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HAPPY? MA ANCHE NO - L’ITALIA E’ AL 50ESIMO POSTO NELLA CLASSIFICA DEI POPOLI PIU’ FELICI DEL MONDO, CHE VEDE SUL PODIO DANESI, SVIZZERI E ISLANDESI - ECCO UNA SERIE DI CONSIGLI, DI PRATICHE E DI LETTURE PER VIVERE CON MENO PARANOIE E PROVARE A ESSERE PIÙ CONTENTI

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la ricerca della felicita passa per lorgasmola ricerca della felicita passa per lorgasmo

Daniela Monti e Roberta Scorranese per il “Corriere della Sera”

 

La giornata mondiale della felicità, indetta dall' Onu e celebrata oggi, non è una mera ricorrenza: serve a ribadire che «essere felici» è un obiettivo che ogni Paese deve perseguire, in campo sociale ed economico. Lezione che, a quanto pare, i danesi hanno assimilato bene, visto che loro sono in testa al World Happiness Report 2016 - e non a caso, di recente, sono stati tradotti in Italia diversi manuali sull' argomento come Il metodo danese per vivere felici (Newton&Compton).

 

MASTANDREA FELICITA SISTEMA COMPLESSO 9MASTANDREA FELICITA SISTEMA COMPLESSO 9

E l'Italia? È solo 50esima per il secondo anno consecutivo e viene dopo stati come l'Uzbekistan o il Nicaragua. Al secondo posto c' è la Svizzera, seguita dall' Islanda. Gli Usa e la Germania sono fuori dalla top 10, segno questo che una economia solida non basta. Da noi incidono le tensioni politiche e sociali e i conseguenti cambiamenti nello stile di vita.

 

Che è cruciale nel perseguire la lietezza: fare attività semplici e rilassanti, secondo uno studio dell' Università di Otago, in Nuova Zelanda, è importante. Così come lo è l' età: il 40esimo anno, stando a una ricerca della School of Medicine di San Diego, sarebbe (davvero) l' inizio di una vita più felice.

 

TROVARE UN HOBBY CHE ARRICCHISCA LE NOSTRE RELAZIONI

Fingete la felicita.Fingete la felicita.

Due lettere, molto semplici come in ogni formula elegante: «Co». Sì, secondo Enrico Finzi, sociologo e a capo di Sono, agenzia che «aiuta a essere felici», sta in questo suffisso il migliore degli stili di vita capace di condurci alla felicità. «Collaborare, coesistere, anche confliggere, perché no? - dice -. Ciò che ci porta al confronto con gli altri attiva sensi e circuiti neuronali che ci rendono felici». Tutto si contrappone all'individualismo e al ripiegamento su se stessi. Cioè all' alfabeto dei social network.

 

Un'ora di social ci costa il 3% della felicità, dice l' Università di Sheffield, anche se Finzi precisa che demonizzarli è «folle: sono utili, però bisogna affiancare loro attività che spingano al contatto, vero, con l' altro». Quindi donare qualcosa, anche tempo e amore. E ancora: coltivare gli hobby, secondo l'americana Society for Personality and Social Psychology, ci fa dare più valore al tempo.

l arte della felicita di alessandro rak l arte della felicita di alessandro rak

 

Quindi pittura, giardinaggio, cucina. Nutrire la curiosità per altri Paesi e dunque viaggiare, come suggerisce Finzi, che aggiunge: «Bisogna avere un atteggiamento concavo e non convesso». Dobbiamo essere simili a vasi, pronti ad accogliere parole, gesti, novità. Solo così, aperti, sapremo assorbire l'elemento giusto che, nel momento adatto ci rende felici.

Sì, la felicità è anche qualcosa di casuale: scrive The Journal of Positive Psychology che anche provare una nuova ricetta può servire. Quante volte, infatti, un semplice sapore ci ha infuso una inspiegabile gioia?

 

DALLA VIRTU’ PLATONICA ALLA RINUNCIA DELLE PASSIONI TRISTI

FELICITa IN UFFICIOFELICITà IN UFFICIO

«Essere stupido, egoista e godere di buona salute: ecco le tre condizioni per essere felici. Ma se manca la prima, tutto è perduto», scriveva Flaubert nel 1846 a riprova di quanto la felicità - che pure è uno dei grandi temi filosofici - abbia goduto di alterne fortune nel corso dei secoli. All'epoca di Platone era il frutto di una vita buona, spesa alla ricerca di saggezza e virtù.

