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IL PASSEROTTO SE NE É ANDATO VIA - DALLE CITTA’ SPARISCONO GLI UCCELLI UCCISI DA RAPACI, BATTERI E ASSENZA DI CIBO - TANTE SPECIE COLPITE, SI É DIMEZZATA “LA PASSERA D’ITALIA” - ALLODOLE E RONDINI A RISCHIO

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Jenner Meletti per “la Repubblica”

 

Sul tavolo sotto il portico, biscotti e noccioline. «Fino a tre anni fa, se facevi un aperitivo con un amico, dovevi “combattere” con i passeri, ingordi di briciole. E invece l’ultimo passero, qui a casa mia, l’ho visto due anni fa. Non c’è più nessun nido. Nessun cinguettio di Passer italiae, nemmeno all’alba o verso sera. L’altro giorno sono nati i primi merli, ma le gazze Pica pica li hanno mangiati subito».

 

Una casa di campagna, sui primi colli. Un grande pollaio che per i passeri era un self service. Fabio Legnaro, contadino, dice che «a fare male è soprattutto il silenzio». «I cinguettii dei passeri erano la colonna sonora delle nostre giornate. Ora è rimasta solo qualche cinciallegra. Ma fino a pochi anni fa erano migliaia, queste cinciallegre. E ancor più i passeri. E c’erano le capinere, i fringuelli, gli usignoli, i cardellini. Ora ci sono solo i versi striduli delle gazze e delle cornacchie grigie».

 

Sono scomparsi, i passeri, in tanti pezzi d’Italia. «Anche noi ce ne siamo accorti tre anni fa», racconta Michele Zanetti, naturalista e divulgatore, che al centro “Il Pendolino” a Noventa di Piave ogni anno insegna a 5.000 bambini geografia naturale ed ecologia.

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«Avevamo sotto osservazione una casa colonica dove ogni anno nidificavano 20 coppie di passeri. Dal 2012 c’è stato un forte calo, l’anno scorso non c’era nessun nido. Quest’anno c’è stata una ripresa, con una sola coppia. Il motivo della scomparsa? Abbiamo pensato a batteri diffusi dalle tortore, ma non abbiamo nessuna certezza. I passeri sono letteralmente scomparsi dai paesaggi urbani del Veneto Ovest, mentre ad esempio resistono a Venezia, forse perché è isolata, forse perché lì le tortore sono ancora poche».

 

È un giallo, la fine dei passeri. Ma ci sono indizi per trovare i colpevoli. Primo imputato: la fame. Soprattutto nel periodo di riproduzione (tre o quattro covate all’anno, con tre-sette piccoli ognuna) il passero mangia insetti, che sono fortemente diminuiti.

 

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La rivista Science nel 2014 ha pubblicato una ricerca secondo la quale la popolazione mondiale di insetti è diminuita del 45 per cento in soli 35 anni. In Inghilterra, territorio non troppo dissimile dal nostro, il calo è stato del 60 per cento. «Il passero — spiega Lorenzo Serra, primo ricercatore area avifauna dell’Ispra di Ozzano (Istituto superiore per la ricerca e protezione ambientale) — ha bisogno di trovare insetti a meno di un chilometro dal nido. Altrimenti non riesce a nutrire i piccoli e si estingue. Il crollo degli insetti è evidente. Per il mio lavoro viaggio spesso di notte anche in aree protette. Fino a pochi anni fa il parabrezza dell’auto veniva coperto da insetti. Ora è pulito».

 

Secondo imputato: il rapace. «Corvidi e falchi uccidono passeri e devastano nidi, ma non creano problemi seri se la popolazione attaccata è sana e numerosa. Purtroppo in alcune zone i rapaci trovano i passeriformi già allo stremo e possono essere devastanti ».

 

«Cinque passeri non si vendono forse per due soldi? (Luca. 12,6). «Due passeri non si vendono forse per un soldo? (Matteo. 10,29)». I Vangeli testimoniano la grande diffusione di questi uccelli già duemila anni fa.

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E oggi? «Come Ispra, assieme alla Lipu — racconta Lorenzo Serra — abbiamo preparato per il ministero dell’Ambiente il Rapporto sullo stato di conservazione degli uccelli italiani, dal 2000 al 2012, che andrà in stampa nei prossimi giorni. Si calcola che oggi siano presenti tra i due e i tre milioni di coppie di Passer italiae, il più diffuso, e da 400.000 a 800.000 coppie di Passer hispaniolensis. Di Passer domesticus restano invece fra le 10.000 e le 30.000 coppie. L’italiae e l’hispaniolensis vengono definite “categorie vulnerabili” ».

 

Più preciso il Progetto Mito (Monitoraggio italiano ornitologico), finanziato dal ministero del’Agricoltura. Dal censimento svolto con il metodo “transetto lineare” — cammini per un chilometro e annoti la presenza di ogni uccello — risulta che fra il 2000 ed il 2013 la Passera d’Italia è diminuita del 48,99 per cento, quella Montana del 48,39, la Sarda o hispaniolensis del 23,36. Anche tanti altri uccelli sono in pericolo. L’allodola è quotata a meno 46,98, il verdone e meno 47,55, la rondine a meno 26,29, il torcicollo a meno 64,06, il rigogolo addirittura a meno 143,14.

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«Per i passeriformi — dice Lorenzo Serra — la situazione più pesante è nelle campagne coltivate. Lì il declino è evidente, sull’orlo dell’abisso. Oltre al calo degli insetti, ci sono problemi con i nicotinoidi e con altre sostanze usate nei campi. Ma noi non riusciamo ad andare oltre il monitoraggio. Bisognerebbe studiare le cause vere della mortalità, esaminare le uova e gli uccelli morti, come si fa in altri Paesi. Sapremmo farle bene, queste ricerche, ma non ci sono finanziamenti. Sulla scomparsa dei nostri volatili, adesso almeno c’è più attenzione. Stiamo preparando l’Atlante italiano degli uccelli. Ogni cittadino può fare segnalazioni sul sito www.ornitho. it. Ne sono arrivate già sette milioni».

 

 

C’è ancora silenzio, attorno alla casa di Fabio Legnaro. «Qui i rapaci hanno già vinto. Dopo i passeri, quest’anno sono scomparse anche le rondini. Non c’è da stupirsi: l’anno scorso le gazze aspettavano sui tetti la nascita dei piccoli per poterli mangiare. E l’anno prima ho visto le rondini catturare le farfalline della piralide del mais, appena trattate con insetticida, per cibare i loro piccoli. Il giorno dopo buttavano fuori da nido i rondinini morti avvelenati».

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