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“STASI SEI FINITO, LA PAGHERAI”: A PROCESSO LA SEDICENTE MEDIUM CHE MINACCIAVA L’OMICIDA DI CHIARA POGGI - “COMUNICAVO CON LEI, ERA LEI CHE MI DICEVA COSA SCRIVERE”. ROBA TIPO “BASTARDO CHE VENDI ORGANI UMANI”, “PARENTE DEI CLAN”, “FREQUENTATORE DI FESTINI OMOSESSUALI”, “NON BASTERANNO I PROIETTILI A FERMARE LA PAROLA DIVINA”
“Comunicavo con Chiara, ho questo dono. E non volevo minacciare Alberto Stasi, scrivevo quello che mi diceva Chiara”. Maria Grazia Montani, imputata a Milano per diffamazione e minacce aggravate nei confronti dell’omicida di Chiara Poggi, si è difesa così durante l’interrogatorio in aula durante il processo per gli insulti scritti su una pagina Facebook dal nome “Delitto di Garlasco: giustizia per Chiara Poggi”, aperta nel 2009.
“Non volevo minacciarlo, io avevo paura di lui”, ha detto riferendosi a Stasi. “Scrivevo quello che mi diceva Chiara, con cui comunicavo anche dopo la sua morte perché ho questo dono fin da bambina”.
La donna, 51 anni, ha sostenuto di “parlare quotidianamente” con la ragazza uccisa nel 2007 e di inviare degli sms con i suoi messaggi alla madre della giovane. Secondo il suo racconto, sarebbe stata proprio la 26enne uccisa nella sua casa di Garlasco a dirle di leggere alcuni “articoli di giornale” relativi al delitto. “Mi parlava anche nel sogno – ha affermato l’imputata – e alcune volte mi svegliavo urlando”.
La donna ha poi dato la sua versione riguardo ad un incontro con Stasi avuto a Milano nel parcheggio della stazione Famagosta, nel settembre 2013. Riguardo a questo episodio, l’ex bocconiano – in carcere a Bollate dopo la condanna definitiva a 16 anni di carcere per l’assassinio della sua fidanzata – ha detto di essere stato pedinato e fotografato da Montani. “Mi trovavo lì perché in quel periodo, tre volte alla settimana, andavo a casa di mio padre a fare le pulizie. Quel giorno è stata Chiara a dirmi che Stasi si trovava in auto”.
Per questo motivo, l’imputata ha sostenuto di essere uscita e di aver scattato prima una foto alla sua macchina e poi a quella di Stasi: “A quel punto l’ho visto accovacciato sul sedile posteriore”, ha aggiunto. Rispondendo ad una domanda del legale di parte civile, Giada Bocellari, che le chiedeva come faceva a sapere che proprio quella era la vettura dell’uomo, ha detto: “Lo sapevamo tutti qual era la sua macchina. Lo abbiamo letto sui giornali“.
Nei post scritti da Montani, come ha raccontato lo stesso Stasi in aula nella scorsa udienza, vi erano epiteti come “bastardo” e accuse come “corruzione di periti e giudici e di vendita di organi umani” e di “rapporti di parentela con i clan”. Inoltre, ha affermato lo stesso 34enne, vi erano anche dettagli sulla sua vita personale: “Cioè che facevo festini a sfondo omosessuale e gay” e “che assumevo sostanze stupefacenti”. Molte anche le minacce: “Stasi sei finito – ha ricordato – la pagherai, non basteranno i proiettili a fermare la parola divina”.
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