DAGOREPORT – DI FRONTE ALLO PSICODRAMMA LEGHISTA SUL VENETO, CON SALVINI CHE PER SALVARE LA…
Estratto dell’articolo di Gianluca Di Feo per "la Repubblica"
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Se l’obiettivo della guerra di Gaza era cancellare Hamas, allora Israele non ha ottenuto una vittoria. Di sicuro, il movimento jihadista ha subìto un colpo durissimo: ha perso i suoi dirigenti, gran parte dei suoi combattenti più addestrati, l’arsenale di armi a lungo raggio. Ma quindici mesi di bombardamenti dell’aviazione e di rastrellamenti dell’esercito non hanno scalfito l’architrave della sua forza: il radicamento nella società palestinese. Anzi, l’orrore e la devastazione inflitti alla popolazione hanno creato un serbatoio di odio che alimenta rapidamente i suoi ranghi.
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Secondo il segretario di Stato americano Antony Blinken «Hamas ha già arruolato tanti militanti quanti ne ha persi». C’è persino chi, come l’ex generale Amir Avivi, ritiene che il numero di nuove reclute sia superiore a quello dei caduti. Il movimento che ha scatenato i massacri del 7 ottobre oggi potrebbe contare su almeno 20 mila uomini, giovanissimi e con una formazione scarsa ma addirittura più determinati di quelli che hanno rimpiazzato. Scelgono di votarsi al jihad perché vogliono vendicare familiari e amici morti in questi 15 mesi di guerra o perché sanno così di potere ricevere cibo e medicine, che i miliziani sottraggono dai convogli di aiuti umanitari.
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Il rischio è che quindici mesi di attacchi e stragi non siano stati solo inutili, ma persino controproducenti perché hanno permesso ad Hamas di affermare la sua resilienza.
Un successo che non si limita alla dimensione militare. Gli analisti sono convinti che anche se sarà l’Autorità Palestinese ad avere la responsabilità della ricostruzione, dei valichi e dell’amministrazione civile, loro resteranno il soggetto più potente e influente all’interno della Striscia. In pratica, anche se verranno esclusi dalla futura gestione, continueranno a esserne i protagonisti.
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Gli abitanti infatti non vedono alternative: le strutture di Fatah sono deboli e la recente operazione di polizia dell’Anp contro i gruppi jihadisti a Jenin - in Cisgiordania - fa percepire i suoi vertici come “collaboratori” del nemico.
Il fatto che siano stati i massacri del 7 ottobre a provocare la reazione israeliana e la distruzione di Gaza non sembra avere intaccato il sostegno al movimento. In più, fattore fondamentale, adesso è emerso un nuovo leader: Mohammed Sinwar, detto “l’Ombra”. […]
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