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“LE AVANGUARDIE CULTURALI SONO MORTE, LE HA UCCISE INTERNET” - LO SCRITTORE BARRY MILES: “LA COMUNICAZIONE ISTANTANEA HA FATTO SPARIRE LA NATURA ‘AVANTI’ DEI MOVIMENTI ARTISTICI - L'AVANGUARDIA NON PUÒ AFFERMARSI SENZA UN TEMPO DI ANONIMATO. L'UNDERGROUND È DIVENTATO UNO STATO MENTALE”

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BARRY MILESBARRY MILES

Marco Zatterin per “la Stampa”

 

Le avanguardie culturali sono morte, le ha uccise Internet. «Mi spiace, ma è così», ammette Barry Miles quasi sottovoce. L'argomento dello scrittore britannico, testimone di oltre mezzo secolo di controculture a cavallo dell' Atlantico, è che «la comunicazione istantanea abbia fatto sparire la natura "avanti" dei movimenti di pensiero artistico», e questo perché «l' avanguardia non può affermarsi senza attraversare un tempo di anonimato, una fase in cui al grande pubblico sia preclusa la conoscenza di quanto succede nelle cantine nei teatri "off"». Esistono ancora movimenti "contro", concede. Tuttavia l' underground ha cambiato pelle: «Da spazio fisico, e terreno di scontro fra talenti senza limiti, è diventato uno stato mentale».

BARRY MILESBARRY MILES

 

C' è un cappuccino fuori orario e un bicchiere di acqua sul tavolo che un ombrellone protegge dal sole che picchia su piazza della Cittadella. Barry Miles è signore gentile, ha spessi occhiali e una folta capigliatura bianca che lo fa sembrare più giovane. Lui è l' uomo che ha fatto riscrivere la celebre battuta sugli Anni Sessanta, quella secondo cui «chi li ha vissuti intensamente non se lo ricorda».

 

La nuova versione è «se eri al centro dell' azione nei Sixties e ne conservi la memoria, allora devi essere Barry Miles». Proprio così. Il giornalista nato a Cirencester nel 1943 vanta nel curriculum l' apertura di una libreria underground con le pareti dipinte da Paul McCarthy, l' organizzazione del più importante reading londinese della Beat generation, l' amicizia con Ginsberg, Borroughs, Zappa e i Clash, più una dozzina di volumi in cui ha ricostruito le epopee degli anni in cui si inseguiva «la confusione dei sensi», costruttiva nei limiti del possibile e della stonatura.

 

PAUL McCARTNEYPAUL McCARTNEY

Una conversazione con Miles offre continuamente occasioni in cui perdere il filo. Dagli incisi spuntano storie come «sai, nell' armadio a casa di Macca [McCartney, ndr] ho visto le uniformi di Sgt. Pepper». Oppure «sì, credo di avere ancora il nastro con l' inedito dei Beatles». Poi però si ritorna sempre alle radici della cultura occidentale moderna come la conosciamo, talvolta pure per riscriverla.

 

La libreria underground «La vera "Summer of Love" non è quella californiana del 1967, bensì quella londinese di due anni prima», assicura l' autore di London Calling , portolano dell' Underground pubblicato da Edt, patron del primo Ulissefest di Bergamo. Davvero? «Successe quando la poesia entrò nel mondo dei concerti rock». I beat americani Allen Ginsberg, Lawrence Ferlinghetti e Gregory Corso - in un cast che spaziava dalla Finlandia alla Nuova Zelanda - fecero tremare l' Albert Hall l' 11 giugno 1965: «Settemila persone dentro e migliaia fuori, un evento straordinario che impose la nuova avanguardia anche in Europa».

john lennon e paul mccartney in conferenzajohn lennon e paul mccartney in conferenza

 

Poche settimane più tardi Miles lanciò Indica, la libreria controculturale, insieme con due amici, John Dunbar e Peter Asher. «Peter viveva ancora con i genitori», sorride lo scrittore, «con la sorella che era fidanzata con Paul McCartney». Il contatto col futuro baronetto fu immediato. «Paul fu il nostro primo cliente e non solo. Il giorno dell' inaugurazione di Indica arrivò con la sua Aston Martin e ci consegnò dei fogli di carta che aveva colorato a mano da usare per confezionare i pacchi». Un anno dopo, Miles ospitò una mostra di Yoko Ono. E fu lì che la giapponese conobbe John Lennon.

