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“’STE MERDE SO’ ABITUATE A CALARE LE RECCHIE E POI SPARARE AGLI AMICI DIETRO LA TESTA” – NEL LIBRO INCHIESTA DI FRANCESCA FAGNANI IL BOSS ALBANESE ELVIS DEMCE ATTRIBUISCE LA RESPONSABILITÀ DELL’OMICIDIO DI DIABOLIK A MICHELE SENESE DETTO ‘O PAZZO – LE FRASI SPREZZANTI SU PEPPE MOLISSO, INDAGATO COME MANDANTE DELL’ESECUZIONE DEL "DIABLO" INSIEME A LEANDRO BENNATO E AD ALESSANDRO CAPRIOTTI - "HANNO VOLUTO FA’ ’STO GIOCO E MO’ GLI FACCIO VEDERE IL DIAVOLO QUANTO PO’ ESSE BASTARDO PIÙ DE LORO. LE INFAMITÀ SI PAGANO SEMPRE…"

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Estratto da “Mala. Roma criminale”, di Francesca Fagnani (ed. Sem)

 

fabrizio piscitelli demce

Elvis Demce è un doppiogiochista che si infila ovunque, ambizioso, vendicativo, abile dissimulatore, un camaleonte senza scrupoli che chiama tutti fratelli, ma che all’occorrenza è pronto a tradire chiunque.

 

Dopo la morte del suo amico Diabolik, mantiene e blinda il rapporto con i Senese corrispondendo ogni mese una quota dei guadagni, in segno di fedeltà e sottomissione. Eppure, in una chat segreta, non solo usa termini sprezzanti nei confronti di Michele ’o Pazzo, ma gli attribuisce la responsabilità dell’omicidio di Diablo.

 

diabolik fabrizio piscitelli

«’Ste merde so’ abituate a calare le recchie e poi sparare agli amici dietro la testa», dice, salvo sbrigarsi, per paura o interesse, a smentire tutto attraverso i suoi avvocati, sostenendo di essere stato frainteso. Allo stesso modo, altrettanto ambiguo è il suo rapporto con un altro peso da novanta nella criminalità romana, l’uomo forte del cartello Senese, Peppe Molisso, indagato come mandante dell’esecuzione di Piscitelli, insieme a Leandro Bennato e ad Alessandro Capriotti.

 

Demce sembra voler allontanare da Molisso e Bennato i sospetti dei familiari di Diabolik. Il 28 aprile del 2020, con la figlia e la moglie di Piscitelli, Elvis sostiene la tesi che a tradirlo sia stato il suo socio Fabrizio Fabietti.

 

L’obiettivo è conquistarsi la fiducia proprio di Molisso e Bennato, salvo poi – come vedremo – progettare ben altro contro di loro: «Hanno voluto fa’ ’sto gioco e mo’ gli faccio vedere il diavolo quanto po’ esse bastardo più de loro». Era la vendetta di Demce verso chi aveva deciso la morte del suo amico o era il sogno di una scalata che lo avrebbe portato a prendere il posto di Giuseppe Molisso e Leandro Bennato, i due narcos più potenti di Roma?

 

elvis demce

«Fare il malandrino ammazzando gli amici con infamità, non sei malandrino, ma solo uno sbirro», dice Demce a un uomo di sua fiducia, Alessio Lori detto Chiappa. «Loro ’sta cosa non si so’ regolati e le infamità, frate’, si pagano sempre… perché se non si rispetta il codice, è finita la malavita ed è rimasta solo la balordaggine».

 

Ma Demce, ormai si è capito, è sempre pronto a cambiare gioco. I suoi rapporti con l’albanese Ermal Arapaj detto l’Ufo, invece, una volta tanto erano chiarissimi: i due si detestavano. Eppure, c’era stato un tempo in cui erano amici e si chiamavano tra di loro cugini.

 

FRANCESCA FAGNANI - MALA

«Lui mangiava a casa mia l’ultimo piatto di pasta che c’era», racconta Ermal, intercettato dai carabinieri. «Poi è impazzito e mi ha mandato delle persone a casa con il ferro, dicendomi: “Tu devi lavorare con me”. Gli ho detto: “Vedi che non ho bisogno di lavorare con te”. Voleva diventare il capo dei capi».

 

Secondo Ermal, dopo la galera Demce era tornato in pista agguerrito: «Quando è uscito, era come un toro pazzo, stava fuori di testa, non diceva altro che: “Uccido quello, uccido quell’altro”. Era impazzito».

 

Arapaj si era preso le piazze di spaccio di Velletri, che valevano oro e che fino alla sua detenzione erano un feudo di Elvis. Se n’era impossessato senza peraltro riconoscergli nemmeno un corrispettivo economico.

 

ELVIS DEMCE

Demce si era vendicato dei suoi nemici per molto meno, figurarsi se uno sgarro così poteva rimanere impunito. Appena fuori dal carcere, infatti, gli aveva dichiarato guerra al grido di «È uscito l’Isis».

 

Bastava solo attendere il pretesto giusto, che arriva quando un suo fiancheggiatore di nome Emiliano riferisce a Elvis di aver acquistato una partita di coca di bassa qualità, impossibile da smaltire per l’approccio aggressivo del gruppo degli albanesi di Arapaj, che gli facevano terra bruciata intorno.

 

Demce capisce che è arrivato il momento buono per agire. «Hanno dimenticato che c’è il lupo», dice a Emiliano. «Due cose hanno dimenticato, gliele ricordo veloce veloce, se ti dovesse capitare di parlare con questa testa di cazzo, digli: “Fino a quando c’era il gatto… di chi è la città lì?” La città ha un proprietario o non ce l’ha?».

fabrizio piscitelli diabolik

 

«Adesso no», risponde Emiliano.

 

«E allora mi dimenticano? - domanda Elvis – Arriva un coglione e ognuno fa come cazzo gli pare!».

 

«Stanno facendo i soldi quelle monnezze, è incredibile!» rincara la dose l’interlocutore.

 

Demce alla fine pronuncia la sua sentenza: «Tu lo sai che adesso io romperò il culo a tutti? Voi siete degli ospiti e pensate che adesso qualcuno non pagherà o cosa?». Quindi aggiunge: «Non si deve mischiare nessuno. Quel posto ha un Dio». Lui.

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