DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Michela Allegri per il Messaggero - Roma
È sospesa nel vuoto, attaccata alla balaustra di Ponte Marconi. Guarda il Tevere, minaccia di gettarsi di sotto, urla parlando al cellulare. Ha da poco scoperto di essere incinta e ha chiamato il fidanzato per cercare conforto, ma riceve solo insulti. «Ammazzati, buttati di sotto, ma tieni il telefono acceso che voglio sentire il botto quando ti schianti», dice lui. Frasi che ora potrebbero costargli l'accusa di tentata istigazione al suicidio, visto che la polizia, che ha salvato la ragazza, ha inviato una segnalazione in procura.
LA CRUDELTÀ
I fatti risalgono a cinque giorni fa. Sono le 13,30 quando due agenti del commissariato San Paolo arrivano a Ponte Marconi. Alcuni passanti li hanno chiamati dopo aver visto una ragazza scavalcare la balaustra e sporgersi verso il fiume. Sta parlando al cellulare, si regge alla ringhiera con una sola mano. Piange e dice di volersi togliere la vita. Un giovane si avvicina, cerca di farla ragionare, ma lei non vuole sentire ragioni: «Mi butto di sotto», continua a ripetere.
Approfittando di un momento di distrazione, gli agenti la afferrano per le spalle. Lei tenta di divincolarsi, ma i poliziotti riescono a portarla sul marciapiede. Al commissariato, la giovane racconta di essere una studentessa, di stare affrontando un periodo difficile e di non riuscire a proseguire negli studi. Dice di avere scoperto da poco di essere incinta e di essere in crisi con il fidanzato, che non vuole avere figli.
Era al telefono proprio con lui mentre pensava di lanciarsi dal ponte. «L'ho chiamato per cercare una soluzione ai nostri problemi», spiega. Nel verbale inviato in procura, gli agenti scrivono che lui «in tutta risposta non solo non la invitava a desistere, ma la incoraggiava a compiere il gesto estremo». Le avrebbe consigliato addirittura di lanciarsi di testa perché, spiega la giovane, «se mi fossi buttata di fianco non sarei morta e sarei rimasta invalida a vita, con lui obbligato a occuparsi di me. Mi ha detto anche di cercare di non colpire le macchine durante la caduta».
La conversazione era diventata sempre più cruda: «Diceva di voler rimanere al telefono perché voleva sentire il rumore dell'urto della mia caduta dal ponte». La ragazza è stata poi ricoverata all'ospedale Sant'Eugenio. La polizia, prima di inviare la segnalazione in procura, ha accertato che, effettivamente, sul cellulare della giovane «risultava una telefonata iniziata alle 12.07 e durata un'ora e 34 minuti».
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