DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Simone Canettieri per il Messaggero
O sloggiate voi o vi denunciamo noi. La lettera del Comune agli «occupanti abusivi e benestanti», pubblicata ieri dal Messaggero, porta con sé una postilla. Un non detto che diventerà realtà. Dopo le buone maniere, e cioè gli inviti a uscire dalle case a chi non ne ha i requisiti, il Campidoglio passerà a quelle dure. E la vicenda da amministrativa sfocerà sul penale.
Il dossier, dal punto di vista operativo, è in mano ai vigili urbani. Una squadra composta da 30 agenti che dovrà occuparsi di circa 3.600 casi. In assenza di un accordo tra amministrazione e inquilini non in regola, i fascicoli saranno trasmessi tutti in procura. Esempio: chi vive in un appartamento destinato ai nuclei deboli (tetto del reddito: 22mila euro), ma vanta ben altri tenori di vita, rischia di rispondere anche dell'accusa di truffa.
I NUMERI Dal censimento in mano alla giunta Raggi, emerge che nei 23mila alloggi Erp (Edilizia residenziale pubblica) ci sono 2mila persone che - semplicemente- non dovrebbero starci. Non solo. Tra coloro che occupano il patrimonio pubblico ci sono anche 1.600 persone, sempre secondo il report interno del Comune, subentrate negli alloggi popolari i cui legittimi assegnatari sono deceduti. Questa fattispecie è molto frequente nel quadrante Est della Capitale (IV, V e VI municipio): il boom a Tor Bella Monaca, periferia molto problematica di Roma.
«Le case popolari devono andare ai cittadini che hanno reale bisogno» e non a «persone che hanno redditi alti, possiedono già immobili o sono residenti altrove», dice la sindaca Virginia Raggi. Il costo a carico della collettività per questi abusi è altissimo. E il più alto «è proprio quello che pagano le famiglie in attesa della casa popolare sin dal 2000». Un dato che può aiutare a riflettere sul fenomeno e sulle ricadute: a Roma si stima che in graduatoria per gli alloggi Erp in città ci siano ancora 10 mila persone.
I CASI Nella giungla di quest'ennesima affittopoli c'è davvero di tutto. Da chi, come ha raccontato l'assessore alla Casa, Rosalba Castiglione, «è proprietario di ben 18 immobili» a chi, se non molti, «ha redditi di 70mila, 80mila, fino anche a 90mila euro all'anno». Ieri l'ultimo episodio che fa comunque scuola: una ragazza che viveva in un appartamento di proprietà del Comune di 100 metri quadrati in pieno centro storico, zona via dei Coronari. Viveva nella casa della nonna e la nipote, pur non avendone diritto, pensava che l'appartamento le fosse stato lasciato in eredità. La vicenda di ieri si è conclusa senza denunce: sono state riconsegnate le chiave ai vigili urbani. Ma rimane emblematica. Attacca ancora Castiglione: «Questa storia testimonia in modo lampante quella dilagante e ingiustificabile abitudine a considerare i beni pubblici di Roma Capitale come proprietà privata».
I TEMPI L'opera di setaccio continua. E non mancano le sorprese. Come racconta la sindaca Raggi: «Una famiglia, che abbiamo sgomberato da una casa popolare, aveva addirittura una Porsche parcheggiata sotto casa». Ma come farà il Comune a sanare in tempi rapidi, o meglio non biblici, una situazione che va avanti da decenni e che periodicamente riaffiora? D'altronde di questo dossier se n'era occupata anche la giunta Marino (terminata però anzitempo) e poi la squadra di commissari del prefetto Francesco Tronca. Secondo i dati in possesso ai vigili urbani il ritmo è di tre interventi a settimana. Ecco perché, come conclude la grillina, i costi di chi occupa una casa comunale senza titolo sono anche di altro tipo: «Sono legati al personale, alle azioni di sgombero e al tempo impiegato per rintracciare queste situazioni intollerabili», tuona Raggi.
case popolari a via filottrano san basilio
Alle prese con uno dei tanti scandali che di tanto in tanto riaffiora tra l'indignazione generale. Adesso dal Comune grillino promettono tolleranza zero: «I tempi del tengo famiglia e quindi anche una casa popolare senza diritto sono finiti». Agli sgomberi l'ultima parola. Salvo la resa spontanea dei «cari cittadini benestanti occupanti abusivi», come li chiamano, in maniera sprezzante, dal Campidoglio.
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