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NDUJA E BANCAROTTA – IL SENATORE DI FORZA ITALIA, MARIO OCCHIUTO, È STATO CONDANNATO A TRE ANNI E MEZZO PER BANCAROTTA FRAUDOLENTA – PER I GIUDICI, L'EX SINDACO DI COSENZA HA SVUOTATO LA SOCIETÀ DI PROGETTAZIONE DI 3,5 MILIONI, IN PARTE TRASFERITI A DITTE A LUI COLLEGATE. PER LUI ANCHE 5 ANNI DI INTERDIZIONE DAI PUBBLICI UFFICI – OCCHIUTO ERA DATO IN POLE PER SOSTITUIRE LICIA RONZULLI COME CAPOGRUPPO DI FORZA ITALIA A PALAZZO MADAMA. MA A QUESTO PUNTO…
Estratto dell'articolo di Alessia Candito per www.repubblica.it
La società di progettazione che di fatto amministrava era diventata per lui una sorta di bancomat, servito per prelevare più di 3,5 milioni di euro, di cui solo 500mila sono stati restituiti prima che collassasse. Un esito non solo plausibile, ma forse cercato. Per i giudici è una bancarotta fraudolenta da manuale quella che al senatore di Forza Italia, ed ex sindaco di Cosenza, l'architetto Mario Occhiuto (59 anni) costa non solo tre anni e mezzo di carcere, ma anche tre anni di divieto di esercizio di attività d'impresa e cinque di interdizione dai pubblici uffici.
Un inciampo che per Occhiuto – approdato in Senato, a pochi mesi dall’insediamento del fratello Roberto alla presidenza della Regione Calabria – potrebbe significare uno stop alla carriera politica? […]
I giudici hanno dato ragione alla procura di Mario Spagnuolo, che dietro il fallimento della “Ofin srl”, società di progettazione di edifici, ha letto una manovra perché la società, si leggeva nelle carte di indagine, “è stata svuotata del proprio patrimonio con una chiara distrazione a vantaggio delle partecipate e del socio Mario Occhiuto”.
Come? Secondo la Guardia di Finanza, nel tempo l’attuale senatore avrebbe progressivamente trasferito milioni di euro dalla Ofin srl alle casse di due società a lui riconducibili, insieme ad alcuni immobili.
Formalmente erano finanziamenti, per gli investigatori curiosamente ottenuti “senza motivata contropartita e, soprattutto, senza le adeguate garanzie che normalmente richiederebbe un intermediario finanziario”.
In realtà – era l’accusa della procura, condivisa dal tribunale – altro non era che una vera e propria attività di distrazione di fondi, che ha portato al crac della società, dovuto “alla mancata restituzione dei finanziamenti erogati ai soci e alle società partecipate”.
A farne le spese, i creditori, primo fra tutti l’Erario, beffato per tre milioni di euro, peraltro neanche interamente riportati in bilancio. […]
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