DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Estratto dell’articolo di Stefano Cappellini per www.repubblica.it
Da quando il caso Caffo si è arricchito della voce di Caffo medesimo è diventato ancora più rivelante. La vicenda, a grandi linee, la conoscete. Caffo, che di mestiere fa il filosofo, è stato appena condannato a quattro anni in primo grado per violenze nei confronti della sua ex compagna.
Pochi giorni prima della sentenza, il suo invito alla fiera romana Più libri più liberi da parte della curatrice del programma Chiara Valerio, aveva scatenato proteste e diserzioni, in cima alle quali era quella di Zerocalcare. Dopo il pronunciamento dei giudici, e a differenza della vittima, Caffo ha preso la parola e ha cercato di difendersi – resta, bene ricordarlo, innocente fino a sentenza definitiva.
Non è facile orientarsi nel Caffo-pensiero e nelle sue connessioni logiche, ma questo potrebbe essere un limite espistemologico di chi filosofo non è. C’è il Caffo che dice: “Non ho picchiato nessuno”. E c’è il Caffo che aggiunge: “Chiedo scusa moralmente ma non penalmente”.
[…] se non ha picchiato nessuno, a dispetto di quel che hanno ritenuto i giudici milanesi di primo grado, perché dovrebbe scusarsi? E poi che significa scusarsi “moralmente” anziché “penalmente”? Ci sta dicendo che non si è comportato bene con la sua compagna ma nessuno dei suoi comportamenti aveva rilievo penale? Resta un problema: per i giudici uno schiaffo e un dito rotto non sono incidenti da scuse morali, o meglio, possono anche esserlo, dopo, a patto che lo spostamento sul piano morale non sia un espediente per rimuovere il codice penale.
Che Caffo ammetta a modo suo di non essersi comportato in modo irreprensibile parrebbe confermato da quest’altra frase: “La filosofia e la cultura la fanno persone con contraddizioni, perché se uno si leggesse le biografie dei pensatori…”. Qui Caffo dice una cosa verissima: le vite non sono perfette, nemmeno quelle di chi è capace di trovare perfezione di pensiero nei propri libri. Poi c'è il dramma di chi è imperfetto nella condotta e nel pensiero, ma non divaghiamo.
Leonardo Caffo Zerocalcare Fumettibrutti
Qui il problema sembra un altro, e cioè che la sua affermazione smentisce un decennio abbondante di cancel culture, quella pratica intellettuale fondata sulla pretesa di giudicare la letteratura, l’arte, il cinema e in generale il pensiero altrui partendo proprio da un giudizio morale sulla vita degli autori, giudizio peraltro maturato applicando categorie e griglie contemporanee anche a gente di quattro, sei o dieci secoli fa.
Caffo nelle interviste ricorda la sua amicizia con Michela Murgia, scrittrice scomparsa, e difensora della cancel culture. O meglio, sostenitrice della tesi secondo cui la cancel culture è un’invenzione reazionaria di chi non tollera la battaglia senza esclusione di colpi contro la misoginia e il patriarcato. Murgia, nella sua frenetica attività intellettuale, si era occupata molto anche di violenza contro le donne e aveva scritto un manuale per contestare il lessico che spesso accompagna le cronache giornalistiche dei femminicidi.
Guai a parlare di “amore” o “amore malato”, no a “gelosia”, vietato il termine “raptus”. Murgia considerava giustificazioniste tutte quelle ricostruzioni che inquadravano il femminicidio nella sua cornice di partenza. L’idea era che qualsiasi accenno a una base emotiva del fatto di sangue fosse sempre, senza eccezioni possibili, ciarpame per assolvere il maschio.
Necessario, nelle regole dettate da Murgia, era lasciare in campo solo l'unica cornice capace di dare spiegazioni: la sopraffazione patriarcale. Secondo Murgia qualsiasi contestualizzazione era una scappatoia.
Detto che qui non è morto nessuno, per fortuna, l’allievo di Murgia parrebbe rivendicare il contrario: contestualizziamo, ridatemi la mia umanità, posso aver sbagliato ma non riducete tutto a teatrino ideologico. Per Caffo sarebbe un atto di umanità opporsi alla sua “mostrificazione”. “Siamo un Paese cristiano, esiste il perdono?”, ricorda, e anche qui resta il dubbio: ma perdono per cosa se non ha fatto niente?
Caffo spiega pure che Murgia se ne sarebbe fregata delle polemiche, lo avrebbe difeso a oltranza: “Michela l’ho sentita il giorno prima che morisse, sapeva tutto di me. Mi avrebbe invitato alla fiera, se ne sarebbe sbattuta delle critiche e li avrebbe asfaltati tutti. E penso che la fiera l’avrebbe dedicata a me”. Anche qui è probabile che Caffo abbia ragione.
Però i non filosofi si ritrovano a chiedersi: ma allora le patenti di moralità le dà un gruppo di autoproclamati illuminati? Gente che bacchetta per ideologia gli altri e si autoassolve se inciampa nei medesimi problemi per cui lincia il prossimo?
Dice Caffo: “Vorrei ricordare che oggi vale uno strano mito della purezza, che tra l’altro è in totale contraddizione con la storia dell’umanità”. Verissimo. Il talebanismo di certe crociate moralistiche è evidente, sarebbe utile se il concetto fosse condiviso non solo quando rischia di ritorcersi contro gli ideologi delle crociate.
[…] Caffo ci tiene molto a incorniciare i suoi ragionamenti dentro una premessa politica: lui non è di sinistra, anzi ha buttato giù il telefono quando lo hanno chiamato giornali di sinistra e ha invece risposto con piacere a quelli di destra perché, spiega a Libero, i giornali di destra “sono l’ultima architrave del libero pensiero”.
Le femministe? “Il femminismo classico l’ha inglobato il capitalismo”, dice Caffo, neanche avesse ingoiato un libricino di Fusaro. Quasi contiana la spiegazione del perché Caffo si sfila dall’album di famiglia: “Non sono di sinistra, infatti ho scritto un libro sull’anarchia”. Non è di sinistra, è “anarchico”. Siamo noi non filosofi a essere rimasti indietro, fermi a quando si dichiaravano “anarchici” in questo modo solo quelli di destra che non avevano il coraggio di dirsi tali.
ROBERTO SAVIANO CHIARA VALERIO
Non sappiamo se Caffo sia un Bakunin, per certo è un emulo di Giulio Base (il neodirettore del Festival del cinema di Torino, nominato dalla destra, ha subito voluto smentire: “Io di destra? No, sono anarchico”).
Caffo ha bisogno di qualcuno che gli dica che ha comunque ragione: ieri era Murgia, oggi è Mario Sechi su Libero. E allora? Conclude Caffo: “Ho sia idee di destra che idee di sinistra”. L’ultima flebile speranza di noi non filosofi è che non intenda questo: che è di destra quando dice che non ha fatto niente e di sinistra quando chiede perdono.
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