RIUSCIRÀ SALVINI A RITROVARE LA FORTUNA POLITICA MISTERIOSAMENTE SCOMPARSA? PER NON PERDERE LA…
Francesco Bisozzi per “il Messaggero”
Sì al lavoro agile. Ma a patto che non determini nelle amministrazioni pubbliche un abbassamento della qualità dei servizi resi. Per misurare l' efficacia di questi ultimi si coinvolgeranno anche cittadini e imprese. Prende corpo il piano del neo ministro della Funzione pubblica Renato Brunetta per disciplinare lo smart working nella Pa dopo mesi di Far West.
Si guarda alla fase post-Covid: il lavoro agile verrà regolamentato dal punto di vista normativo ed economico nei futuri contratti collettivi nazionali per il pubblico impiego, però non sarà più imbrigliato a rigide percentuali.
NUOVO PASSO
I Piani organizzativi per il lavoro agile voluti dall' ex ministra Fabiana Dadone prevedono che almeno il 60 per cento degli statali smartabili lavorino da remoto. I cosiddetti Pola, tuttavia, appaiono destinati a finire presto in soffitta: il neo ministro della Pa considera lo smart working uno strumento utile, ma ha un approccio più flessibile in materia.
Nelle amministrazioni meno digitalizzate e produttive la quota di dipendenti smartabili che potranno lavorare da remoto sarà ridotta drasticamente. Solo un' amministrazione su tre, tra quelle che erano chiamate a rispettare la scadenza del 31 gennaio, ha presentato i Piani organizzativi per il lavoro agile, che servono a indicare le attività smartabili e a stabilire i criteri in base ai quali valutare le performance rese da remoto.
I Pola sono ora sotto la lente degli esperti della Commissione tecnica del nuovo Osservatorio nazionale del lavoro agile. Anche i tecnici della commissione concordano sulla necessità di allestire piani per lo smart working tagliati su misura delle singole amministrazioni, per evitare impatti negativi sulla qualità dei servizi erogati e conseguenti disagi e rallentamenti per cittadini e imprese.
In pandemia lo smart working si è rivelato un valido alleato nelle amministrazioni centrali e negli enti più strutturati, dai vari ministeri alle Regioni, dall' Inail all' Agenzia delle Entrate, ma per esempio nei piccoli Comuni il ricorso massiccio al lavoro agile rischia di tramutarsi in un ennesimo collo di bottiglia. Da qui l' idea di stabilire la quota di dipendenti pubblici che avranno diritto a lavorare da casa alla luce del livello di produttività dell' amministrazione a cui appartengono.
I TEMPI DI RISPOSTA
Risultato, negli enti meno efficienti i lavoratori agili si conteranno sulle dita delle mani, mentre in quelli più performanti la percentuale di smartabili impiegati da remoto potrà salire ben al di sopra del 60 per cento. Resta da vedere come verranno misurate da un lato le performance dei lavoratori agili e dall' altro quelle delle amministrazioni pubbliche alle prese con lo smart working.
L' intenzione è di coinvolgere nel processo di valutazione sia gli utenti interni che esterni, ossia dirigenti e funzionari pubblici, cittadini e imprenditori. I tempi di risposta e di rilascio delle pratiche potrebbero essere uno dei criteri sulla base dei quali verranno effettuate le valutazioni.
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