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«Sono stato vittima dei mass-media in quella storia». Bill Clinton torna a parlare dello scandalo Lewinsky, sottolineando di essere stato molto dispiaciuto per quello che è successo, ma non ritenendo di doversi scusare con lei privatamente.
«Molti dei fatti sono stati omessi per far funzionare la storia - ha dichiarato l’ex presidente durante un’intervista per promuovere il suo libro “Il presidente è scomparso” - Penso che in parte i media siano frustrati dal fatto di avere in mano tutte queste gravi accuse contro l'attuale occupante dello Studio Ovale e che i suoi elettori non sembrino curarsene».
Clinton si è poi lamentato di essere uscito dalla Casa Bianca finanziariamente con le ossa rotte a causa dei costi associati alle conseguenze legali delle sue azioni. «Nessuno pensi che ne sia uscito senza pagare il conto - ha detto - Ho lasciato la Casa Bianca con 16 milioni di dollari di debiti».
Stefania Saltalamacchia per "www.vanityfair.it"
«A guardarsi indietro, usando adesso la lente del #MeToo, la pensa in modo diverso, o sente una maggiore responsabilità?». A 20 anni dal «sexgate» Bill Clinton ha dovuto rispondere a questa domanda, ospite della NBC, ripensando alla relazione sessuale che ebbe con Monica Lewinsky, 22enne al suo primo stage alla Casa Bianca, quando lui ne era il presidente. E la sua risposta non è piaciuta a molti.
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«Mi sono sentito malissimo allora e in seguito ho dovuto fare i conti con tutto questo. Ma penso di aver gestito la situazione nel modo giusto», ha dichiarato l’ex presidente al conduttore Craig Melvin, aggiungendo una serie di giustificazioni.
«È successo 20 anni fa. Due terzi degli americani si erano schierati con me». Come a dire che il clima dell’epoca potesse alleggerire le sue responsabilità. Clinton, infatti, continua a difendere la sua decisione di non essersi dimesso dopo lo scandalo: «Penso di aver fatto la cosa giusta, ho difeso la Costituzione».
Inoltre ha spiegato di non essersi mai scusato personalmente con Lewinsky: «No, non l’ho fatto. Non le ho mai più parlato direttamente. Ma ho detto pubblicamente in più di un’occasione che mi dispiaceva, le mie scuse sono state pubbliche».
Le sue scuse «ufficiali», ricordiamo, furono nel discorso durante la National Prayer Breakfast del 1998, poi passata alla storia: «Non penso che ci sia un modo piacevole per dire che ho peccato», disse il presidente, «È importante per me che ogni persona che sia stata ferita sappia che il dolore che provo è sincero: prima, e più importante di tutti, la mia famiglia; poi i miei amici, il mio staff, i membri del mio gabinetto, Monica Lewinsky e la sua famiglia, e il popolo americano. Ho chiesto il perdono di tutti loro».
Ma, a quanto pare, non alzò mai la cornetta. E scusarsi in un contesto pubblico, hanno fatto notare molti osservatori americani in queste ore, «non è la stessa cosa che chiedere a Lewinsky personalmente scusa».
Clinton poche ore dopo, mentre la polemica si faceva sempre più aspra, ha voluto precisare le sue posizioni: «Prima cosa, non ho mai detto che non mi sono mai scusato per quello che mi ha causato tutti i problemi di 20 anni fa.
L’ho fatto, mi sono scusato con la mia famiglia, con Monica Lewinsky e la sua famiglia e con il popolo americano», ha dichiarato durante un incontro a New York, «E la seconda cosa è che sostengo il movimento #MeToo e penso di avere sempre cercato di sostenerlo nelle decisioni e nelle politiche che ho portato avanti».
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La stessa Monica, oggi 44enne, dopo lo scoppio del caso Weinstein e della conseguente ondata di denunce, aveva voluto scrivere un saggio per Vanity Fair America, riflettendo sul potere e sugli abusi nell’epoca del movimento #MeToo.
«Negli ultimi mesi», ha fatto sapere lo scorso febbraio, «Ho cominciato a ridefinire le implicazioni della diversa concentrazione di potereche potevano esserci tra un presidente e una stagista alla Casa Bianca.
Adesso vedo quanto fosse problematico poter parlare di “consenso” tra di noi». E ancora: «Oggi la penso in modo diverso anche perché so che non sono più sola. Dovremmo essere eternamente grate alle eroine di #MeToo e Time’s Up».
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