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Nicola Pinna per “la Stampa”
Tra i cespugli all' ingresso del paese si raccolgono bossoli: né funghi né asparagi, ma cartucce di pallettoni appena esplosi. Non sono le tracce del passaggio dei cacciatori di cinghiali, quelle che spuntano sotto i primi lampioni di Esporlatu, dove fino a pochi giorni fa c' era un impianto di videosorveglianza super tecnologico.
A Capodanno i soliti tre incappucciati l' hanno abbattuto con una raffica di fucilate: registrazione bloccata all' istante, immagini salvate nei server del centro di controllo. «Sono sempre gli stessi - svelano in Comune - Non si vedono in faccia e sono vestiti di scuro, ma dai movimenti si capisce chiaramente che gli autori anche di quest' ultimo attentato sono quelli che hanno organizzato i precedenti».
I fucilieri della notte da queste parti si sono fatti molto spavaldi e non si preoccupano più neanche di far sparire le tracce dei loro blitz. Incendi, bombe, minacce di morte e sparatorie. Una specie di guerra che terrorizza i 385 abitanti. Gli attentatori hanno quasi la certezza dell' impunità e se nessun carabiniere ha raccolto i proiettili dimenticati sul ciglio della strada è facile immaginare che anche stavolta le indagini non porteranno a nulla. Va avanti così da due anni e mezzo, in questo piccolo paese del Goceano: un angolo di Sardegna a metà strada tra Sassari e Nuoro, dove la gente ripete sempre più spesso la parola mafia. «Siamo ostaggio di una specie di clan che ci terrorizza - riflettono tre anziani riuniti al bar - Qui c' è un gruppo di prepotenti che ci vuole rendere la vita impossibile e ci sta riuscendo».
LA FAIDA NEL COMUNE DI ESPORLATU
Il sindaco Franco Furriolu vive in una specie di trincea fin da quando è stato eletto: messaggi intimidatori e attentati veri e propri. «Hanno iniziato sei mesi dopo l' elezione - racconta - Prima hanno lanciato una molotov dentro il mio garage, poi mi hanno incendiato la porta di casa. Temo che non sia finita. Nel frattempo ci è già passata tutta la giunta: siamo in carica dal giugno 2016 e abbiamo subito 9 attentati. Tutto quello che viene fatto dall' amministrazione, dalla sistemazione dei giardini ai piccoli lavori, viene distrutto. C' è qualcuno che vuole costringerci alle dimissioni ma non l' avrà vinta. Resisteremo, anche se vivere sotto assedio non è facile».
Con la pistola Il primo cittadino da qualche mese gira armato e la pistola sembra essere l'unica difesa. Perché il volto rassicurante dello Stato qui non si vede quasi mai. In questi giorni di allarme e polemiche le pattuglie dei carabinieri passano più frequentemente, ma a Esporlatu non c'è neanche la caserma.
«Tutto questo fa comodo a chi ha scatenato la guerriglia», riflette il vicesindaco Giovanni Canu, appuntato dell' Arma in pensione, che da quando è impegnato in politica si è ritrovato con una macchina bruciata e la casa di campagna abbattuta da una bomba: «La nostra colpa è solo quella di aver imposto regole precise sulla circolazione stradale, sullo sfruttamento dei terreni pubblici, sull' utilizzo della biblioteca o della piscina estiva. Qualcuno invece voleva vivere come in una riserva indiana».
LA FAIDA NEL COMUNE DI ESPORLATU
L'ossessione per i regolamenti, gli amministratori di Esporlatu la stanno pagando cara. E il movente di questa battaglia c' è chi l'ha spiegato pure su Facebook: «I militari non ci servono». È un messaggio a doppio senso, che non è solo rivolto all' aumento dei controlli invocato dalla giunta.
Il riferimento è diretto al sindaco, dipendente civile del Ministero della Difesa e al suo vice che è un ex carabiniere, ma anche all' assessore all' agricoltura che fa il maresciallo a San Teodoro e a un consigliere di maggioranza che è un militare della Brigata Sassari.
Le bombe e gli incendi finora sono rimasti senza colpevoli e l' unico che prova a mediare è il parroco. «Sono pronto a parlare con tutti, perché qui serve dialogo - ripete don Tonino Massidda - Gli autori di questi attentati si assumano il coraggio di confrontarsi».
In chiesa tutti ascoltano e annuiscono, ma la predica resta inascoltata. E tra Natale e Capodanno i pallettoni hanno prima abbattuto le luminarie, poi crivellato la facciata del municipio e distrutto l' impianto di videosorveglianza. «Non abbiamo neanche il coraggio di organizzare una fiaccolata - ammette un giovane allevatore in pausa pranzo - Se esprimi solidarietà agli amministratori rischi di diventare nemico di quelli che sparano».
A Esporlatu lo spopolamento non è uno spettro futuro: è già realtà. Nel 2018 è nato solo un bambino, ma il prete ha celebrato parecchi funerali. Sono rimaste solo tre piccole imprese e il datore di lavoro con più dipendenti è l' agenzia regionale Forestas che ha in carico tre operai. Di giorno non c' è traffico e la sera tutti si rintanano in casa.
«Certo, il rischio è quello di trovarsi di fronte qualcuno con il fucile in mano - dice una pensionata che accompagna in aeroporto il figlio emigrato all' estero - Meglio non essere testimoni di nulla, perché poi te la fanno pagare».
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