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Guido Santevecchi per corriere.it
La Cina ha esteso il cordone sanitario volto a circoscrivere l’infezione del coronavirus a 56 milioni di persone. «Ai confini della realtà, sembra la fine del mondo» si legge sui social network cinesi. Per cercare di fermare il virus polmonare le autorità hanno montato un’operazione quarantena di proporzioni mai tentate prima nella storia. E la paura del contagio è arrivata anche nel cuore dell’orgoglio imperiale della Cina: la Città Proibita di Pechino non accoglierà turisti fino a nuovo ordine.
Secondo le autorità cinesi nelle ultime ore sono stati registrati altri 15 decessi, tutti nella capitale provinciale di Wuhan, portando a 41 il bilancio dei morti, mentre le città in cui è stato imposto il blocco dei trasporti sono tredici, per un totale di 32 milioni di cittadini coinvolti. Tra le vittime, anche un medico della provincia cinese di Hubei. Lo rende noto via Twitter la tv cinese Global Television Network: si chiamava Liang Wudong, aveva 62 anni ed era in prima linea nella lotta al virus presso l’ospedale Hubei Xinhua. Dopo la Città Proibita, per scongiurare il rischio di contagi sono stati chiusi anche lo Shanghai Disney Resort e alcune sezioni della Grande Muraglia.
Negli Stati Uniti è stato confermato il secondo caso di contagio, una 60enne di Chicago rientrata da Wuhan il 13 gennaio e attualmente ricoverata in ospedale e clinicamente stabile mentre sono tre i casi accertati in Francia, i primi in Europa. E un caso è stato confermato in Australia, ultimo Paese in ordine di tempo ad essere raggiunto dal contagio: il paziente, un uomo sulle cui generalità non sono stati diffusi dettagli, era giunto una settimana fa a Melbourne da Wuhan, e adesso si trova in stato di isolamento.
Da ieri mattina sono stati fermati i movimenti in uscita da Wuhan, l’epicentro dell’infezione, 11 milioni di abitanti: niente voli, niente treni, posti di controllo ai caselli delle autostrade. C’è un inquietante effetto domino. È stata presa la stessa decisione per Huanggang, oltre 7 milioni di cittadini, sempre nella provincia dello Hubei; anche i funzionari della vicina Ezhou, un milione di anime almeno, hanno troncato i collegamenti ferroviari. Venti milioni di persone non possono varcare i confini delle loro città a meno di «avere ragioni specifiche».
Incertezza, ansia crescente. Altre città dello Hubei stanno seguendo: i funzionari devono essersi spaventati per la minaccia di essere inchiodati alla colonna del disonore lanciata dal Partito-Stato, se il virus dilagherà. E così, riferisce Reuters, i bus sono stati bloccati anche a Chibi, Xiantao, Zhijiang, Qianjiang, Xianning, Huangshi ed Enshi, per un totale di trentadue milioni di persone coinvolte dalle restrizioni di movimento.
La grande Wuhan e Huanggang hanno fermato autobus e metropolitana nel loro perimetro, imposto alla gente di indossare la mascherina nei luoghi pubblici, compresi i ristoranti: se preso alla lettera significa che bisogna mangiare solo in casa. I cinema hanno sospeso la programmazione. Poi l’annuncio di Pechino: non si sa se per solidarietà politica della capitale o per timore dei contagi già arrivati, ha cancellato i grandi festeggiamenti per il Capodanno lunare che cade sabato. E sbarrato le porte di una delle meraviglie del mondo.
Una quarantena di massa del genere, in tempi moderni, si era vista solo in Sierra Leone nel 2014, al culmine dell’epidemia di Ebola. Il governo africano ordinò alla popolazione di restare a casa per tre giorni, mentre funzionari sanitari andavano porta a porta a recuperare cadaveri e cercare malati per isolarli. Wuhan ha molti più abitanti dell’intera Sierra Leone, ed è gente abituata a muoversi freneticamente per le proprie attività. Circolano già dubbi su possibili violazioni dei diritti umani. Perché la quarantena, tecnicamente, si dovrebbe applicare a casi sospetti di infezione: qui è sospettata un’intera popolazione. Se la Cina agisce è criticata, se non agisce è sempre criticata.
Su Weibo, il Twitter cinese, la gente chiede già quanto potrà durare. Nessuna risposta al momento. Davanti alla stazione ferroviaria si è allineata una fila di poliziotti e militari, muniti di mascherine nere. Transenne e camici bianchi di personale armato di termometri a infrarosso sulle tangenziali: nei filmati sui social si vedono colonne di auto in coda.
Viene presa la temperatura a campione e molte vetture sono autorizzate a passare, secondo le prime testimonianze. Tutto sta succedendo alla vigilia di Chunjie, il Capodanno lunare, la festa del ritorno a casa per centinaia di milioni di cinesi emigrati lontano dai loro villaggi ad alimentare le catene di montaggio e i cantieri della seconda economia del mondo. Wuhan e lo Hubei sono un grande polo industriale e i volti delusi, in lacrime, di chi è bloccato e non può raggiungere i cari sommano tristezza alla paura.
«Onore alla popolazione di Wuhan per il suo sacrificio», titola nell’edizione inglese il Global Times, quotidiano di Pechino. Il tg statale della sera, Xinwen Lianbo, che parla ai cinesi, ha relegato la notizia del virus in coda, mentre gli annunciatori di Hunan Tv vanno in onda con mascherina. La gente è informata lo stesso, dal web. Su Weibo il trend #Wuhanchiusa ha oltre un miliardo di contatti.
A Pechino, fino a pochi giorni fa, la gente non era preoccupata, lontana da Wuhan e dal suo mercato. Ma ora in strada le mascherine si sono moltiplicate. Da ieri la porta anche il custode del palazzo dov’è l’ufficio del Corriere. Nelle scale grande odore di disinfettante, sotto la porta sono stati fatti scivolare fogli di istruzioni: alla larga dalla selvaggina, da chi viene da Wuhan, avvisateci subito se avete febbre o mal di testa.
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