RIUSCIRÀ SALVINI A RITROVARE LA FORTUNA POLITICA MISTERIOSAMENTE SCOMPARSA? PER NON PERDERE LA…
donald trump a washington per la terza incriminazione
Benedetta Guerrera per l’ANSA
Donald Trump al contrattacco. A qualche giorno dalla comparizione in tribunale a Washington per l'incriminazione sull'assalto a Capitol Hill e sul tentativo di rovesciare il risultato delle elezioni del 2020, l'ex presidente ha chiesto di ricusare la giudice e cambiare la sede del procedimento. "E' impossibile che io abbia un processo equo con il giudice che mi è stato 'assegnato' e in quella sede", ha attaccato il tycoon in un post sul suo social media Truth.
Tanya Chutkan in realtà non è stata scelta ma estratta a sorte, come prevede il regolamento. Certo, dal punto di vista di Trump, è stato un bel colpo di sfortuna. La giudice, nominata dall'allora presidente Barack Obama nel 2014, in questi due anni ha tenuto a processo oltre 30 rivoltosi del 6 gennaio comminando le pene più severe. Non solo, fu lei a novembre del 2021 a bocciare senza mezzi termini le richieste del tycoon di impedire alla Camera di creare la Commissione speciale per indagare sull'assalto al Congresso e di vietare alla stessa Commissione l'accesso a oltre 700 pagine di documenti della sua Casa Bianca. "I presidenti non sono re e il querelante non è presidente", scrisse all'epoca nella sentenza.
donald trump a washington per la terza incriminazione
E soltanto qualche giorno fa ha respinto la richiesta dei legali del tycoon di posticipare la data entro la quale dovranno rispondere al procuratore speciale Jack Smith in merito alla restrizioni da imporre sul procedimento. La giudice ha ribadito agli avvocati che hanno tempo fino alle 17 del 7 agosto per esprimersi sulla mozione che le ha chiesto di limitare le informazioni disponibili all'ex presidente. Tra le restrizioni chieste da Smith c'è quella di impedire agli avvocati di Trump di fornirgli copie dei documenti più "sensibili", come le informazioni sui testimoni o le trascrizioni degli interrogatori, per evitare che egli le sfrutti per intimidirli o influenzarli dopo un famigerato post nel quale il tycoon minaccia: "Se tu vieni contro di me, io ti vengo a cercare".
Quanto alla capitale americana come sede del processo, non è la prima volta che Trump se ne lamenta. D'altra parte Washington è largamente democratica e profondamente anti-trumpiana, come hanno dimostrato le decine di manifestanti e normali cittadini che, fuori dal tribunale giovedì scorso, festeggiavano l'incriminazione e chiedevano l'arresto del tycoon.
Le possibilità che la giudice si ritiri e il processo sia spostato sono, comunque, praticamente inesistenti, non è mai successo in questi anni nonostante le richieste di alcuni degli insurrezionisti. Come se non bastasse la vicenda potrebbe ulteriormente complicarsi per Trump se fosse chiamato a testimoniare il suo ex vicepresidente Mike Pence. "Risponderò alla chiamata se arriverà e dirò solo la verità", ha dichiarato il candidato repubblicano a una domanda della Cbs in merito. Pence è una figura centrale nell'ultima incriminazione poiché fu proprio lui, in qualità di presidente del Senato, a supervisionare la certificazione della vittoria di Joe Biden nonostante le enormi pressioni da parte dell'ex presidente. Nelle 45 pagine di accuse il ruolo dell'ex vice presidente viene citato spesso e a un certo punto si menziona una telefonata del 1 gennaio 2021 durante la quale Trump si infuriò con Pence che non aveva voluto prendere parte al piano per ribaltare il voto rimproverandogli di essere "troppo onesto". (ANSA).
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