 

zappa zappa

«Paul amava vagare per Londra per captare cosa succedeva nei locali, era come se avesse una grande antenna accesa per capire cosa accadeva di nuovo».

 

Le mete preferite erano il West End e Soho. Non poteva che succedere lì, in quel momento. «Era il quartiere della rivolta, l' unico al quale le autorità guardavano con relativa tolleranza». Già dalla fine della Seconda guerra mondiale, gli artisti più provocatori avevano occupato l' area, stanziandosi a Fitzrovia. Lì bevevano, si drogavano, facevano sesso con leggerezza, conducendo vite al limite che provavano le esistenze.

 

jack kerouac jack kerouac

«L' Inghilterra era un paese davvero conservatore, perseguiva gli omosessuali e teneva la vite stretta sugli stupefacenti». Tra i resistenti, oltre agli immigrati italiani e francesi, c' erano gli artisti. Che rispondevano sfidando il sistema in modo più o meno accettabile e legale.

 

La nascita del punk L' aria era frizzante e grave allo stesso tempo nei territori londinesi. «Quando sono arrivato a New York è stato come se mi togliessero un peso dalle spalle», ammette Miles, che a inizio Anni Settanta si trasferì prima nell' appartamento di Ginsberg - «uno che amava il sesso a dismisura e piangeva a Big Sur nel ricordo di Kerouac» - e poi al Chelsea Hotel di New York, ultima frontiera che nemmeno Star Trek . Sono gli anni in cui diventa amico di William Burroughs e Frank Zappa, che se costretto a scegliere butterebbe giù dalla torre al posto di un McCartney «meno aggressivo».

Jamie Reid poster per luscita del disco Pretty vacant dei Sex Pistols stampa su carta Jamie Reid poster per luscita del disco Pretty vacant dei Sex Pistols stampa su carta

Vite frenetiche. Irrequiete.

 

Miles torna a Londra giusto per scoprire i Clash e partecipare alla nascita del punk.

«Strummer e gli altri erano diversi dai Sex Pistols, avevano un vero desiderio di cambiare il mondo e attaccare l' establishment, sapevano suonare», puntualizza. «Dimostrarono che il punk come movimento culturale era reale», insiste. Però «finì quando si diffuse la convinzione che tutti potessero suonare, cosa che non era vera; magari funziona in concerto, però in studio è un' altra cosa: la musica non era buona abbastanza». Addio al mito.

 

Clash London CallingClash London Calling

A Miles non sono dispiaciuti gli Anni Ottanta, «c'era la stessa energia dei Sessanta». Ma è proprio nei Sixties che vorrebbe ritornare se trovasse una lampada magica per viaggiare nel tempo. «Mi piacerebbe, anche se mi sforzo di guardare avanti». Pensa a un libro su Soho, in cui parlare di eroi e ubriaconi, musicisti e poeti, gangster e puttane allegre. E pensa all' avanguardia uccisa da Internet.

 

The Clash White Riot e p custodia del disco x cm coll priv RomaParigi The Clash White Riot e p custodia del disco x cm coll priv RomaParigi

 

 

 

 

 

«La controcultura resta, l'underground ha bisogno di tempi difficili», riassume. «Potrete trovarla nelle città più tese, magari ad Atene in crisi». Non sarà «avanti», visto che lo sapremo subito con un tweet. Fine della storia? Miles beve un sorso d' acqua e scuote il capo. «Avremo sempre spiriti bohémien, determinati a vivere nonostante establishment forti e persuasi a perseguire la "confusione dei sensi" che accende la scintilla dell' arte che infiamma». Contesti diversi in cui altri Allen, Paul, Frank e Joe potranno illuminare molte vite. Forse anche le nostre. Presto.