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“SIMONETTA CESARONI È STATA UCCISA DA UN SERIAL KILLER VENUTO DAL NORD” – LA NUOVA POSSIBILE “SVOLTA” AL CASO DI VIA POMA ARRIVA DA UN LIBRO DEL GIORNALISTA PAOLO CAGNAN: “IL RESPONSABILE NON È IL PORTIERE, NON IL GIOVANE STRAMPALATO, NON IL FIDANZATO. MA MARCO BERGAMO, IL ‘MOSTRO’ DI BOLZANO” – “SI SONO CONOSCIUTI ATTRAVERSO LE CHAT DEL VIDEOTEL. C’È UNA CHIMICA. LUI DECIDE DI ANDARE A TROVARLA A ROMA. LEI GLI HA FORNITO L’INDIRIZZO: SARÀ SOLA IN UFFICIO, QUEL POMERIGGIO DEL SETTE AGOSTO 1990. LUI TENTA UN MALDESTRO APPROCCIO SESSUALE, LEI LO RESPINGE – O FORSE LO DERIDE – E VIENE BARBARAMENTE UCCISA. PURE CONGETTURE? CERTO, PUÒ ESSERE, MA CI SONO ANCHE FATTI CONCRETI. IL GRUPPO SANGUIGNO DI BERGAMO È LO STESSO DELL'ASSASSINO. E IL DNA..."
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Estratto dell’articolo di Paolo Cagnan* per www.lastampa.it
*Autore del libro “Anatomia di un serial killer – Marco Bergamo, storia del mostro di Bolzano” (Athesia)
Simonetta Cesaroni è stata uccisa da Marco Bergamo, il “mostro” di Bolzano. Sì, insomma: non il portiere, non il giovane strampalato, non il fidanzato. Ma un serial killer venuto dal Nord. È la tesi che espongo in un libro intitolato “Anatomia di un serial killer”, e che ho sottoposto anche all’attenzione della procura di Roma, che sul caso di via Poma ha un fascicolo contro ignoti aperto ancora nel marzo 2022.
[...]
E adesso, ci mancava solo questa strampalata teoria del serial killer, penseranno in molti. Epperò… Bergamo è stato condannato all’ergastolo per l’uccisione di cinque donne: delitti avvenuti tra il 1985 e il 1992.
Possibile che per sette lunghi anni quel sadico sessuale dall’aria mansueta – definizione degli psichiatri forensi – non abbia colpito? [...]
Marco è introverso, solitario. Non ha amici né fidanzate. Vive con i genitori e nel 1990 ha 24 anni. Suo fratello lavora alla SIP; chissà, magari gli ha fornito il Videotel con cui ha conosciuto Simonetta. L'antesignano delle chat, ma solo testuali.
Ecco, l’estate del 1990. Sette agosto. La finale dei mondiali si è disputata all’Olimpico un mese prima e la Germania ha sconfitto l'Argentina. Simonetta e Marco si sono conosciuti attraverso le chat del Videotel. C’è una chimica. Nasce la voglia di incontrarsi di persona. Lui decide di andare a trovarla a Roma. Si sono sentiti anche al telefono, lei gli ha fornito l’indirizzo: sarà sola in ufficio, quel pomeriggio.
Lui prende prima il treno, poi la metro. Raggiunge via Poma, lei gli apre. È la prima volta che lo vede di persona. Lui, goffo e impacciato, tenta un maldestro approccio sessuale, lei lo respinge – o forse lo deride – e viene barbaramente uccisa. Poi lil femminicida si allontana, verso un treno notturno per tornare a Bolzano. Non è un delitto premeditato, la furia omicida scatta dal rifiuto. Come altre volte.
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Pure congetture? Certo, può essere. Ma ci sono anche fatti concreti. Il gruppo sanguigno di Bergamo, A Rh positivo, è lo stesso dell’assassino di via Poma. E il DNA, ricavato con l’ancora scarna tecnologia dell’epoca, potrebbe davvero essere il suo, se si dimostrasse un errore nella “lettura occhiometrica” di una coppia di alleli. Cose complicate, ma che i genetisti potrebbero certo verificare. Se qualcuno glielo chiedesse.
E l’analisi della scena del delitto, poi, sembra presentare così tante similitudini con i cinque delitti attribuiti a Bergamo. L’assassino di via Poma ha dimestichezza con l’uso dei coltelli. L’arma del delitto non si è mai trovata. Un tagliacarte, fu detto. Io ipotizzo un pugnale, di quelli che il killer Bolzano portava sempre sotto la cintola. Simonetta viene colpita con un violentissimo schiaffo e cade a terra. Anche la studentessa quindicenne da lui uccisa nel 1985 venne prima schiaffeggiata. E poi un tentativo di strangolamento, come per un’altra delle vittime del mostro. E un’altra donna bolzanina è stata massacrata con l’omicida che la sovrastava, a cavalcioni. Come con Simonetta.
Diciannove colpi, in via Poma: overkilling, un accanimento che può indicare volontà punitiva o odio verso le donne, tutte le donne.
E poi la sparizione degli indumenti intimi: Bergamo era un feticista riconosciuto. Pure la ricomposizione ritualistica della scena del delitto, con il corpetto poggiato sul corpo, assomiglia a situazioni già viste in Alto Adige. Infine, non potrebbe essere lui quell’uomo giovane, alto e un po’ allampanato che Giuseppa De Luca, moglie del custode Pietrino Vanacore, disse di avere visto uscire dal complesso di via Poma, con un berrettino a visiera e un fagotto?
E adesso? La palla passa alla procura di Roma. Che dovrà innanzitutto decidere se giocare questa partita, oppure no
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