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Luca Fazzo per “il Giornale”
Come l' hanno presa, i familiari di Emlou? «È come se gliel' avessero ammazzata un' altra volta». Fabio Belloni è il difensore dei parenti di Emlou Arvesu, lavoratrice filippina, massacrata senza un perché da un ucraino in una strada di Milano il 6 agosto 2010. È stato l' avvocato Belloni a dare alla famiglia la notizia arrivata pochi giorni fa: l' assassino della donna è già libero, dopo due anni e mezzo di manicomio giudiziario.
Oleg Fedchenko, pugile per hobby, l' armadio umano che in viale Abruzzi scese di casa e uccise a pugni lo scricciolo di donna che era Emlou, è potuto tornare a casa, a Kiev. Per il suo delitto, ha ricevuto come punizione un buffetto. La famiglia della donna uccisa non vedrà un euro di risarcimento, «perché - spiega Belloni - lui è stato assolto, e la polizza regionale per le vittime della violenza non è più stata finanziata per mancanza di fondi. In pratica, è come se la signora Arvesu fosse stata uccisa da un meteorite».
Muratore, buttafuori, passione per la palestra e per il ring, quella mattina Fedchenko scese in strada deciso a sfogare «sulla prima donna che incontro» la rabbia per essere stato piantato dalla fidanzata. Il destino mise sulla sua strada Emlou, che aveva appena lasciato il figlio da una sorella per andare a lavorare. La picchiò fino a spaccarsi le nocche dita, e per la filippina non ci fu scampo.
Il 6 febbraio 2012, il processo: e Oleg viene assolto perché «totalmente incapace di intendere e di volere» sulla base di una perizia che lo qualifica come affetto da «schizofrenia paranoide»; il giudice Roberta Nunnari lo dichiara socialmente pericoloso e ordina che venga richiuso per almeno cinque anni in un ospedale psichiatrico giudiziario, gli ex manicomi (a loro volta recentemente aboliti).
Il tema della responsabilità penale, nel caso di delitti senza movente, è complesso, e la verifica della capacità mentale degli imputati è prevista dalla legge: ma a Oleg Fedchenko è andato tutto fin troppo bene. Dapprima perché venendo dichiarato totalmente pazzo ha schivato la condanna, a differenza di quanto accaduto in un caso assai simile, quello del ghanese Adaam Kabobo, che uccise tre passanti a picconate, dichiarato dai periti solo «parzialmente incapace», e condannato a vent' anni di carcere più tre anni di manicomio; per non parlare di Martina Levato e Alex Boettcher, i due «amanti dell' acido», dichiarati pienamente capaci, già condannati a 14 anni e in attesa di nuove condanne.
Ma i medici si sono dimostrati generosi con Fedchenko anche dopo la condanna, perché - nonostante la sentenza che ordinava la sua reclusione per almeno cinque anni - dopo appena due anni e mezzo è stato dichiarato guarito e liberato. «Una vicenda incredibile in cui ai diritti delle vittime sembra non avere pensato nessuno», dice l' avvocato Belloni. «Perizie e sentenze vanno rispettate, ma garantisco che è difficile spiegare a chi ha perso una madre e una moglie che tutto è successo perché Fedchenko era malato, ma adesso sta benone e non è più pericoloso».
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