IL SEGRETO DEL SUCCESSO? IL TONO DELLA TUA VOCE (NON CONTA QUEL CHE DICI MA COME LO DICI)


Gian Luigi Paracchini per il "Corriere della Sera"

«Il telefono. La tua voce», recitava a fine anni Settanta lo slogan della Sip, operatore unico all'epoca. Slogan rimasto nella memoria per quell'implicito richiamo alla magia e alla suggestione della voce. Chi, anche oggi, ascoltando al telefono timbri profondi o sospirosi, non ha mai fantasticato d'avere dall'altra parte un Brad Pitt o un'Angelina Jolie?
Raramente i riscontri dal vivo mantengono poi le promesse ma in ogni caso la voce conserva un ruolo fondamentale non soltanto nell'immaginario emozionale ma perfino nell'ispirare o stroncare le carriere. Pare infatti che nell'ambiente di lavoro, volume e qualità del tono vocale risultino più decisivi del contenuto. Come a dire: funziona meglio la confezione del pacchetto.

Lo conferma la ricerca d'una compagnia di comunicazione texana, ripresa dal Wall Street Journal, che ha chiesto a un gruppo di 1.000 persone d'ascoltare e valutare i discorsi/relazioni di 120 dirigenti d'azienda. Il 23% degli ascoltatori ha indicato nella voce l'arma vincente per catturare l'attenzione mentre soltanto l'11% ha coraggiosamente privilegiato le parole, i concetti. Tra gli altri elementi, a seguire, il fascino del relatore e la passione dimostrata durante il suo show.

Altro malinconico trionfo della forma sulla sostanza? Della seduzione sull'efficienza? Nessuno la prende così. Anche perché non mancano riprove. Il Journal of voice per esempio ha pubblicato uno studio che spiega come voci troppo ansimanti, affaticate o dure, vengano associate a parlatori passivi, deboli, agitati. Insomma perdenti anche se autentici geni.

La chiave sta nel trovare l'equilibrio giusto fra tono e volume, come quando si sfiora la manopola dello stereo. Regola aurea sarebbe un tono alto ma mai aspro o con l'effetto devastante da gessetto sulla lavagna tanto caro a Marge, de I Simpson.

La voce fa brutti scherzi. Se risulta un po' piatta potrebbe nascondere scarsa energia. Ma come la mettiamo allora con il monocorde Clint Eastwood, uno che da Callaghan e da cacciatore di taglie ha distrutto quartieri e interi saloon? Mica sempre si coglie nel segno. Daniel Day-Lewis, interpretando Lincoln, ha cercato di riprodurre quella che secondo testimonianze doveva essere la tonalità del presidente: acuta, fredda, assai poco autorevole per tanto personaggio. E a molti la cosa non è andata giù.

Di certo bisogna sfatare qualche mito. Si può essere bellissime come Cindy Crawford ed essere doppiate per disperazione. E si può essere bravi cantanti ma non fini e smaglianti dicitori a conversare, come Vasco Rossi e Gianna Nannini. Né recitare affranca dal rischio di mangiare le parole: sia alla maniera piaciona di Silvio Muccino o fascinosamente irrequieta di Margherita Buy e Laura Morante.

Si può migliorare la propria voce? Si, ci sono terapie che insegnano a respirare meglio e a rafforzare i muscoli della laringe. Attenzione però a non fidarsi dell'auto-ascolto: sentiamo le nostre parole attraverso le ossa della testa, in modo diverso cioè da come viene recepita dagli altri.

Mediamente il tono con maggiore probabilità di successo in pubblico è quella baritonale, in quanto ritenuta più autorevole e calda: magnifici esempi rimangono Vittorio Gassman ed Elvis Presley.

Non che avere una voce un po' fuori dagli schemi sia per forza disdicevole: del loro particolare, inimitabile farsetto Sandro Mazzola, Rosa Russo Jervolino e anche il compositore Giovanni Allevi hanno fatto una specie di marchio di fabbrica. Così come il giornalista Sandro Ciotti con le sue tonalità da extra-basso e Valeria Golino nel genere roco-sensuale, particolarmente apprezzato dal genere maschile. In quanto al genere urlato, Simona Ventura ci ha costruito un genere: il podio è tutto suo.

Resta da capire se esista un simbolo della voce più bella di tutti i tempi. Ce ne sono molti ma è giusto ricordare che il soprannome The Voice appartiene soltanto a Frank Sinatra.

 

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