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"SOLO ORA HO CAPITO PERCHÉ CASAMICCIOLA È METAFORA DI ROVINA" - LO SCRITTORE GIUSEPPE FERRANDINO: “NOI ISCHITANI CONVIVIAMO CON IL RISCHIO TERREMOTO, CI NASCIAMO. DENTRO TUTTI NOI C'È IL RACCONTO DEL FAMOSO SISMA DEL 1883. UN EVENTO SCONVOLGENTE CHE HA TIMBRATO L'ANIMA DEGLI ISCHITANI, LA NOSTRA CONVIVENZA CON IL RISCHIO”
Pier Luigi Razzano per ‘la Repubblica’
«Noi ischitani conviviamo con il rischio terremoto, ci nasciamo. E nella memoria storica dell' isola, dentro tutti noi c' è il racconto del famoso sisma del 1883. Un evento sconvolgente che ha timbrato l' anima degli ischitani, la nostra convivenza con il rischio. Dopo il terremoto in cui Benedetto Croce perse i genitori e la sorella si è sempre detto "è successa una Casamicciola", un' espressione comune, saldata nell' immaginario collettivo, utilizzata per dare l' immagine di una grande distruzione. Ora posso dire, per davvero, e purtroppo, di aver visto con i miei occhi "una Casamicciola"».
Risente ancora il suono sordo e cupo della scossa del terremoto, le urla di paura attorno a sé. «E ho davanti agli occhi le tante macerie di qualcosa che non avevo mai visto prima», racconta lo scrittore Giuseppe Ferrandino. Nato a Ischia tradotto in tutta Europa, scoperto dall' editore Gallimard, autore del romanzo cult Pericle il Nero (Adelphi) e della recente biografia romanzata di Balzac, Onorato (Bompiani), vive sull' isola, proprio a Casamicciola.
Dove si trovava alle lunedì alle 20,57, al momento della scossa?
«A casa mia. In quel momento ero in camera mia, leggevo. All' improvviso ho avvertito una botta incredibile, un rombo fortissimo. Sono subito scappato fuori facendo uscire con me mia madre e mia sorella».
E poi cosa è successo?
«Il boato è stato forte, spaventoso, e c' è stato un blackout, ma non ci siamo resi conto subito della drammaticità della situazione. Macerie, tanta distruzione, urla, paura attorno a noi. Dopo poco siamo rientrati e abbiamo compreso che anche casa nostra era in condizioni terribili: in piedi, però con crepe dappertutto. Così siamo tornati fuori e con mio fratello e i parenti che vivono qui attorno, ci siamo radunati in un cortile sotto un pergolato.
Lì ci sentivamo più al sicuro, fino a quando pochi minuti dopo non ci è arrivata la notizia che una casa lì vicino era letteralmente crollata. Sono immediatamente andato a vedere se c' era bisogno di aiuto. Tutti pensavano che ci fossero delle persone lì sotto. Quando sono arrivato lì, ero agghiacciato. Il manto stradale pieno di macerie e detriti.
Tutto era irreale».
CIRO SALVATO DOPO IL TERREMOTO DI ISCHIA
terremoto ischia 2
Una prova della forza incontrollabile della natura...
«Per quanto abituato a convivere con le scosse, come tutti gli isolani, posso dire che ho visto per la prima volta il terremoto nella sua forza dura, spietata, spaventosissima. La casa di due piani a pochi metri dalla nostra era stata spostata dalla violenza della scossa, e praticamente non c' era più. Una visione sconvolgente».
Che riflessioni le ha suscitato?
«In quel momento, davanti al crollo, ho pensato: anche se corri, tenti di scappare, se cerchi una via di fuga, la forza della distruzione ha un raggio imprevedibile e cieco. Per fortuna sotto la macerie non c' era nessuno. Sono addolorato per la morte delle due donne, e allo stesso tempo rincuorato, felice per la salvezza dei tre bambini».
Dolore e sollievo insieme.
I SOCCORSI DOPO IL TERREMOTO DI ISCHIA
«Ho trascorso la notte sveglio e in macchina, i miei famigliari sotto il pergolato. Attorno a me ho visto persone che si accucciavano, cercavano riparo come e dove potevano. C' era molta paura, però, è vero, anche un sentimento di scampato pericolo ».
Che cosa significa vivere in un' isola bellissima ma che sembra avere nella sua natura e nel suo destino l' impermanenza, il provvisorio?
«Nel terremoto del 1981 assistetti a un fenomeno particolare, diverso da questa volta. In quell' anno, dopo la scossa, uscii in strada e c' erano gli alberi che dondolavano in modo spaventoso e innaturale, le fronde toccavano terra. Non avevo mai visto una cosa del genere, incredibile».
Fino all' altra sera.
«Con quel rombo che anticipava la distruzione ».
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