La Felicita La Felicita

 

Per Sant' Agostino è l'aspirazione più universale che ci sia: «La cosa al mondo più venerata, condivisa, discussa è non solo il fatto che si vuole essere felici, ma che si vuole solo questo nella vita». E poi Pascal («è il motivo di tutte le azioni umane»). E Montaigne e Spinoza, precursori della ricerca filosofica moderna sulla felicità.

 

Fino al XIX secolo, il più spietatamente critico nei confronti della ricerca individuale della felicità, il secolo dello spleen, dell'estetica della tragedia, quello in cui è l' infelicità, non la felicità, l' esperienza umana più autentica. E oggi? La questione è riemersa con forza. Tutti vogliamo essere felici, forse lo vogliamo troppo.

 

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«Siamo la prima società a rendere le persone infelici per non essere felici», riassume Pascal Bruckner. Siamo tirati per la giacca in mille direzioni: «Pensa positivo!», «impara a godere delle piccole cose!». Pierre Zaouine «L'arte di essere felici» (Il Saggiatore) indica una strada: felice è una vita liberata da passioni tristi, nella quale le proprie azioni sono per quanto possibile adeguate ai propri pensieri.

 

I MANUALI GIAPPONESI PER ELIMINARE CIO’ CHE E’ SUPERFLUO

Finiremo con l' arrenderci all' assedio giapponese? Stanchi di cercare la felicità buttando via un paio di calzini (beninteso: dopo averli baciati e ringraziati per i loro servigi) secondo le regole illustrate da Marie Kondo nel suo Il magico potere del riordino e dopo una pletora di volumi simili, nelle librerie vediamo Dan-Sha-Ri di Hideko Yamashita (Fabbri).

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Dice che per essere felici dobbiamo eliminare il superfluo (rieccoci!) e far entrare nella nostra vita solo quello che merita. In fondo, la lezione di tutti i libri di Nora Roberts, in chiave sentimentale. Ma esistono libri che rendono felici? La risposta, direbbe un esperto del settore come Osho, «è dentro di te».

 

Così ci sono quelli che leggono i manuali su come diventare felici e quelli che scelgono volumi capaci di migliorare l'umore durante la lettura. In mezzo, ci sono riflessioni come quella di Stefano Bartolini, Manifesto per la felicità (Feltrinelli), che invita a ritrovare se stessi al di là di quello che si possiede, con uno sguardo all' economia.

 

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E opere come Momenti di trascurabile felicità (Einaudi) di Francesco Piccolo, elenco di piccoli piaceri che ci cambiano la giornata (esempio: gli sms dopo le undici di sera che chiedono «dove sei?»). E poi ci sono gli scrittori che la felicità la trovano dragando l'imperfezione e raccontando le sciagure con ironia, come Lucia Berlin ne La donna che scriveva racconti (Bollati Boringhieri). Storie di alcol e miseria ma con le «guance indolenzite per il troppo ridere».

 

DOPO I 40 ANNI DIVENTA PIU’FACILE APPREZZARE LA VITA

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È intorno alla quarantina che facciamo un primo bilancio della nostra vita. Può non essere positivo (possiamo scoprire di essere troppo condizionati dagli altri, di comportarci in un dato modo per piacere ed essere amati, quando in realtà vorremmo fare tutt' altro) e allora «cercheremo di conoscere meglio la nostra individualità e di tenere più in conto la nostra sensibilità - scrive Frédéric Lenoir in un piccolo volume di grande successo, La Felicità (Bompiani) - perché la felicità consiste nel vivere secondo la nostra natura profonda, sviluppando la nostra personalità per permetterci di godere della vita e del mondo con la sensibilità più ricca possibile».

 

La felicità, insomma, richiede consapevolezza («ho riconosciuto la felicità dal rumore che faceva allontanandosene», scriveva Prévert) e non è quella - i 40 anni e dintorni - l' età della piena consapevolezza di sé? La maggior parte delle persone condivide un indice di soddisfazione che varia in rapporto all' età: non smette di abbassarsi dai 20 anni fino alla soglia dei 40, poi subisce un incremento sensibile, fin verso i 70.

 

La felicità viene camminando, è qualcosa di edificabile, è «virtù architettonica», secondo la bella espressione di Salvatore Natoli. Dunque è l' età del dispiegamento della maturità quella più felice: la conoscenza di sé e degli altri consente di vivere meglio. Concepita così a 40 anni è meno aleatoria e fuggevole di quella - ardimentosa, ma piena d' ansia - dei 20.