
FLASH! - INVIATI DEI MEDIA DI TUTTO IL MONDO (OGGI ANCHE I CINESI) SONO A ROMA PER SEGUIRE LA…
Carlo Antonio Biscotto per il “Fatto Quotidiano”
Un "insulto" ai giornalisti che in Messico rischiano la vita ogni giorno per raccontare le brutalità dei narcos, con oltre 60 che negli ultimi anni sono stati uccisi o sono scomparsi. Così giornalisti messicani e americani considerano l' incontro che Sean Penn ha avuto con Joaquim El Chapo Guzman , il re dei narcos che l' attore, secondo quanto da lui stesso rivelato su Rolling Stones all' indomani dalla cattura del leader del cartello di Sinaloa, ha intervistato per sette ore mentre era in fuga.
"Descrivere quell' incontro come un' intervista è un enorme insulto ai giornalisti che sono morti in nome della verità", ha scritto su Twitter Alfredo Corchado , per 20 anni corrispondente per il Dallas Morning News da Città del Messico.
"Quando non fai delle domande veramente scomode e accetti di presentare l' intervista per l'approvazione finale, questo è intrattenimento di Hollywood - ha detto il cronista al Washington Post, sottolineando come il testo pubblicato sia stato prima approvato da Guzman - non ha niente a che vedere con il sacrificio di molto miei colleghi che in Messico e in tutto il mondo hanno perso la vita lottando contro la censura". Penn intanto si difende: "Non ho niente da nascondere".
Una delle vittime più importanti dei cartelli messicani è la libertà di stampa e, di conseguenza, il diritto dei cittadini a essere informati. Nelle redazioni dei giornali, ogni giorno i direttori sono costretti a censurare o annacquare le notizie per non urtare la suscettibilità o, ancor peggio, ostacolare gli interessi di questo o quel cartello.
il killer con lo stemma del chapo guzman
Se non lo facessero rischierebbero la vita. Il risultato di questa realtà è che i messicani probabilmente sanno che El Chapo Guzman è stato arrestato, ma ignorano le circostanze della sua cattura e tutte le ipotesi che circolano al momento sulla stampa occidentale in merito al ruolo svolto da Sean Penn e dall' attrice messicana Kate del Castillo, detta la "Regina del Sud", popolarissima interprete di telenovelas, intermediaria tra Sean Penn ed El Chapo. La denuncia di Corchado mette il dito nella piaga.
È una vita dura quella dei giornalisti messicani. Esemplare quanto accaduto a ottobre nella redazione del quotidiano El Mañana alla presenza di un inviato del Washington Post. Il giornale aveva pubblicato il giorno precedente un approfondito reportage sul sindaco di Metamoros accusato di aver pagato 2 milioni di dollari di pizzo al locale cartello dei narcotrafficanti. Il giorno dopo era prevista la seconda parte del reportage, ma quando il giornale stava per andare in stampa è giunta una telefonata.
Dall' altro capo della linea c'era un giornalista di una testata concorrente, noto per essere un ufficioso portavoce dei narcos. Il direttore, dopo avergli parlato al telefono, ha guardato i suoi cronisti e si è limitato a dire: "Vogliono che scriviamo che non è colpevole".
Tutti sapevano quali sarebbero state le conseguenze di un rifiuto. Per condizionare la stampa i cartelli minacciano, intimidiscono e uccidono i giornalisti; in questo modo sono riusciti a creare all' interno delle redazioni una vera e propria rete di fedelissimi che hanno il compito di censurare e manipolare l' informazione nell' interesse delle organizzazioni criminali.
"Sottostare alle richieste dei cartelli è l' unico modo per non finire al cimitero", dice Hildebrando "Brando" Deandar Ayala , 39 anni, direttore di El Mañana, uno dei quotidiani più diffusi della regione nord-orientale del Messico ai confini con il Texas. Ma al giorno d' oggi i cittadini hanno molte fonti di informazione e i messicani cominciano a nutrire un forte risentimento nei confronti dei giornalisti del loro Paese che "non fanno il loro dovere". "A volte ci odiano - ammette Deander - ma non sanno quali rischi corriamo".
Acapulco Messico seconda citta piu violenta al mondo
Negli ultimi venti anni sono stati assassinati 88 giornalisti. Sono in molti a pensare che per ciò che riguarda la libertà di stampa, i cartelli sono l' equivalente dell' Isis: minacce, pubbliche esecuzioni a scopo intimidatorio, sequestri e pressioni di ogni genere. E negli Stati Uniti scorrono fiumi di inchiostro per le violenze in Medio Oriente, ma si finge di non vedere che poco oltre il confine messicano operano criminali uguali a quelli che seminano il terrore in nome dell' Islam. In Messico nel 2014 ci sono state più morti violente che in Afghanistan.
"In Messico c' è una guerra", dice Ildefonso Ortiz , redattore di The Monitor, uno dei pochi giornali americani che si occupano seriamente dei cartelli. "Qualche volta un nostro pezzo viene ripreso dall' AP , ma per lo più quello che scriviamo rimane lettera morta. È uno dei tanti aspetti del potere dei cartelli messicani".
BLITZ DELLA POLIZIA IN MESSICO A CACCIA DEI CARTELLI FOTO DI DAVID ROCHKIND
CARTELLI DELLA DROGA MESSICANI
FLASH! - INVIATI DEI MEDIA DI TUTTO IL MONDO (OGGI ANCHE I CINESI) SONO A ROMA PER SEGUIRE LA…
A LUME DI CANDELA - “QUESTO PROGRAMMA NON È UN ALBERGO”: AI PIANI ALTI DI MEDIASET SI RUMOREGGIA…
DAGOREPORT - LA DUCETTA SUI TRUMP-OLI! OGGI ARRIVA IN ITALIA IL MITICO PAOLO ZAMPOLLI, L’INVIATO…
DAGOREPORT – GIORGIA MELONI, FORSE PER LA PRIMA VOLTA DA QUANDO È A PALAZZO CHIGI, È FINITA IN UN…
DAGOREPORT - L’INTERVISTA RILASCIATA DA MARINA BERLUSCONI AL “FOGLIO” HA MANDATO IN TILT FORZA…
LE INSOSTENIBILI DICHIARAZIONI FILO-TRUMP DI CONTE HANNO MANDATO IN TILT SCHLEIN - TRA I DUE…