“CHIARA, TI RICORDI QUANDO HAI AMMESSO A FEDEZ CHE TI SEI SCOPATA ACHILLE LAURO?” - IL “PUPARO” DEL…
Paolo Berizzi per “la Repubblica”
il luogo in cui i fratelli kouachi sono asserragliati
Non c’è retorica nel mondo dei sopravvissuti. «Mi ha lasciato andare e adesso mi chiedo: è bastato un cerotto? Aveva il mitra in spalla, era insanguinato. Pensavo che la sua mente fosse accecata dall’adrenalina. E invece, in quel momento, deve essergli scattata una molla. E qualcuno dal cielo ha guardato giù». Al numero 32 di rue de Veaumoise, zona residenziale di Othis, seimila anime nel dipartimento di Senna e Marna, Michèl Catalano fa segno ai due gendarmi di piantone nel cortile della villetta che possono stare tranquilli.
Ha il viso tirato, però accetta di parlare. È stata una notte di veglia, forse non desidera altro che chiuderla qui. «Said Kouachi (il più vecchio dei due “fratelli Jihad”, ndr), aveva una ferita al collo. È entrato così, sanguinante. Avevo capito che conveniva stare calmo».
il luogo in cui i fratelli kouachi sono asserragliati
Sono le 9 di venerdì mattina a Dammartin- en-Göele: al piano terra della tipografia “Creation Tendance Decouverte”, la ditta a conduzione familiare dei Catalano, la lunga giornata dell’assedio, il primo in ordine di tempo, cinque ore dopo verrà Porte de Vincennes a Parigi, ha inizio.
«L’ho subito soccorso — stringe le spalle Michel — anche se ormai mi era chiaro chi fossero quei due che avevano fatto irruzione. Ho preso garza e cerotto dalla cassetta. Il tipo (Said Kouachi) sembrava più calmo. Con il fratello si sono guardati. Poi mi hanno lasciato andare. Sono uscito dal laboratorio e ho subito dato l’allarme alla polizia».
forze speciali francesci caccia all'uomo kouachi 7
L’ha scampata non sa nemmeno lui bene come e perché Catalano, che ha 56 anni e i capelli grigi, e solo adesso, guardando in televisione i filmati dell’assalto delle teste di cuoio, si rende conto di cosa diavolo è stato. «Penso a Lilian, il mio grafico. È incredibile quello che ha fatto, è stato grande...».
Già, l’ostaggio invisibile Lilian Lepère. Il ventisettenne con l’hobby dei giochi di ruolo — è un assiduo praticante del paintball, lo sport americano dove devi colpire l’avversario sparando delle palline di gelatina riempite di vernice gialla - fa un effetto a dir poco surreale visto il contesto. Accucciato dalle 9 alle 17 tra i cartoni in un locale al primo piano della stamperia.
forze speciali francesci caccia all'uomo kouachi 1
«È un esperto di tattica», scherzano Yannik e Pierrick, due amici che hanno visto Lilian rientrare stremato all’una di notte con il padre Pascal nella casa di famiglia in rue Racine, a Dammartin. In effetti finzione e realtà sembrano mischiarsi. Lo “stratega” che la domenica gioca alla guerra dal cellulare ha detto quello che poteva e sapeva agli uomini dei reparti speciali della polizia.
cartina zona assedio ai fratelli kouachi
Ma con chi gli ha parlato nelle ultime ore, e con la sorella Cindy, e la madre Sabrina, ha sdrammatizzato: «Non sono un eroe, ho cercato solo di mettermi in salvo come potevo e, quando ho capito la situazione, mi sono messo in contatto coi poliziotti. Sono vivo per miracolo, pensavo che mi avrebbero trovato».
Le granate e la pioggia di piombo esplose dal raid hanno poi falciato i Kouachi usciti fuori come kamikaze sparando all’impazzata. Quattro minuti dopo, sono le 17,07, vengono giù le vetrine dell’Hyper Cacher. Dentro il supermercato kosher il fucile carico di odio e fanatismo di Amedy Coulibaly — collegato ai “fratelli della Jihad” — ha già schiantato quattro ostaggi di origine ebraica. Decine di clienti si sono precipitati in strada. Altri lo fanno dopo il blitz delle forze dell’ordine. Tra loro Sarah Bitton, belga, 21 anni: ha in braccio il figlio di appena 11 mesi.
LA CACCIA AI FRATELLI KOUACHI A DAMMARTIN
C’è un altro uomo, alto e grosso: si chiama Illan e porta in salvo il suo bambino che ha 3 anni. La foto fa il giro del mondo. Storie di sopravvissuti al massacro. Storie di chi ha salvato vite. Come Lassana Bathily. Ventiquattro anni, immigrato del Mali, di religione musulmana. È un dipendente del supermercato. Sentite cosa ha fatto. «Quando ho sentito gli spari e le grida ho preso sei clienti, i più vicini a me. Ci siamo nascosti nella cella frigorifera. Ho acceso la luce e spento il sistema di raffreddamento. Mi è venuto di istinto portarli lì. Sapevo che in quel posto saremmo stati al sicuro».
Tra le corsie c’era l’inferno. «Ho detto a chi era con me di calmarsi e di non fare rumore, perché se l’attentatore ci avesse scoperto, ci avrebbe ucciso». Lassana a un certo punto esce dal montacarichi: scappa all’esterno. «Gli altri hanno avuto paura, sono rimasti nella cella finché la polizia non è entrata nel supermercato ». Lo chiamano “eroe”, non smetteranno mai di ringraziarlo.
Il capannone dove i fratelli Kouachi sono asserragliati
È diventato uno dei simboli della Parigi che non si piega alla tre giorni di terrore, al sangue fatto scorrere dal delirio stragista dei vendicatori di Maometto. «Coulibaly appena è entrato ci ha detto che non aveva paura di morire, sapeva che sarebbe morto ieri», racconta un’altra testimone dell’assalto al negozio kosher. «Eravamo nel reparto caramelle quando abbiamo sentito gli spari.
Era armato di due kalashnikov, un coltello e una pistola. Ha iniziato subito a sparare, siamo stati per ore accanto a due cadaveri», ha aggiunto la donna scampata al massacro. Chi abita davanti al supermercato descrive così la scena dell’assalto delle teste di cuoio: «È stata come una bomba. Abbiamo sentito la terra tremare e poi una cinquantina di spari», dice Adele, 27 anni, appartamento al decimo piano di un palazzo su avenue di Porte-de-Vincennes.
Il “soldato” dello Stato islamico Amedy Coulibaly cade sotto la raffica di colpi dei tiratori della polizia. Come in ogni storia di abisso criminale, c’è sempre l’immagine di un paradosso: di chi ricorda il killer come una persona «gentilissima, molto cordiale ». «Lui e anche la sua fidanzata, Hayat Boumeddiene», giura una vicina di casa uscendo dal palazzo di Fontenay aux Roses, periferia sud di Parigi. Lui è morto da «martire » trascinando con sé cinque vittime innocenti. Lei è in fuga armata, forse nelle terre siriane controllate dal Califfato.
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