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Salvo Palazzolo per “la Repubblica”
Un altro mistero attraversa le stanze e i corridoi della procura generale diretta da Roberto Scarpinato. Alcune immagini delle telecamere di sorveglianza sono sparite. All’improvviso. Sull’hard disk non ci sono più. Ed è un vero giallo, perché in quelle immagini erano impressi i quattordici giorni in cui qualcuno ha fatto irruzione al primo piano del palazzo di giustizia, lasciando una scritta minacciosa su una porta: «Accura», stai attento. Ora, quelle registrazioni risultano cancellate. E nel palazzo un tempo dei veleni, ora dei misteri, torna l’ombra di una talpa, che potrebbe aver manomesso il sistema di videosorveglianza.
È questa l’ipotesi inquietante su cui adesso indagano i magistrati della procura di Caltanissetta, che hanno iscritto il fascicolo dell’inchiesta non solo per «minacce», ma anche per «accesso abusivo a un sistema informatico». È un’inchiesta, al momento, «contro ignoti». E senza l’aggravante di mafia. Una scelta molto significativa quella del procuratore Sergio Lari e del suo pool: per i magistrati nisseni non ci sarebbe Cosa nostra dietro le minacce al procuratore generale di Palermo che sta indagando sui servizi deviati.
LA SEDE DELLA PROCURA DI PALERMO
E se non è la mafia, chi si è mosso allora? Argomento scottante, la procura nazionale antimafia ha dato ai pm di Caltanissetta la propria disponibilità a scendere in campo per collaborare nelle indagini.
Mercoledì scorso, Scarpinato non ha utilizzato mezzi termini nella sua audizione davanti alla commissione parlamentare Antimafia: «La lettera che mi è stata recapitata sulla scrivania puzza di apparati deviati». Gli hanno scritto, al computer: «Possiamo raggiungerti ovunque». E ancora: «Noi non facciamo eroi». Come dire, possiamo colpire con una calunnia, una terribile bugia, un’altra lettera piena di fango. Se non è la mafia, chi c’è dietro queste minacce? Mentre le indagini proseguono, il comitato per l’ordine e la sicurezza presieduto dal prefetto di Palermo Francesca Cannizzo ha deciso un ulteriore rafforzamento della vigilanza attorno al procuratore generale.
Ma al presidente della commissione antimafia, Rosy Bindi, non basta: «Occorre fare rapidamente luce sulle minacce a Scarpinato. È inquietante e gravissimo che siano sparite delle immagini registrate». Il vice presidente Claudio Fava avrebbe voluto a Palazzo San Macuto il presidente del Consiglio Renzi e il sottosegretario Minniti. Dice: «Si garantisce davvero sicurezza ai magistrati e alle loro indagini se abbiamo trasparenza sul ruolo dei Servizi ».
Ma le due audizioni sono state bocciate dai capigruppo della Camera. «Punti controversi — prosegue Fava — restano il protocollo Farfalla, con cui il vecchio Sisde gestiva alcuni confidenti al 41 bis. E i rapporti fra l’attuale Aisi e il boss Sergio Flamia». Sono i due capitoli dell’indagine di Scarpinato. E, intanto, uno dei capimafia citati nel protocollo Farfalla, Cristofaro Cannella (condannato per la strage Borsellino), fa sapere tramite il suo legale: «Mai ricevuto proposte o avuto contatti con i servizi segreti».
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