“HO SCOPERTO DI AVERE UN TUMORE ALLA LINGUA PER IL DOLORE ALLA MASCELLA E I SAPORI CHE ERANO DIVENTATI ORRIBILI” – L’ATTORE STANLEY TUCCI RACCONTA LA MALATTIA CHE GLI È STATA DIAGNOSTICATA NEL 2021 E IL SUO PERCORSO DI GUARIGIONE: “ANCORA OGGI FACCIO FATICA A DEGLUTIRE. ERO COSÌ DEBOLE. SALIRE LE SCALE ERA UNO SFORZO SUPREMO” – “ERO CONTRARIO ALLA CHEMIOTERAPIA. MOLTI LA PROVANO ALL'ULTIMO E TI DICONO CHE NON FUNZIONA. SE MUORI INVECE DOPO LA CHEMIOTERAPIA, TI DICONO SOLO CHE IL CANCRO ERA TROPPO FORTE. MA POI L’HO FATTA PERCHE’…”

Estratto da www.leggo.it

 

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«Pensavo di avere fame ma il sapore in bocca era così orribile». Stanley Tucci ha raccontato al The Guardian del suo tumore alla lingua. Una condizione di vita che lo ha segnato molto: «Ero così debole. Salire le scale era uno sforzo supremo».

 

Ancora oggi ha difficoltà a deglutire, ma anche grazie alla vicinanza della moglie Felicity (si sono sposati nel 2012), è riuscito a superare la malattia: «Ci sono grandi parti che non ricordo. Lei vi potrà parlare di quella volta in cui sono crollato a terra, di cui non ho alcun ricordo. So però di essere stato così infelice e nauseato che non riuscivo a sollevare la testa dal cuscino». La star di Hollywood, noto al grande pubblico per film come Il diavolo veste Prada, si è raccontato al The Guardian. […]

 

Tucci racconta che tutto è cominciato nel 2017 con un forte dolore alla mascella: «Dolore non era la parola giusta. Poi si espanse nella mia gola». Dopo due anni gli trovarono un tumore alla base della lingua. […]

 

stanley tucci e la moglie felicity

Tucci inizialmente era contrario al trattamento: «Sapevo molto su questo aspetto e volevo provare dei trattamenti alternativi. Molte persone li provano all'ultimo minuto e ti dicono che non funziona. Se muori invece dopo la chemioterapia, ti dicono solo che il cancro era troppo forte. Alcuni trattamenti alternativi funzionano per le persone. Ogni cancro è diverso, ogni paziente è diversa».

 

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Qua è stata fondamentale la moglie Felicity: «Era categoricamente contraria. Era molto insistente. Voglio dire, ha dovuto trascinarmi a calci e urla o non sarei stato lì». Così ha preso la decisione: «L'unica opzione praticabile era trentacinque giorni di radiazioni mirate ad alto dosaggio e sette sedute di chemioterapia a basso dosaggio. Fortunatamente, poiché il tumore non aveva metastatizzato, il trattamento aveva un tasso di guarigione vicino al 90 percento con un tasso di recidiva estremamente basso. Erano cifre molto difficili da contestare. Quindi, alla fine, l'ho fatto perché dovevo farlo».

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