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SE IL MONTE VA A MONTE, CHE NE SARÀ DI SIENA? – IN TOSCANA CI SI INIZIA A PREPARARE ALL'INEVITABILE SMANTELLAMENTO DI MPS: SENZA LE NOZZE CON UNICREDIT SI RISCHIANO MOLTI PIÙ ESUBERI RISPETTO AI 2.500 VOLONTARI GIÀ FISSATI. E COMUNQUE L’EUROPA NON VUOLE CHE RESTI AUTONOMA – L’EX PRESIDENTE DELLA REGIONE TOSCANA ENRICO ROSSI: “BISOGNA INDIVIDUARE UNA VIA DI SVILUPPO SENZA CEDERE A LOGICHE DI POTERE”. LOGICHE CHE OVVIAMENTE NON RIGUARDANO LA REGIONE CHE HA GOVERNATO: “SE ERRORI CI SONO STATI, VANNO CERCATI NELLA FONDAZIONE MPS”

 

 

ENRICO LETTA ROSSI

SENZA UNICREDIT, ADDIO MONTE – DANIELE FRANCO IN COMMISSIONE FINANZE FA CAPIRE CHE NON C’È ALTERNATIVA AL MATRIMONIO TRA LA BANCA DI ORCEL E MPS

https://www.dagospia.com/rubrica-4/business/senza-unicredit-addio-monte-ndash-daniele-franco-commissione-finanze-278807.htm

 

 

FRANCO TIRA DRITTO SU MPS IL TESORO PRONTO A DIVENTARE SOCIO DI PIAZZA GAE AULENTI

Camilla Conti per "la Verità"

LUCIANO D'ALFONSO DANIELE FRANCO LUIGI MARATTIN - AUDIZIONE SU MPS

 

«Non si tratterà di una svendita di attività statali» ma di «una soluzione strategicamente superiore nell'interesse del Paese», con la «massima attenzione per 21.000 dipendenti» e senza rischi di «smembramento» del Monte dei Paschi, ha detto il ministro dell'Economia, Daniele Franco, davanti alle commissioni Finanze di Camera e Senato riunite nella Sala del Mappamondo di Montecitorio.

 

daniele franco

Franco ha spiegato così le ragioni che l'hanno spinto ad avviare una trattativa in esclusiva con Unicredit (ma non ha spiegato perché sia stato scartato l'altro fondo interessato, Apollo). Dopo aver ricordato le ultime puntate della telenovela senese, il ministro ha sottolineato che «il nuovo piano della banca non è conforme con gli impegni presi con la Ue», che «l'esito degli stress test richiede un aumento capitale superiore a 2,5 miliardi» e che «non ci sono presupposti per richiedere alla Ue un rinvio dei termini» fissati al 31 dicembre.

Andrea Orcel

 

Anzi, è probabile che Bruxelles chieda «obiettivi più ambiziosi» e «gli esuberi di personale potrebbero essere considerevolmente più elevati» rispetto ai 2.500 volontari attualmente fissati. «Se la banca restasse soggetto autonomo, sarebbe esposta a rischi e incertezze considerevoli e avrebbe seri problemi», ha poi precisato. Quindi ecco la trattativa aperta con Unicredit di cui, se l'operazione andrà in porto, il Mef potrà anche arrivare a detenere una quota, pur senza cambiare gli equilibri di governance.

 

piero Montani

Il Tesoro è vincolato a negoziare solo con l'istituto guidato da Andrea Orcel finché la due diligence non sarà completata, entro 40 giorni «che possono essere prorogati», ha aggiunto Franco, la cui audizione era ancora in corso quando questo giornale andava in stampa.

 

Sullo sfondo, intanto, vanno registrate le voci di altri due banchieri: l'ad di Intesa, Carlo Messina («Non ci porremo in nessun modo come ostacolo a una eventuale operazione di Unicredit nei confronti di Mps, tutto quello che può venire per stabilizzare il sistema è un valore») e quella dell'ad di Bper, Pier Luigi Montani («Ci rendiamo conto che potremmo essere coinvolti in un processo di M&A e se sarà così valuteremo la convenienza per i nostri azionisti, ma escludo Carige»).

MARIO DRAGHI DANIELE FRANCO

 

Mentre oggi il cda di Rocca Salimbeni approverà i conti semestrali, la trattativa tra il Mef e Unicredit ieri ha «riesumato» anche vecchi protagonisti delle vicende politiche e finanziarie senesi. Come l'ex presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, che dopo la lettera inviata da Enrico Letta a Repubblica ha voluto dire la sua.

 

Allineandosi al segretario del Pd (che tra l'altro l'ha superato nella corsa per la candidatura alle suppletive senesi) e spostando come Letta l'attenzione su «alcuni nodi come le infrastrutture per i collegamenti, la cittadella universitaria, il polo delle Scienze della vita». Perché «occorre pensare a Siena non solo in termini di Mps,» ma individuare per la città «una via di sviluppo» al territorio «come risorsa agricola», con Siena «punto di riferimento di un polo grande che comprende l'Aretino, il Grossetano, in qualche modo il Viterbese».

enrico rossi eugenio giani

 

In sostanza, perso il polo finanziario si riconverte tutto. Ovviamente «mettendo al centro la tutela dei lavoratori, dei risparmiatori e delle imprese, senza cedere a logiche di potere». Logiche che ovviamente non riguardano la Regione da lui al tempo governata, («Se errori ci sono stati, vanno cercati nella Fondazione Mps che controllava la banca»).

 

La sinistra, secondo Rossi, deve quindi «stare fuori dalle nomine in questi ambiti» ma deve anche «costruirsi la capacità d'intervenire sui nodi della finanza». Dal passato rispunta anche un ex presidente del Monte dei Paschi dal 1998 al 2006, Pierluigi Fabrizi. Il professore universitario ieri ha sentito la necessità, «dopo anni deliberato silenzio, di portare la mia testimonianza per contribuire alla ricostruzione dei fatti di quell'epoca».

 

PIERLUIGI FABRIZI

E in una nota ha precisato che l'acquisizione della Banca del Salento, pagata 2.500 miliardi di lire nel 1999, venne fatta sia «per aumentare la presenza» di Mps «nel Sud Est», sia per avviare «una politica di diversificazione dei canali di distribuzione» acquisendo una «rete di promotori finanziari» di cui Mps era «totalmente priva».

 

Al pari delle altre acquisizioni fatte in quegli anni, ha poi aggiunto Fabrizi, «alcune di successo altre meno», anche quella fu determinata da «obiettivi e logiche di mercato». L'acquisizione di quella che diventerà Banca 121 rientrava insomma nella strategia di fare di Siena un «polo aggregante federativo», affiancata dal tentativo «di una possibile fusione» con Bnl, ricostruisce Fabrizi.

BANCA 121

 

Le nozze con la banca romana furono però bloccate «da miopie politiche locali e nazionali ascrivibili» all'indisponibilità a ridurre la quota della Fondazione Mps «sotto il 50%» della banca e «al timore che Mps diventasse un primario player nazionale». Due cose sono certe, secondo Fabrizi: «La prima è che Bnl era ed è un'ottima banca; la seconda è che se quell'operazione non fosse stata impedita dalle suddette miopie, Mps avrebbe risolto una volta per tutte il problema della crescita dimensionale e la Fondazione avrebbe partecipato come protagonista al controllo di una grande banca». Con il senno di poi, però, non si fa la storia. E quella del Monte è arrivata forse al capitolo finale.

ENRICO ROSSI CON LA MASCHERINA