DAGOREPORT – VINCENZO DE LUCA NON FA AMMUINA: IL GOVERNATORE DELLA CAMPANIA VA AVANTI NELLA SUA…
Gianluca Di Feo per “la Repubblica”
«Se uno di voi spera di raggiungere lo Stato islamico, noi desideriamo che resti al suo posto per punire i crociati notte e giorno. Lo devono fare soprattutto i combattenti e i sostenitori del Califfato in Europa e negli Stati Uniti: attaccate i civili e i militari, non dategli tregua!».
La chiamata al terrore è stata chiara, scandita da quello che viene considerato il portavoce di Al Baghdadi. Con un audio diffuso a fine maggio su Twitter, Abu Muhammad al-Adnani ha spiegato quale fosse la priorità per lo Stato Islamico: «La più piccola azione che riuscirete a compiere nella patria degli infedeli sarà più importante di quello che potreste fare qui con noi».
Un appello a tutti i nuclei che volevano raggiungere la Siria: organizzatevi lì dove siete, trovate armi, usate qualunque cosa pur di aggredire gli occidentali, senza pietà: «Preparatevi, siate pronti: portate disastro ovunque per gli apostati. Loro non fanno distinzione tra civili e soldati, ricordatelo!».
Parole pronunciate dallo stesso Al-Adnani che a gennaio aveva detto: «fare affidamento su Allah è imprescindibile per portare a termine la missione ed uccidere un infedele. Poi potresti spaccargli la testa con una pietra, macellarlo con un coltello, investirlo con l’auto, gettarlo da un luogo elevato, soffocarlo o avvelenarlo».
Ai lupi solitari per colpire basta poco. Era accaduto due anni fa, a Digione, quando il 21 dicembre un uomo si è lanciato con un automobile sulle bancarelle del mercatino di Natale: ferì undici persone. Ha continuato a urlare «Allah è grande». Il giorno prima lo stesso grido aveva accompagnato l’attacco contro un commissariato di polizia a Joue-les-Tours: con un coltello aveva colpito tre agenti prima di venire abbattuto. Poi due giorni dopo a Nantes un’altra auto, scagliata come una bomba sui passanti della piazza centrale in festa.
Dodici feriti e un morto. L’autista d’origine nordafricana, avrebbe pronunciato slogan islamici. Ma la matrice dei tre attacchi non è mai stata chiaramente attribuita al terrorismo: i protagonisti avevano avuto problemi psichiatrici, non risultavano contatti diretti con figure fondamentaliste. E le autorità volevano evitare l’effetto emulazione.
Il problema dei lupi solitari è proprio questo. La volontà di uccidere, con gesti clamorosi, può sorgere in modo autonomo e poi trova nel messaggio dei profeti jihadisti una motivazione. È il dubbio irrisolto per il massacro di Orlando: 49 persone assassinate in un gay club da Omar Mateen, cittadino statunitense di origine afgana, che ha dichiarato di volersi alleare con lo Stato islamico.
Quello è stato il primo colpo di un’ondata di morte, che ha trasformato il Ramadan in un mese di terrore. C’è stata la strage di Istanbul, con l’assalto di una squadra di kamikaze nel terminal dell’aeroporto internazionale. Era il 28 giugno: vennero ammazzate 45 persone e altre 230 ferite.
Tempo tre giorni ed è la volta di Dacca. Un commando suicida occupa uno dei ristoranti più esclusivi della capitale del Bangladesh. I jihadisti torturano e uccidono gli stranieri. Tra i primi a cadere nove italiani, piccoli imprenditori o manager del settore tessile. Poi sette giapponesi, un cittadino indiano e uno americano. Quando scatta l’operazione della polizia, il bilancio è di 24 vittime e una cinquantina di feriti.
Quattro dei guerriglieri erano ragazzi di ottima famiglia, che avevano studiato nelle migliori scuole private prima di abbracciare la causa della guerra santa. Il governo di Dacca ha negato che fossero legati allo Stato islamico. Ma i media del Califfato avevano le foto e i messaggi registrati dal gruppo di fuoco prima dell’attacco, una prova di come l’attentato fosse stato coordinato con la centrale del terrore.
E sono proprio le disfatte sul terreno in Siria e in Iraq che spingono gli strateghi di Al Baghdadi a insistere sul reclutamento di kamikaze in Asia e in Europa. Come ha sottolineato Abu Muhammad al-Adnani nel suo proclama, lo Stato islamico oggi ha più bisogno di attacchi clamorosi come quello di Nizza per dimostrare di potere continuare la sua guerra senza quartiere.
E convincere i sostenitori che non saranno le sconfitte a Falluja o ad Aleppo a determinare la fine del Califfato. «Saremo sconfitti se perderemo Mosul, Sirte, Racca o tutte le città e dovremo tornare dove eravamo prima? No, la sconfitta è solo perdere il desiderio e la voglia di combattere»
Ultimi Dagoreport
DAGOREPORT – LA SOLITA OPPOSIZIONE ALLE VONGOLE: SUL CASO ALMASRI SCHLEIN E CONTE E RENZI HANNO…
URSULA VON DER LEYEN, CALZATO L'ELMETTO, HA PRESO PER LA COLLOTTOLA GIORGIA MELONI - A MARGINE DEL…
DAGOREPORT - BENVENUTI AL GRANDE RITORNO DELLA SINISTRA DI TAFAZZI! NON CI VOLEVA L’ACUME DI…
FLASH! – ALLARME ROSSO PER LE GRANDI BANCHE AMERICANE, GIA’ LATITANTI ALL’INAUGURAZIONE DELLA…
FLASH! - IL DAZISTA TRUMP, PER SPACCARE L'UNIONE EUROPEA A COLPI DI TARIFFE SUI PRODOTTI ESPORTATI…