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“IL BRACCIALETTO ELETTRONICO CHE DOVEVA PROTEGGERE MIA MADRE ERA SPENTO PER CONSENTIRE A MIO PADRE DI FARE LA SPESA. COSI’ LUI HA POTUTO UCCIDERLA” - LA FIGLIA MIRIAM PARLA DELL’OMICIDIO DELLA MAMMA, UNA CITTADINA TUNISINA DI 46 ANNI, UCCISA A COLTELLATE A UDINE, DALL'EX MARITO MOHAMED NACEUR SAADI (GIÀ CONDANNATO PER VIOLENZE SULLA MOGLIE A CINQUE ANNI E QUATTRO MESI DI CARCERE) – “QUELLA MATTINA MIO FRATELLO HA INCONTRATO PAPÀ ALLA STAZIONE. LUI GLI HA DATO 60 EURO DICENDOGLI “VAI A FARTI UN GIRO” E…”

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Samia Bent Rejab Kedim Mohamed Naceur Saadi FEMMINICIDIO UDINE 23

Samia Bent Rejab Kedim, cittadina tunisina di 46 anni, è stata uccisa a coltellate lo scorso 17 aprile nella sua casa a Udine, dal marito Mohamed Naceur Saadi. Il 59enne poi è morto schiantandosi in auto contro una betoniera. Una storia molto simile a quella di San Secondo Parmense. I due avevano tre figli. Miriam Saadi, 21 anni e una bimba piccola, parla oggi con il Corriere della Sera del femminicidio della madre. E rivela che il braccialetto elettronico che doveva proteggerla era spento. Il dispositivo era spento: succedeva due ore ogni due settimane per consentire a lui di andare a fare la spesa.

 

 

Saadi era già stato condannato per violenze sulla moglie a cinque anni e quattro mesi di carcere. Era in corso la causa di separazione tra i due. Miriam, 21 anni, ha due fratelli: Sabrina, 20 e Yousef, 14. La madre faceva l’operaia, lui era camionista. «Quella mattina mio fratello Yousef ha incontrato papà alla stazione, un incontro come altri. Papà gli ha dato 60 euro dicendogli “vai a farti un giro” e lui è andato al bar di un vicino supermarket a prendere un the.

 

Samia Bent Rejab Kedim FEMMINICIDIO UDINE

Nel tornare, ha raggiunto direttamente casa, da mamma. Ha suonato al citofono, gli ha risposto lei, Samia, riuscita a prendere la cornetta. Ha fatto a tempo a dirgli “aiuto! Aiuto!..”. Poi Yousef ha sentito altre urla, riuscendo a entrare… Papà era ancora dentro, lo ha visto allontanarsi con il volto insanguinato. Yousef a quel punto si è rivolto ai vicini per dare l’allarme», dice lei ad Alessandro Fulloni.

 

 

 

Il padre era ai domiciliari a Monfalcone. Aveva l’obbligo di braccialetto elettronico: «Un dispositivo che avevo visto quando ero andata trovarlo a Monfalcone con mia figlia. Mi faceva pena, non aveva nessuno… Quel giorno mi aveva detto: “Non farle toccare il bracciale, sennò arriva la polizia”». Ma aveva un permesso di due ore: «A mamma avevo detto: “In quelle due ore sto sempre con te, mi raccomando”… Però quel giorno ci siamo dimenticate. Ma chi immagina che tuo padre faccia una cosa così? Così estrema? (piange) …». E si chiede: «Lo tracciate quando è in casa e non lo tracciate quando è fuori? Ma allora non sarebbe stato meglio tenerlo in carcere?».

 

 

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