLITICA MISTERIOSAMENTE SCOMPARSA? PER NON PERDERE LA…
Filippo di Giacomo per il Venerdì-la Repubblica
I l 13 dicembre Jorge Mario Bergoglio taglierà un importante traguardo: 50 anni di sacerdozio. Nato il 17 dicembre 1936, ha ricevuto l' imposizione delle mani nel 1969. È vescovo da 27 anni e Papa da sei e otto mesi.
Negli ultimi tempi pare che in Vaticano, nelle abituali sessioni di sussurri e spifferi, alludano a lui come al Terminator.
Avrebbe cioè fatto precipitare le strutture curiali nella definitiva e irreparabile decadenza: le sezioni della segreteria di Stato, la Rota Romana, il capitolo di San Pietro, la cappella musicale, l' annona (i supermercati vaticani), il sistema finanziario della Santa Sede, i beni culturali, l' Università lateranense, il seminario romano, il vicariato di Roma, un numero consistente di diocesi italiane ed estere.
tutti in banca Nessuno si è ancora azzardato a riportargli, nei pur chiacchieroni corridoi curiali, l' epiteto che, tra i vaticanisti, suscita sorrisi ogni qualvolta si annuncia il capitombolo di un personaggio considerato potente perché nella manica del Pontefice: «Lo sterminatore dei chierici». E qui l' allusione è ai tanti sconosciuti personaggi, persino insigniti dell' episcopato, chiamati a ruoli apicali e spesso celermente rivelatisi inadatti oppure moralmente o penalmente esposti. Un mistero, questo, che neppure i più convinti ammiratori di papa Francesco riescono a spiegare.
D' altronde, quale giustificazione può avere la nomina del plurinquisito (anche per abusi sessuali) ex vescovo di Oràn, in Argentina, monsignor Gustavo Óscar Zanchetta (in un' intervista, papa Francesco spiegava così la rimozione: «perché economicamente disordinato») all' Apsa, Amministrazione del patrimonio apostolico, con l' incarico di rimettere in ordine i conti della Banca vaticana? E quale teoria di management può giustificare l' avere rafforzato questa scelta inviando a presiedere l' Apsa quel monsignor Nunzio Galantino che era stato obbligato dai suoi confratelli a lasciare la segreteria generale della Chiesa proprio perché insoddisfatti della gestione dei fondi dell' otto per mille?
papa francesco e papa benedetto XVI
fondi riservati Da sempre, e fino a Benedetto XVI, l' appellativo criptato dei curiali per alludere al pontefice regnante era "Il Supremo". Ed era come dire che il Papa, qualunque fosse, era la punta di una piramide fatta di figure, strutture e, soprattutto, da una pluralità di "amministrazioni" ufficiali e, a quanto si sta apprendendo, anche "riservate" raggruppate sotto la dizione "Vaticano".
Quelle ufficiali, desumibili dai volumi che raccolgono Leggi e disposizioni usuali dello stato della Città del Vaticano del canonista Winfried Schulz sono 17, ognuna con regolamenti, patrimoni, bilanci e livelli retributivi diversi. Cosa che in uno Stato che dichiara 4810 dipendenti è già una caratteristica fantasiosa. Poi ci sono le amministrazioni riservate che regolano, con inaccessibili leggi, i tesoretti (chiamati "fondi riservati") di almeno 64 enti tra segreteria di Stato, dicasteri, nunziature e uffici vari. Il numero preciso? Probabilmente è sconosciuto anche al Pontefice.
Ciò che è palese, è che papa Francesco non ha mai voluto metterci mano, delegando ad altri il compito di indagare e cercare di sistematizzare tutto in chiave moderna e trasparente. Anzi, il primo segnale, qualche mese dopo la sua elezione, è stato il "dichiararsi fuori", rinunciando ad oltre il 50 per cento dell' appannaggio annuale (50 milioni, e comportava, grazie ai soliti "fondi riservati", le spese di manutenzione e gestione del palazzo apostolico e della pletora di personaggi che vi sono stipendiati).
Nessuno ha seguito il suo esempio dal 2013 fino all' ottobre scorso.
60 sloane avenue Forse qualcuno si convertirà dopo le rivelazioni del Financial Times sull' acquisto da parte della Santa Sede, verosimilmente con i "fondi riservati" amministrati dal sostituto alla segreteria di stato, dell' immobile londinese di Sloane Avenue 60, nel quartiere di Chelsea. Fatta la tara da fake news e relative manipolazioni, l' affaire londinese svela che ai tempi di Bergoglio in Vaticano sanno ancora bene come evangelicamente fare perché la mano destra non sappia cosa fa la sinistra.
Con effetti quasi comici. Leggendo le carte più o meno ufficiali, la "banca di Stato vaticana" Apsa opererebbe (paga anche migliaia di stipendi e pensioni) solo con dieci conti presso lo Ior, in differenti valute: 30 milioni in euro, 14,3 milioni in titoli, 500 mila dollari americani, 26 mila dollari canadesi, 80 mila sterline, 36 mila franchi svizzeri. Se fosse vero, non avrebbe mezzi neanche per far pulire le strade e i giardini del Vaticano.
Di tesori e tesoretti nascosti si iniziò a parlare dopo l' era Marcinkus-De Bonis, i due vescovi coinvolti nei micidiali imbrogli del Banco Ambrosiano e in altre vicende mai chiarite come il passaggio di denaro, via Ior, dei fondi occulti destinati alla polacca Solidarnosc e alle altre resistenze antisovietiche di Croazia, Slovenia, Germania dell' Est e l' allora Cecoslovacchia.
Ad Angelo Caloia, presidente dello Ior dal 1989 al 2009, vanno riconosciuti, seppure felpati e senza spinte oltranziste, gli sforzi per far emergere l' enorme sommerso delle stanze curiali. Ragion per cui fu la prima vittima di un sistema che ha "liquidato" via via con ignominia quanti hanno pensato di poter mettere occhi e intelligenza nei cassetti altrui: da Ettore Gotti Tedeschi a Libero Milone, dal cardinale australiano George Pell al tedesco Ernest von Freyberg, più una numerosa schiera di esperti esteri del calibro di Mary Ann Glendon.
Tutti "espulsi" dal sistema nonostante le indicazioni prima di Benedetto XVI e poi, sempre più insistenti, di Francesco. Che il 14 novembre ha nominato prefetto del segretariato dell' economia il gesuita spagnolo Guerrero Alves. Si è appreso che è stato "prestato" dalla Compagnia di Gesù al loro confratello pontefice: resterà dunque semplice sacerdote e terminato il mandato tornerà là da dove è venuto. In altre parole, non avrà l' affanno di sintonizzarsi con alcuno poiché non farà "carriera" ecclesiastica.
Non dimentichiamo che, negli anni 80, furono i gesuiti a pianificare la grande fuga degli Istituti religiosi internazionali, soprattutto quelli missionari, dallo Ior; organizzando fondi comuni garantiti da banche di Giappone, Singapore e Hong Kong.
Con sguardo lucido e un realismo a prova di chiacchiere, hanno spostato uomini e risorse sul confine (la "periferia"), dove la Chiesa di questo millennio affronterà le maggiori sfide. Guerrero Alves è un esperto di dismissioni: come provinciale, ha ristrutturato la presenza della Compagnia in terra iberica anche "uscendo" da opere e case non più in sintonia con i gesuiti contemporanei. Sa rompere e sa ricostruire. Perché, mentre la curia affonda, la Chiesa avanza.
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