alessandro rossi

SI PUÒ CONSIDERARE LA MORTE DI UN PAZIENTE PSICHIATRICO UN “RISCHIO TOLLERABILE”? – SONO LE MOTIVAZIONI CON CUI LA PROCURA DI BOLOGNA HA CHIESTO L’ARCHIVIAZIONE DELL'INCHIESTA SUL DECESSO DI ALESSANDRO ROSSI, 60ENNE SCOMPARSO NEL 2019 DALLA RESIDENZA PSICHIATRICA DOVE VIVEVA, SUI COLLI BOLOGNESI NEL 2019, E RITROVATO SENZA VITA POCHI MESI DOPO IN UN BOSCO IN PROVINCIA DI FIRENZE – SEI PERSONE SONO INDAGATE PER OMICIDIO COLPOSO E ABBANDONO DI INCAPACE: LA DENUNCIA DI SCOMPARSA DEL PAZIENTE VENNE PRESENTATA DALLA STRUTTURA SOLO IL GIORNO DOPO, CON IL RISULTATO CHE…

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alessandro rossi

(ANSA) - L'allontanamento di Alessandro Rossi dalla residenza psichiatrica dove viveva sui colli bolognesi avvenne in un brevissimo lasso di tempo, dopo che gli operatori si erano occupati di lui e mentre si dedicavano agli altri ospiti della struttura.

 

L'evento, quindi, "si colloca nell'ambito di quel margine di rischio che l'ordinamento considera tollerabile e non riconducibile a violazione di specifici doveri di controllo", scrive la Procura di Bologna che ha chiesto l'archiviazione del fascicolo aperto a carico di sei persone, indagate a vario titolo per omicidio colposo e abbandono di incapace.

 

Rossi, 60 anni, in carico al Csm da 40 anni, se ne andò dalla comunità 'Gaibola' il 30 settembre 2019 e venne ritrovato cadavere in primavera, il 15 aprile 2020, a 50 chilometri di distanza, in un bosco a Pietramala, frazione di Firenzuola (Firenze). Non si sa come vi fosse arrivato, ma era morto da mesi, presumibilmente per cause naturali, come accertato dal medico legale.

 

ricerche di alessandro rossi

"Fa impressione leggere che la morte di una persona fragile venga considerata un rischio accettabile", commenta l'avvocato Barbara Iannuccelli che assiste la sorella di Rossi e che si è opposta all'archiviazione, evidenziando come la denuncia di scomparsa del paziente venne presentata dalla struttura solo il giorno dopo, con il risultato che le ricerche non partirono immediatamente.

 

Per la famiglia fu proprio la non tempestività delle ricerche a causare la morte dell'uomo. La Pm Michela Guidi ha fatto svolgere una consulenza tecnica e la conclusione è che la morte non è riconducibile a condotte dolose o colpose, anche omissivo, da parte degli operatori o dei medici curanti. Ora si attende l'udienza davanti al Gip.

 

 

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