DAGOREPORT – CHI È STATO A FAR TRAPELARE LA NOTIZIA DELLE DIMISSIONI DI ELISABETTA BELLONI? LE…
Michele Farina per il Corriere della Sera
A salvarlo, sarà un caso, sono state le donne. Due agenti della polstrada amazzonica, che l'hanno trovato e ritrovato a distanza di qualche settimana. Forse un uomo avrebbe lasciato perdere, non si sarebbe incaponito a riempire i silenzi di quel mendicante straniero: bermuda azzurri, maglietta stracciata, barba lunga e diecimila inconsapevoli chilometri sotto la pianta dei piedi nudi. Anton Pilipa era scomparso da Toronto nel marzo del 2012.
Quasi cinque anni dopo, alla vigilia di Natale, l'agente Helenice Campos vede un tizio che cammina sul ciglio di una strada, nel lontano Stato brasiliano di Rondonia. Si ferma, gli parla. Lui farfuglia parole sconnesse, dice qualcosa in inglese: «Canada». E lei, che in Canada ha vissuto per qualche tempo, si prende a cuore la sorte del Forrest Gump senza documenti e con la faccia da Brad Pitt. Lo porta all'ospedale di Porto Velho. Smanetta su Twitter, e finalmente trova il contatto giusto. Immaginate Stefan Pilipa che a Toronto, dopo cinque anni di vuoto, legge il messaggio della vita: abbiamo trovato tuo fratello.
Non fa in tempo a gioire che Anton scompare di nuovo. Soffre di una malattia mentale, la schizofrenia, che porta con sé delirio e allucinazioni. Anton scappa dall' ospedale, riprende a camminare. Lo fa da cinque anni, è il suo lavoro quotidiano. Ha già attraversato due continenti e decine di frontiere, ha oltrepassato fiumi, incontrato bella e cattiva gente.
Senza documenti, senza soldi come sempre, il canadese errante percorre altri 900 km verso nord, attraverso l'Amazzonia. L' agente Maria Furtado lo intercetta un giorno di gennaio sulla BR 319, alle porte di Manaus: «Per noi non era più un invisibile: avevamo il suo nome, sapevamo la sua storia, il suo indirizzo».
All' ospedale di Manaus, che fu capitale del mondo quando dall' albero della gomma stillava oro nero, la moglie del console canadese, psichiatra, gli dà un occhio. La terza donna del salvataggio. Anton non scappa più. Riprende le cure. E un giorno abbraccia Stefan, che arriva da Toronto. Le sue uniche parole, alla Bbc brasiliana: «Sono fortunato a essere vivo, sono felice di tornare a casa». La foto dei fratelli lungo il Rio delle Amazzoni va su Internet, serve a raccogliere col crowdfunding i soldi del rimpatrio: in 5 giorni piovono ottomila dollari. C' è l' ospedale da pagare, le spese consolari, il biglietto aereo.
C'è tanto da raccontare, ma non è il momento. Prima c'è la polizia canadese, che appena arrivato arresta Anton Pilipa per una rissa che risale al 2011. Lui è sparito proprio alla vigilia del processo. La sua ricomparsa rimette in moto la giustizia. Il trentanovenne Forrest Trump, che nella vita precedente ha fatto l' attivista per una ong anti-povertà, è libero su cauzione.
Il mondo, dove in tanti sono interessati a rafforzare le frontiere, si appassiona alla storia di uno che ha bucato in scioltezza le frontiere. Ai cinque anni di cammino. Come ha fatto a sopravvivere? Il parallelo corre a Christopher McCandless di «Into The Wild», il ragazzo del West Virginia che attraversò l' America morendo di fame nella perfetta solitudine dell' Alaska. Anton Pilipa ce l' ha fatta perché è rimasto sulla strada.
Tra la gente. Dai racconti del fratello arrivano i primi tasselli di questo incredibile viaggio senza bagaglio. Ha vissuto recuperando cibo e vestiario dalla spazzatura, dalla natura, dalla generosità degli stranieri. Aveva un meta: la Biblioteca Nazionale di Buenos Aires. E secondo Stefan in Argentina ci è pure arrivato. Ma alla Biblioteca non è potuto entrare, perché non aveva documenti. Allora ha fatto dietrofront, e ha ricominciato a camminare.
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